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venerdì 26 aprile 2013

DISTURBI DELL'INFANZIA, DELLA FANCIULLEZZA E DELL'ADOLESCENZA


Ritardo mentale: si tratta di un disturbo che causa un funzionamento intellettivo significativamente al di sotto della media, con concomitanti deficit del funzionamento adattivo e con esordio prima dei 18 anni. Il primo criterio di classificazione del ritardo mentale è dato dal punteggio del QI, ossia il quoziente intellettivo. Attraverso le scale di intelligenza è infatti possibile misurare le capacità cognitive delle persone, ed i punteggi ottenuti possono essere utilizzati come parametro di riferimento. La media dei punteggi di tali scale varia da 85 a 115. Al di sotto di 85 si parla di intelligenza al di sotto della media; sotto i 75 punti di parla di ritardo mentale. Il secondo criterio di diagnosi del ritardo mentale prende in considerazione il funzionamento adattivo del bambino. Con ciò si intendono le abilità che si sviluppano nell'infanzia, come lavarsi e vestirsi, comprendere i concetti di tempo e di denaro, saper usare gli strumenti, fare compere e viaggiare sui mezzi di trasporto pubblici, nonché diventare un soggetto capace di parteciapre alle interazioni sociali. L'ultimo parametro per la diagnosi del ritardo mentale è costituito dall'età di esordio. Tale disturbo deve necessariamente presentarsi prima dei 18 anni.

Disturbi dell'apprendimento: sono tre, ovvero il disturbo della lettura, il disturbo del calcolo e il disturbo dell'espressione scritta. Essi non fanno riferimento a difficoltà dovute a deficit sensoriali, come problemi di udito o di vista. Il disturbo della lettura, noto come dislessia, produce nel bambino gravi difficoltà nel riconoscere le parole e nel comprendere ciò che legge, nonché nello scrivere correttamente le parole. Nel disturbo del calcolo il bambino può incontrare difficoltà nel riconoscere i simboli numerici, nel ricordarsi di aggiungere il riporto, nel contare degli oggetti o nel seguire passaggi matematici. Il rendimento mediocre in matematica è comune quanto il rendimento mediocre nella lettura e nell'espressione scritta. Il disturbo dell'espressione scritta è caratterizzato da una compromissione della capacità di comporre testi scritti (evidenziata da numerosi errori di ortografia, di grammatica e di punteggiatura), la quale è abbastanza grave da interferire con il rendimento scolastico o con le attività della vita quotidiana che richiedono abilità di scrittura.

Disturbo delle capacità motorie: è detto anche disturbo di sviluppo della coordinazione, e causa una compromissione dello sviluppo della coordinazione motoria che non è spiegabile con il ritardo mentale o con una condizione medica generale come la paralisi cerebrale. I bambini che ne soffrono hanno difficoltà, per esempio, nell'allacciarsi le scarpe, nell'abbottonarsi la camicia e, quando sono più grandi, nel costruire dei modelli e nel giocare con la palla.
Disturbi della comunicazione: il primo disturbo è quello dell'espressione del linguaggio, nel quale il bambino ha difficoltà ad esprimersi attraverso il linguaggio. Egli può apparire desideroso di comunicare ma non essere in grado di trovare le parole giuste, utilizzando frasi abbreviate caratterizzate da una struttura grammaticale eccessivamente semplice in rapporto all'età. Il secondo disturbo, detto disturbo della fonazione, è caratterizzato da una comprensione adeguata del linguaggio, ma l'eloquio assomiglia a quello dei bambini molto piccoli. Quindi le parole vengono semplificate (per esempio 'blu' diventa 'bu', oppure 'scarpe' diviene 'cappe'). Il terzo ed ultimo disturbo è la balbuzie, ossia un'anomalia del normale fluire dell'eloquio, caratterizzata da frequenti ripetizioni o prolungamenti di suoni, lunghe pause fra le parole, sostituzione di parole difficili da articolare con parole più facili e ripetizione di parole monosillabiche (per esempio <<Ho ho ho ho>>). Talvolta la balbuzie è accompagnata da movimenti muscolari quali ammiccamenti e tic.
Disturbi generalizzati dello sviluppo: sono contraddistinti da gravi deficit e da una compromissione generalizzata di molteplici aree dello sviluppo, che includono la compromissione della capacità di interagire e di comunicare con gli altri e la presenza di un comportamento stereotipato. L'autismo fa parte di questa categoria; esso rappresenta una grave anomalia del processo di sviluppo e per questo motivo si differenzia dai disturbi mentali che insorgono nell'età adulta. L'autismo può insorgere nei primissimi mesi di vita; già a tre mesi di vita è possibile rilevare la mancanza di attaccamento verso la madre del bambino autistico. Mentre gli altri bambini della stessa età sorridono, si protraggono verso la madre, la guardano, l'autistico non fa nulla di tutto ciò e può addirittura respingere il contatto con i genitori inarcandosi per rendere minimo il contatto corporeo. Inoltre i bambini autistici non emettono versetti e non piangono se non quando sono bagnati o hanno fame. Non mostrano segni di affetto verso chi si prende cura di loro e possono passare intere giornate fermi in una posizione senza interessarsi a ciò che accade attorno a loro. Essi non mostrano segni di interesse verso gli altri e non avviano quasi mai spontaneamente attività di gioco con altri bambini. Questi comportamenti anomali derivano dall'isolamento in cui l'autistico si confina, il quale provoca grave ritardo anche in altre aree, come il linguaggio.

Disturbo da deficit di attenzione/iperattività: il bambino iperattivo mostra grande difficoltà nel controllare la propria attività in quelle situazioni che richiederebbero un comportamento tranquillo. Egli non riesce a mantenere una posizione per più di qualche secondo, picchietta con le dita, dondola le gambe, dà spinte ai compagni di classe senza una ragione apparente e parla quando non è il suo turno. Il bambino iperattivo inoltre ha difficoltà ad andare d'accordo con i coetanei e fatica a stabilire rapporti di amicizia. Il 20-25% circa dei bambini iperattivi ha difficoltà di apprendimento in matematica, lettura ed ortografia (Barkley, DePaul e McMurray, 1990). Esistono tre tipi di disturbo da deficit di attenzione/iperattività: 1) il tipo con disattenzione predominante, in cui la difficoltà a prestare attenzione e concentrarsi è predominante; 2) il tipo con iperattività-impulsività predominante; 3) il tipo con combinato, nel quale sono presenti entrambe le problematiche. (vedi test dell'iperattività)

Disturbo della condotta: tale disturbo comprende un'ampia gamma di comportamenti ipocontrollati. Tali comportamenti sono caratterizzati dalla violazione dei diritti fondamentali degli altri e delle norme della società; fra di essi troviamo atteggiamenti aggressivi verso persone o animali, danneggiamento della proprietà altrui, menzogne e furti. Spesso tali azioni sono accompagnate da insensibilità, malvagità e assenza di rimorso. Il disturbo della condotta è di frequente associato al disturbo da deficit di attenzione/iperattività, depressione e ansia. (vedi test del disturbo della condotta)

Disturbo oppositivo di tipo provocatorio: è molto simile al disturbo della condotta e viene diagnosticato quando il bambino non manifesta l'estrema aggressività fisica che caratterizza il disturbo della condotta, ma esibisce comportamenti quali la perdita del controllo, litigi con gli adulti, opposizione attiva o rifiuto ripetuto di soddisfare le richieste degli adulti, azioni compiute con lo scopo deliberato di infastidire gli altri.

Disturbi della nutrizione e dell'alimentazione dell'infanzia o della prima fanciullezza: tali disturbi affliggono il comportamento alimentare del bambino, provocando per esempio l'ingestione di sostanze non commestibili (pica), il ripetuto rigurgito e rimasticamento del cibo (disturbo di ruminazione), o la persistente incapacità di mangiare adeguatamente, che si riflette in una significativa perdita di peso o nell'incapacità di aumentare di peso (disturbo della nutrizione dell'infanzia e della prima fanciullezza).

Disturbi da tic: sono contraddistinti da un movimento o da una vocalizzazione improvvisi, rapidi, ricorrenti, aritmici e stereotipati (per es. il disturbo di Tourette).

Disturbi della evacuazione: causano la ripetuta evacuazione delle feci in luoghi inappropriati dopo i 4 anni di età (encopresi) o l'emissione di urine nel letto o nei vestiti dopo i 5 anni di età (enuresi).

Disturbo d'ansia di separazione: la caratteristica principale del disturbo è l'ansia sproporzionata manifestata dal bambino nel momento in cui deve separarsi da qualcuno della famiglia a cui è profondamente legato, come la figura materna. Tale stato di ansia è inadeguato al livello di sviluppo e appare per la prima volta nei primi sei anni di vita. I bambini affetti da questo disturbo hanno di solito un comportamento normale finché sono in presenza del genitore o della figura primaria di attaccamento, ma manifestano una forte ed incontrollata ansia nel momento in cui vengono separati da essa. Inoltre tendono ad esprimere paure irrealistiche e persistenti riguardo al verificarsi di eventi catastrofici che li possano separare per sempre dai genitori; temono ad esempio di essere uccisi o rapiti o di incorrere in qualche grave incidente o malattia se lontani dai genitori, oppure che ai genitori succeda qualcosa di brutto quando sono lontani. Di solito evitano di rimanere soli anche per pochi minuti. Possono manifestare un'intensa riluttanza ad andare a scuola, in quanto ciò comporta un distacco dalla madre o, più in generale, dalla figura primaria di attaccamento.

Mutismo selettivo: persistente incapacità di parlare in specifiche situazioni sociali (per esempio a scuola) nonostante che in altri contesti sia possibile parlare (per esempio con i genitori).

Disturbo reattivo dell'attaccamento dell'infanzia e della prima fanciullezza: è caratterizzato da una modalità di relazione sociale notevolmente disturbata e inadeguata rispetto al livello di sviluppo, che si manifesta nella maggior parte dei contesti e che inizia prima dei 5 anni di età. Tale disturbo è associato ad un accudimento grossolanamente patogeno da parte dei genitori o di altre persone che si prendono cura del bambino.

Riferimenti bibliografici:
Barkley, R.A., DePaul, G.J. e McMurray, M.B. (1990). A comprehensive evaluation of attention deficit disorder with and without hyperactivity defined by research criteria. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 58, 775-789.

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