di Giuseppina D’Auria
Il trenta novembre 2005 sono
stata ospite, assieme ad un numero ristretto di personalità, di S.E. Abdellah
Redauane, segretario generale Centro Islamico Culturale d’Italia, nella grande
Moschea di Roma.
Alle ore diciotto è iniziato come
previsto il tour della struttura. Situata in zona Stadio Olimpico, via della
Moschea, salta subito all’occhio del passante, anche del più distratto. Sorge
su un’area di 30.000 mq., destinata a servizi pubblici dal piano regolatore
comunale, la cui donazione ad una associazione islamica dal Consiglio comunale
di Roma, fu sostenuta dal Governo italiano nel 1975.
All’imbrunire la moschea è ancora
più suggestiva, con la mezza luna che troneggia sulla cupola in stile arabo;
intorno al corpo centrale porticati impreziositi da marmi intarsiati a mano e
colonnati a forma di palmizi completano la visione degna di una favola delle mille e una notte.
Al suo interno ampi spazi e
giochi di fontane la cui acqua parte dal corpo centrale e si dirama in canaletti
che portano in tutte le direzioni fino al piazzale antistante l’entrata
principale. Mosaici sapientemente assemblati secondo i versetti del corano e
immagini simboliche completano l’interno della sala della preghiere, le cui
colonne terminano con travate arrotondate a simboleggiare la palma, albero
sacro; sul fondo della sala, una porta finta in direzione della Mecca, ricavata
come bassorilievo al centro del mosaico centrale.
La moschea non è solo questo ma
anche una struttura dove ci si documenta, si studia, si fanno congressi e
riunioni, dove, senza discriminazioni e pregiudizi, si discute come in questa
occasione.
Alle diciotto e quarantacinque,
nella sala conferenze è iniziato l’incontro “ascoltare la città” presentato e
introdotto da Amedeo Piva, Presidente della Praxis-Scuola di politica e
territorio, alla presenza dell’Ambasciatore Scialoja, membro della consulta
islamica, di S.E. Abdellah Redouane, Segretario generale Centro Islamico
Culturale d’Italia, , di Victor Magior, assessore della comunità ebraica di
Roma, di un gesuita, Padre Giovanni Lamannna, di Suor Michela Carrozzino,
Direttrice del Centro Ricerca dell’Opera femminile don Guanella, di scout
adulti e ragazzi; sono presenti assessori del comune e della provincia di Roma.
Piva ha esordito con i
ringraziamenti di rito e con le presentazioni, indicando le finalità
dell’incontro: “E’ utile conoscere le
varie religioni per evitare i pregiudizi ed i pressappochismi. Occorre una
conoscenza diretta grazie ad una documentazione e ad una partecipazione con
l’altro. La diversità religiosa ci fa paura, ci crea disagio e quando si parla
di stranieri e di religioni diverse si parla di dialogo senza comprendere la complessità che vi sta dietro così come per il
significato della parola tolleranza.
C’è una grande tolleranza, sul dialogo religioso si parla molto ma il termine
non deve venire esagerato.
Per non ripetere gli errori già visti in Francia e nelle altre nazioni
europee in questi ultimi giorni, è necessaria la sfida di accogliere ed
integrare con il proprio lavoro, con la propria cultura le persone dialoganti;
in questo modo Roma sarà una città dialogante”.
La parola passa ad Abdellah
Redouane il quale osserva che grazie alla Scuola Praxis “la politica imparerà l’umiltà della scuola ed il rispetto per il
cittadino”. Poi passa ai cenni storici sulla associazione italiana, unico
ente morale islamico riconosciuto dal Presidente della Repubblica, denominata
Centro Islamico Culturale d’Italia, costituita nel 1966 come ente apolitico che
assiste materialmente e spiritualmente i musulmani in Italia ed ha la finalità
di rafforzare il dialogo con le altre religioni italiane. Alla Moschea
costruita nel 1975 sono state aggiunte sul territorio circostante le
infrastrutture comunali per guadagnare
la Metro e le
ferrovie Roma Nord, una rete viaria così come prevista dal piano regolatore
romano.
La cerimonia di inaugurazione
della moschea si è svolta il ventuno giugno 1995 alla presenza del Presidente
Scalfaro e di molte personalità italiane e straniere. Attualmente il Consiglio
di amministrazione è presieduto dall’ambasciatore dell’Arabia Saudita ed è composto
da 15 membri – tutti ambasciatori di paesi islamici – denominati capimissione.
“Molti politici hanno utilizzato il centro culturale islamico per
gestire una convivenza in un contesto
territoriale in cui la diversità e la specificità delle varie religioni
e confessioni sono ricchezza nella differenza. Il mare nostrum, il trés d’union è diventato un cimitero, un
esempio di disparità tra ricchezza e povertà, un Eldorado in cui i drammi degli
immigranti, che tentano di sfuggire a problemi di guerra, si consumano
giornalmente. Fino a quando potremo restare spettatori passivi ed impotenti di
questi drammi che diventano banali fatalità, che ci accecano rendendoci
indifferenti. Cosa sarebbero le religioni, l’arte e la letteratura senza i suoi
immigrati?”
Attualmente siamo nell’anno islamico 1426, relativo all’immigrazione di
Maometto dalla Mecca verso Medina, città più tollerante.
Tutti noi siamo stati nomadi ed emigranti per l’instancabile ricerca
che porta a comprendere il senso delle cose ed i meccanismi fondanti”. Gli
spostamenti temporali hanno prodotto melange,
ibridi etnici, il destino dell’immigrazione abbraccia la geopolitica nello
spazio e nel tempo.
“Essi rappresentano l’esempio della frammentazione degli imperi e rinviano
in maniera più profonda ai contenuti fondamentali dell’asilo, rapporto
contingente di ciascuna creatura con l’ambiente circostante che deve portare al
coraggio di difendere i valori.
Kant parla dell’ospitalità universale come diritto nella Dichiarazione
dei diritti dell’uomo, promulgata più di cinquanta anni fa, oggi è un valore
commerciale; è cambiato con l’uomo il diritto all’immigrazione.
La dignità umana, civile, sociale, culturale, economica, politica oggi lamenta
l’ideologia del lasciar fare, dell’assenza di regole. Porta a pensare che i
semplici obiettivi umanistici siano solo legati al diritto e alla politica di
cui è lo strumento e lo specchio, trascrivendo le politiche immigratorie,
spostandone l’evoluzione. La posizione e lo statuto dell’immigrato cambia da
paese a paese. L’Italia non ha ancora un suo modello e da ciò dipende la
società di domani, proiezione del ‘cantiere sociale’ odierno. L’Italia può, se
vuole, svolgere un grandissimo ruolo tra le società del Nord e del Sud del
mondo”.
Piva interviene passando la
parola a Vicktor Magior, assessore della comunità ebraica di Roma. “E’ importante conoscersi e dialogare,
convivere è difficile ma bello, ci vuole conoscenza, impegno, piacere. Il Dio
degli Ebrei è giusto e misericordioso. Come minoranza è difficile vivere in una
maggioranza se non è civile e democratica. Principi e regole che stabiliscono
che l’uomo è sacro, che la vita è sacra
ed è necessario capire che le differenze sono importanti e non è possibile
spiegare che il dialogo triangolare fa bene ai nostri cervelli e ai nostri
cuori”. Il venticinque gennaio sarete graditi ospiti alla Sinagoga”. Piva
pubblicizza il libro scritto da Magior intitolato “E venne la notte” e passa la parola al Presidente di un Centro
anziani di Corviale e successivamente al rappresentante della Parrocchia di
Torre Angela. I due parlano di pacifica convivenza e di abitudine per il
rispetto reciproco. “Gli anziani sono
venuti a vedere per capire”e puntano alla riqualificazione del quartiere
attraverso la “lotta al disagio” e al dialogo. Padre Giovanni La manna, gesuita
del Centro Guastalla parla di allontanare l’”idea
della paura e del pericolo che finisce nella relazione mentre il rapporto con
l’altro dovrebbe venire vissuto senza
condizionamenti esterni. L’educazione, nel quotidiano, è indice di quanto le
persone possano entrare ed essere parte della realtà in cui vivono. Il discorso
dell’utile svilisce la dignità della persona. La convivenza tra diverse persone
è resa più facile dall’accoglienza che noi italiani riusciamo a dare. La maggioranza degli italiani sono
disposti a vivere in pace. La speranza condivisa è quella di crescere
nell’accoglienza della persona.
Piva passa la parola per pochi
minuti a Suor Michela Carrozzino, Direttrice del Centro Ricerca nazionale
dell’Opera femminile don Guanella la quale esordisce usando un sillogismo:”questo mosaico sapientemente realizzato
dagli artigiani arabi rappresenta meglio d’ogni altra cosa come la diversità di
tanti tasselli può completarsi in una unico grande disegno, arricchendo
l’insieme di tante specificità. Già al congresso di Tunisi gli stati hanno dato
possibilità di confrontarci sulle problematiche dell’handicap poiché il massimo
della ricchezza umana la vediamo nelle persone disabili chiamate da don
Guanella Perle Preziose. Come operare
concretamente la condivisione e il dialogo è stato l’argomento del congresso
internazionale di Lisbona dove tutto è iniziato nel nome di Dio clemente e
misericordioso, attributo dato a Dio nel proprio discorso anche da S.E. Abdellah Redouane e da Berliri. La
misericordia è una corda tesa che i laici chiamano integrazione”. Un arabo,
consigliere comunale aggiunto dell’amministrazione romana, parla dei problemi
degli immigrati e della politica che conta e dirige il Paese.
La parola viene presa da un Capo
Scout Adulti il quale parla “dell’interreligiosità
come una norma interna agli scout che si fonda sulla fratellanza internazionale
e interreligiosa, i quali, nei prossimi giorni, porteranno la luce da Betlemme
(città della pace)nelle carceri, negli ospedali, nei centri per
tossicodipendenti e nelle carceri minorili di Roma che, a sua volta, diventerà
città della pace”. Un avvocato, De Panfilis, chiede la
parola per domandare a Redouane “come
considerate la rimozione dei simboli religiosi. La globalizzazione si può
conciliare con la rimozione delle specificità locali? La condivisione dei
destini dell’uomo dal punto di vista culturale ed umanistico è possibile?”.
Redouane, con calma, replica che sono stati fatti interventi differenti ma
tutti rivolti in una unica direzione,
di sguardi comuni verso lo stesso destino. Il passaggio da un mondo all’altro è
fonte di felicità, fatta di piccole cose, di incontro con gli uomini e di
incontro con i luoghi. Questa sera abbiamo creato un’atmosfera in cui si può
dialogare.
Parlare della rimozione dei
simboli religiosi può essere imbarazzante, Redouane è contrario all’imbarazzo
in quanto “come rappresentante di un
ente istituzionale” ha il “dovere e la responsabilità di affermare che
in nome della religione e della identità nessuna chiusura è ammessa. Il velo è lasciato alla libertà della
persona. Un sociologo francese ha fatto uno studio su un risultato disastroso
per una ragazza islamica che ha rifiutato, anni fa, di togliere il velo a
scuola e, per questo, ne è stata estromessa e allontanate. Il sociologo,
facendole una domanda dopo anni, sul suo gesto e se lo avesse rifatto ha
ottenuto una risposta negativa poiché in questo modo lei aveva perso
l’istruzione e, di conseguenza, il suo posto nella società”. Piva passala parola all’Ambasciatore islamita
Scialoja il quale con poche battute parla delle possibilità delle religioni le
quali “correttamente intese uniscono ma
non dividono. Quello che rende complesse le società attuali è la diversità e la
paura dell’estraneo. Il Signore ha detto: vi ho creato da una unica coppia ed
ho fatto tribù e nazioni affinché possiate conoscervi. Scialoja aggiunge
terminando che è necessario “seguire il
comandamento del Dio dei Cristiani, degli Ebrei e dei Musulmani” .
La serata è continuata fino a
tardi con una cena a base di cous-cous condito da diverse salse e contorni
preparati secondo la tradizione araba, con lo scambio dei recapiti e degli indirizzi tra persone uguali e vicine che hanno apprezzato la reciproca compagnia. Io sono stata spettatrice
e attrice di un evento piccolo ma significativo per lo scenario futuro, sia
romano che internazionale in quanto a breve sarà costituita una associazione
Onlus denominata Mediterraneo Senza Handicap a cui hanno già dato adesione
molte delle personalità presenti a questa serata, senza distinzioni di razza,
religione e condizione, che si occuperà di favorire il dialogo, la ricerca, lo
scambio, il sostegno, la fattività di tutti i popoli del Mediterraneo contro
l’Handicap.