articolo di Giuseppina D’Auria
Visto l’alto livello di
complessità delle nuove tecnologie, nel Web come in molti altri settori,
l’essere “generalisti” ed il pretendere di avere competenze a 360 gradi porta
il più delle volte ad approcci generici col risultato di saper fare bene solo
poche cose. La verità è che il Webmaster “tuttofare” oggi non esiste quasi più
e che un professionista del Web dovrebbe potersi perfezionare in un’area del
suo settore, approfondendo conoscenze ed acquisendo abilità specifiche.
Il Net Clipper è una delle professioni meno conosciute della new economy, eppure il suo ruolo è
indispensabile per ogni azienda, anche se a volte le sue funzioni vengono
“incorporate” insieme ad altre mansioni.
Questa figura è indissolubilmente
legata all’importanza sempre crescente che la rete sta acquisendo nella
comunicazione e nel business. Il Net-Clipper
infatti naviga per scoprire "che cosa si dice" di un'azienda o di un brand, con lo scopo di ottenere una
mappa dettagliata di come e dove appaiono in rete i riferimenti delle imprese
che hanno richiesto il servizio. Tuttavia non si limita a una semplice ricerca
di informazioni, ma le analizza, le confronta, le elabora, fornendo un utile
supporto alle decisioni del reparto marketing, nel quale, molte volte, si trova
direttamente a lavorare. Per diventare Net Clipper non viene generalmente
richiesta una preparazione specifica, la formazione si effettua sul campo; ciò
nonostante è indispensabile la conoscenza dell'inglese (e, preferibilmente, di
un’altra lingua straniera) e un'eccellente capacità di utilizzo della rete.
Internet è una realtà in crescita
vertiginosa, con miliardi di pagine attive. L’altissimo numero di dati
contenuto nel web più che facilitare lo studio di un argomento spesso lo
ostacola. L’Infobroker ricerca dunque
le informazioni necessarie a clienti molto differenti fra loro (aziende,
società di analisi, banche, ecc.) che serviranno a questi ultimi come punto di
partenza per la costruzione dei propri progetti di business. Viene contattato
dalle aziende per soddisfare in tempi rapidi richieste precise e utilizzando
metodologie ad hoc, sempre utilizzando Internet. Questa professione, venuta
alla ribalta con il libro "Net Worth" di J. Hagel e M. Singer, può
essere considerata affine alle ricerche di mercato. Infatti il suo compito non
è solo a semplice raccolta, ma anche l’elaborazione delle informazioni e dei
dati raccolti, per essere di supporto alle decisioni delle altre funzioni
aziendali. Dunque non è sufficiente utilizzare i motori di ricerca: bisogna
soprattutto sapere interpretare ed adattare l'informazione reperita. E’ quindi
preziosa la capacità di analisi del campo di indagine di interesse (economico,
scientifico, ecc.) per fornire una lettura efficace.
Aziende e agenzie utilizzano
sempre più di frequente il web come canale per un piano di comunicazione
integrato. Per sfruttare al meglio la rete come risorsa, vengono quindi create
figure capaci di adeguare il concept
pubblicitario anche negli spazi di un banner
o di un pop-up oppure di creare
qualcosa di più complesso a disposizione degli utenti di Internet, come giochi
o concorsi capaci di rafforzare il brand di riferimento.
Il Web Advertiser è il responsabile dell’intera campagna pubblicitaria
online, coordina e gestisce tutti gli strumenti, ad esempio le newsletter,
definisce le priorità strategiche e valuta le possibilità di marketing che la
rete offre. Sa distinguere e scegliere i mezzi di advertising più opportuni in base agli obiettivi di comunicazione
che l’azienda intende raggiungere in rete, al proprio target e al mercato in
cui opera. Inoltre è suo compito l’analisi accurata e critica della redemption, cioè dell’efficacia, quasi
in tempo reale. Dunque se la pubblicità non ottiene lo scopo desiderato può
modificarla in modo istantaneo e mirato, cosa pressoché impossibile per chi si
occupa di advertising in campi più
tradizionali. Al giorno d'oggi la maggior parte delle attività professionali si
svolge attraverso flussi di informazioni all'interno di ambienti virtuali
mediati dal computer e dalle reti. Allo stesso modo il panorama della
formazione ha subito sostanziali modifiche, dovute anche a due fenomeni
contemporanei: in primo luogo è aumentato il bagaglio di conoscenze e
informazioni ritenuto necessario per poter assumere un ruolo attivo nelle
attività sociali e professionali. In secondo luogo, decresce il periodo di
validità temporale di tali informazioni e competenze. Ciò comporta l'esigenza
di formazione continua nel corso della propria vita professionale. Considerando
che molto spesso vi sono reali difficoltà da parte delle aziende a sottrarre i
dipendenti all'attività lavorativa, e di fattori contingenti da parte degli
utenti a frequentare corsi di formazione e aggiornamento, in questo contesto
sorge una forte domanda di Formazione a Distanza. Teorici della FaD riconoscono
"tre generazioni"di tale fenomeno. La prima, nata già nell'Ottocento
negli USA e in Canada, è la scuola per corrispondenza finalizzata a fornire
un'istruzione di base soprattutto ai residenti in zone isolate. I corsisti
lavoravano su libri, dispense e test inviati per posta. Dagli anni '50 e '60 si
sviluppa una seconda metodologia basata sull'uso di lezioni preregistrate su
cassette audio e video e successivamente attraverso software didattici (CD-ROM,
e-mail..).
Infine, la generazione in corso,
la "terza", si avvale di reti telematiche che sfruttano le
potenzialità della rete e viene indicata con una pluralità di termini (on line
learning, open learning, distance training) di cui il più diffuso è sicuramente
l'e-learning (electronic-learning). Internet viene utilizzato come veicolo di
conoscenza e formazione garantendo una superiore flessibilità e modularità
rispetto all'utilizzo di software, i quali soprattutto, non permettevano una
reale interazione tra gli utenti di un corso e coloro che lo programmavano, i
tutor.
Grazie all'e-learning attuale gli allievi sono protagonisti attivi dei propri
percorsi formativi. Ovviamente il processo di formazione a distanza implica che
docenti e discenti si trovino in luoghi diversi ma con un'interazione relativamente
continua. Docenti e studenti con internet si incontrano e comunicano in modo
interattivo; la comunicazione che si sviluppa in queste situazioni può essere
di tipo 'uno a uno', 'uno a molti' e 'molti a molti'. La FaD si sviluppa
inoltre in modalità sincrona, cioè in contemporanea, oppure asincrona (in tempi
differiti). Nel primo caso si utilizzano perlopiù live session, Chat o microfoni; nel secondo e-mail o forum di discussione. Una delle
caratteristiche basilari dell'e-learning è
la possibilità di disporre dei contenuti nei momenti e nei luoghi scelti dagli
utenti. Per seguire un corso on-line è sufficiente possedere un computer e una
connessione internet. Oltre al superamento delle barriere spazio temporali un
altro punto di forza della formazione a distanza è la possibilità di
personalizzare il proprio percorso formativo in base alle proprie competenze e
ai propri obiettivi. Le tecnologie per la FaD, è inutile dirlo, offrono ai
lavoratori aggiornamenti e riqualificazione continui e flessibili; rispondendo
anche alle esigenze aziendali di ridurre costi e tempi.
Sempre più numerosi sono i
percorsi formativi di eccellenza, post-laurea erogati mediante la FaD.
Sul mio diario di bordo non ci sono molte note poiché finora ho
navigato seguendo una rotta solitaria. Tra queste ho appuntato la compilazione di
tre unità didattiche, sulle tematiche del disagio e dell’integrazione, per il
Master Universitario “Il docente ricercatore dei processi di qualità formativa
per il rinnovamento della società italiana” erogato dalla facoltà di Scienze
dell’Educazione dell’Università della Calabria di Cosenza, che si sta svolgendo
on-line in modalità blended (didattica a distanza e didattica in presenza). In
genere, per questa tipologia di
formazione, l’attività didattica è centrata sulle modalità di valutazione del
rapporto insegnamento/apprendimento all’interno del processo più generale della
valutazione del sistema scolastico e della valutazione delle singole scuole.
La multiculturalità, la
complessità, la velocità del cambiamento propri di questo momento storico
offrono un panorama esistenziale e lavorativo piuttosto complesso. In tale
contesto è necessario lo sviluppo di competenze trasversali: un insieme di
abilità che permettano a ciascuno di confrontarsi positivamente, di comunicare
efficacemente, di gestire fruttuosamente relazioni, di saper vivere in
situazione, di far maturare armonicamente le dimensioni costitutive del proprio
essere per orientarle allo sviluppo globale della persona.
A tal fine diverse Istituzioni
Universitarie inseriscono nel manifesto degli studi discipline di carattere
umanistico, manageriale, psicosociale. Si tratta di corsi di studi articolati
in uno o più moduli spendibili dagli studenti per l’acquisto di crediti
formativi che diano i contenuti opportuni per una formazione ed un’integrazione
più attenta al contesto contemporaneo. Ciò è maggiormente necessario per
Facoltà di carattere scientifico e giuridico che vogliano favorire la
formazione di professionisti capaci di relazionarsi, di operare in team, di
sviluppare una leadership operativa.
Lo sviluppo delle competenze
trasversali riguarda le tre macro abilità del diagnosticare, relazionarsi,
fronteggiare. Tali macro abilità possono
essere sviluppate secondo due linee:
La linea personale. La linea
organizzativa, lavorativa, contestuale
Obiettivi secondo le tre macro
aree e le due linee.
Diagnosticare. A livello
personale l’obiettivo è quello di riconoscere le proprie risorse personali
(conoscenze, competenze, attitudini); la qualità dei propri stili
comportamentali e dei propri processi cognitivi;
A livello contestuale l’obiettivo
è quello di riconoscere le caratteristiche del contesto esperienziale
(organizzativo nel caso di aziende, imprese, ecc.); riconoscere e valutare
situazioni di conflitto nell’ambito lavorativo secondo la loro diversa natura
(tecnico-operativa, relazionale, organizzativa).
Relazionarsi. Obiettivo personale
è quello di apprendere i lineamenti per una strategia relazionale e
comunicativa efficace da spendere in interazioni dirette o mediate da strumenti
di diversa natura;
Obiettivo contestuale è
apprendere i lineamenti essenziali per il group thinking, il group learning, il
team working. Oltre che per operare attivamente all’interno del gruppo al fine
di produrre risultati collettivi.
Fronteggiare. A livello personale
l’obiettivo è quello di offrire gli elementi per pianificare strategie di
azione al fine di migliorare il proprio stato di apprendimento e le proprie
prestazione e per fronteggiare situazioni e risolvere problemi di diversa
natura (personali, tecnico-operativi, relazionali, organizzativi, …);
Obiettivo contestuale è quello di
offrire le linee guida per fronteggiare i cambiamenti, per progettare e
negoziare soluzioni, per impostare e decidere su progetti e piani di azione in
condizioni non routinarie.
Lo sviluppo delle tre
macrocompetenze è, peraltro, di fondamentale importanza per l’inserimento nel
quadro lavorativo preparando, ad esempio, ad un corretto sostenimento dei
colloqui di selezione, ed essendo, la capacità di relazioni efficaci e
finalizzate, utile e richiesta specialmente per funzioni direttive.
La qualità della formazione è
considerata una delle variabili più importanti tra quelle che determinano
l’organizzazione e la crescita sociale ed economica di una nazione. Il problema
della qualità del servizio scolastico, considerato il ruolo strategico che
riveste la scuola nel preparare le risorse umane in un contesto economico
internazionale sempre più aperto e competitivo, è strategico per determinare la
capacità di stare sul mercato del lavoro.
La scuola non è più lo strumento di selezione di una élite che governava in un mercato chiuso, oppure di alfabetizzazione minima di manodopera poco qualificata. La scuola, oggi, è impegnata nel formare intelligenze e competenze per un Paese che dovrà vincere le sfide internazionali, in vista della qualità e dell’innovabilità dei suoi processi e dei prodotti di formazione.
Per raggiungere tali prestigiosi obiettivi, la scuola – e l’intero sistema della formazione – dovrebbe promuovere azioni in grado di innescare processi di cambiamento e di innovazione che non possono prescindere dal cambiamento dei programmi disciplinari, dal ripensamento dei curricoli e dei principi educativi, dalle strategie didattiche, dalla ridefinizione del profilo della professione docente che dovrà sempre più curare la vocazione alla ricerca nel campo dei processi formativi.
All’interno del contesto appena descritto, la qualità della formazione scolastica si definirà sempre di più in base alla capacità di attivare processi interpretativi, critici e progettuali, riguardanti, per un verso, le condizioni di contesto già realizzate o in nuce e, per un altro verso, l’agire soggettivo, le opzioni individuali, le potenzialità, le motivazioni. Il fuoco sul processo formativo, sbocco inevitabile di una riflessione sull’efficacia dell’insegnamento (qualcuno si sognerebbe mai di esprimere un giudizio professionale sulla qualità di un medico senza osservarlo in azione?), complica enormemente il compito della valutazione e mette a dura prova la sua capacità di analizzare e comprendere la realtà educativa. I sistemi di analisi dell’insegnamento sono pensati come strumenti in grado di guidare lo studio di un fenomeno complesso e polivalente quale l’insegnamento attraverso la sua scomposizione in comportamenti osservabili e, almeno in certa misura, quantificabili.
La scuola non è più lo strumento di selezione di una élite che governava in un mercato chiuso, oppure di alfabetizzazione minima di manodopera poco qualificata. La scuola, oggi, è impegnata nel formare intelligenze e competenze per un Paese che dovrà vincere le sfide internazionali, in vista della qualità e dell’innovabilità dei suoi processi e dei prodotti di formazione.
Per raggiungere tali prestigiosi obiettivi, la scuola – e l’intero sistema della formazione – dovrebbe promuovere azioni in grado di innescare processi di cambiamento e di innovazione che non possono prescindere dal cambiamento dei programmi disciplinari, dal ripensamento dei curricoli e dei principi educativi, dalle strategie didattiche, dalla ridefinizione del profilo della professione docente che dovrà sempre più curare la vocazione alla ricerca nel campo dei processi formativi.
All’interno del contesto appena descritto, la qualità della formazione scolastica si definirà sempre di più in base alla capacità di attivare processi interpretativi, critici e progettuali, riguardanti, per un verso, le condizioni di contesto già realizzate o in nuce e, per un altro verso, l’agire soggettivo, le opzioni individuali, le potenzialità, le motivazioni. Il fuoco sul processo formativo, sbocco inevitabile di una riflessione sull’efficacia dell’insegnamento (qualcuno si sognerebbe mai di esprimere un giudizio professionale sulla qualità di un medico senza osservarlo in azione?), complica enormemente il compito della valutazione e mette a dura prova la sua capacità di analizzare e comprendere la realtà educativa. I sistemi di analisi dell’insegnamento sono pensati come strumenti in grado di guidare lo studio di un fenomeno complesso e polivalente quale l’insegnamento attraverso la sua scomposizione in comportamenti osservabili e, almeno in certa misura, quantificabili.
La professione docente presenta
un’identità articolata e complessa, in cui si intrecciano diverse variabili. Il
cuore dell’attività dell’insegnante sta nella dimensione educativa del suo
compito, fondata sulla tensione ideale a “prendersi cura” della persona nella
sua globalità, facendosi carico sia dei suoi “bisogni” (talora mutevoli e
contingenti), sia delle più profonde esigenze connesse alla dignità della
persona come tale: quello che Maritain chiama “personalismo educativo
integrale” può considerarsi il nostro orizzonte ideale di riferimento, che
coinvolge l’azione didattica, la relazione educativa, il rapporto con i
colleghi, i genitori, l’organizzazione del sistema scolastico e la cultura in
genere. La modalità specifica con cui l’insegnante realizza tale compito passa
attraverso la sua interpretazione dell’azione didattica: l’insegnante educa
insegnando, perché è in grado di cogliere il valore formativo dei diversi
saperi e delle discipline, di metterne in luce il valore antropologico e di
favorire il contatto tra i mondi vitali degli allievi e gli universi culturali
di coloro che hanno elaborato forme di conoscenza significative. Tra i bisogni
delle persone che crescono vi è infatti quello di essere aiutati nell’opera
grandiosa e delicata della maturazione di un insieme di strutture mentali e di
pensiero, nel contesto di una determinata cultura, che le giovani generazioni
incontrano grazie al lavoro di quelle che le hanno precedute. Un luogo (la
scuola) in cui ciò avviene in modo istituzionale ed esplicito, con l’impegno di
persone (gli insegnanti) che a questo dedicano la loro vita e gli sforzi della
loro intelligenza, riveste un valore strategico essenziale per la realizzazione
delle finalità educative.
Perché ciò possa trovare un’
adeguata attivazione non bastano gli appelli alla buona volontà dei singoli, ma
occorre una coscienza generalizzata della differenziazione fondamentale a
livello istituzionale della funzione docente, cui sono state attribuite
mansioni sempre più ampie e complesse con modalità di tipo “sommatorio”, mentre
sarebbe necessario un approccio di tipo organico e strutturale, tale da
modificare la qualità e la valenza della professione docente. Universalmente
riconosciuta - da sempre - è la precipua funzione culturale, mediante la quale
le nuove generazioni vengono in contatto con il patrimonio di conoscenze e di
valori elaborati dalle generazioni che le hanno precedute e vengono poste in
grado di inserirsi in tale processo quali soggetti attivi. A tale funzione si
collega l’insieme delle aspettative sociali nei confronti della professione
docente che oggi risultano - paradossalmente - molto alte, a fronte di una
bassa considerazione della professionalità degli insegnanti (come categoria
complessivamente presa).
Sul piano dell’identità professionale
della categoria è in corso un processo di evoluzione che dipende
dall’evoluzione complessiva del sistema di istruzione e formazione, iniziato
già da alcuni anni ed ancora in fase di assestamento. Ciò ha comportato la
crescente richiesta di nuove competenze per gli insegnanti: alle tradizionali
competenze di tipo culturale e didattico (che restano comunque al centro della
professionalità) si sono aggiunte competenze che da sempre hanno fatto parte
del patrimonio professionale degli insegnanti e che la contingenza storica in
cui ci si trova ad operare ha reso più evidenti:
-
competenze
educative, sottolineate anche da specifici progetti del Miur (le cosiddette
"educazioni"),
-
competenze
organizzative, particolarmente evidenziate
dalla cultura dell'autonomia,
-
competenze
progettuali, derivanti dalla capacità propria di ogni insegnante di operare
in modo organizzato e consolidate da decenni di sperimentazioni sul campo,
-
competenze
valutative, sul versante educativo, docimologico e di sistema,
-
competenze
relazionali, sempre più necessarie a fronte delle nuove esigenze sia delle
giovani generazioni sia della comunità scolastica e del contesto in cui opera,
-
competenze
comunicative, sul piano verbale, non verbale, iconico e multimediale.
Il passaggio stesso - reso
necessario nella scuola dell’autonomia - dalla logica del
programma/programmazione alla costruzione di curricoli/piani di studio (ora
anche personalizzati), modifica in modo significativo le modalità con cui ogni
docente può progettare e organizzare il proprio lavoro.
Sul piano della collocazione sociale si è detto che le
attese nei confronti della scuola in genere e degli insegnanti in particolare
sono elevatissime: sia sul piano culturale, che su quello educativo, quasi che
la scuola potesse farsi carico di tutte le contraddizioni che la nostra società
non riesce a risolvere. Dall’altro lato il basso livello retributivo, la scarsa
- o nulla - possibilità di vedere uno sviluppo professionale riconosciuto,
contribuiscono a configurare il quadro di una professionalità non adeguatamente
valorizzata rispetto alle elevate aspettative sociali. La modernità contiene al
suo interno l’idea di cambiamento, vera e propria modalità caratterizzante la
realtà sociale, definibile come fluida, mobile, aperta al nuovo. Questo
provoca, soprattutto in coloro che sono collocati nella posizione di educatori,
la sensazione di operare in una evidente precarietà e incertezza e di vivere
una situazione in qualche misura paradossale: si preparano le nuove generazioni
per un futuro non chiaramente definibile e prevedibile ma, al contempo, occorre
fornire loro elementi di riferimento, costruire conoscenze e capacità, far
interiorizzare valori e regole che strutturino comportamenti adeguati alla
convivenza sociale. La sensazione di inadeguatezza può essere quindi un’insidia
costante fra genitori e insegnanti; risulta in questo modo comprensibile il
tentativo di arginarla trovando ancoraggi su terreni che appaiono più stabili,
come la tradizione o le conoscenze che si possiedono. In generale, possiamo
quindi sottolineare come la ricerca sugli insegnanti in Italia sia stata svolta
soprattutto a fronte di cambiamenti importanti, riguardanti le riforme
introdotte e in via di realizzazione, ma anche in relazione al modificarsi del
contesto socio-culturale e della domanda-offerta di istruzione. Di rado,
invece, la ricerca sociologica è stata svolta in concomitanza con la
progettazione delle riforme, per cogliere in che misura gli insegnanti fossero
preparati nei confronti delle innovazioni e quali fossero aspettative,
orientamenti, bisogni di formazione e aggiornamento. In sostanza, appare
illusorio e in larga misura fuorviante continuare a pensare che gli insegnanti possano cambiare
mentre la scuola in cui insegnano rimane immutata, con tutte le sue carenze,
nel tempo. Considerare gli insegnanti quali agenti di cambiamento diventa ancora
possibile solo nella misura in cui li si ricolloca all’interno di una
istituzione che assume su di sé il cambiamento come necessità di riprogettare e
riformulare obiettivi e strategie educative, regole e routine di funzionamento.
Gli insegnanti, quali protagonisti del cambiamento, vanno pertanto liberati sia
dall’eccesso di enfasi e responsabilità verso gli esiti delle innovazioni sia
da quella posizione di subordinazione, puramente adattiva, nei confronti di
istanze e pressioni vissute spesso come estranee, esogene, coercitive.
Il formatore, a questo punto,
come un capitano di lungo corso, tiene il suo diario di bordo, studiando
minuziosamente la rotta. Il suo viaggio intorno al mondo è entusiasmante poiché
egli conosce la teoria ma non può prevedere le situazioni cui va incontro,
novello Ulisse, né le modalità di scoperta e di vissuti perigliosi.
Riferimenti bibliografici
Professionalità docente: atti
del Convegno di Caserta, La Scuola e l’Uomo, n.5/6 2003
Moscato
M.T, I nuovi bisogni di formazione nella costruzione dei curricoli
degli insegnanti, La Scuola e l’Uomo n. 8/9, 2002, pp. 235-250.
Moscato
M.T., Un sistema formativo e di sviluppo per la professionalità
docente, La Scuola e l’Uomo n. 2/3 - 2002, pp. 47-52.
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