La
valutazione nei contesti educativi
di
Giuseppina D’Auria
La valutazione nei
contesti educativi consiste nell’ “acquisire informazioni per conoscere”. Per
conoscere meglio un fenomeno determinato (conoscenza diretta funzionale alla
presa di decisioni che hanno lo scopo di migliorarlo), e, uscendo dal generico,
per raccogliere informazioni su un fenomeno possiamo iniziare da quello più
noto, di cui ciascuno di noi ha fatto esperienza, cioè l'apprendimento. Si
possono raccogliere informazioni su una molteplicità di fenomeni il più noto
dei quali è l'apprendimento. Raccogliere maggiori informazioni sull'apprendimento,
per esempio un corso, un programma, una scuola, la professionalità di un docente,
di conseguenza si possono sottoporre a valutazione un insieme di fenomeni che,
nel nostro caso, riguardano il contesto, il mondo dell'educazione. Queste
informazioni si possono raccogliere in diversi modi, utilizzando diversi strumenti, lo scopo è sempre quello di
migliorare (se si parla di apprendimento) l'apprendimento, se si parla dell' efficacia di un programma,
si tratta di migliorare l'efficacia di “quel programma”, di professionalità dei
docenti, ecc.. questo è un po' il senso della valutazione. Facciamo un piccolo
passo indietro: ritengo utile darvi queste informazioni perché si tratta di una
sperimentazione didattica e quindi stiamo parlando di qualcosa che ha a che
fare con i nostri studi e con la vostra futura professione, cioè quella di
sperimentare metodologie nuove.
Possiamo dire che è
molto difficile concepire una valutazione senza un obiettivo, senza una
precedente esplicitazione e descrizione di uno o più obiettivi quindi, ci
occuperemo di descrivere gli obiettivi, le funzioni e gli oggetti della
valutazione. Ma perché valuto anche le
funzioni? Per verificare se durante un percorso stai apprendendo come io mi
aspetto oppure no. La valutazione intermedia, in itinere, con funzione
formativa oppure sommativa. Per raccogliere informazioni ci vogliono strumenti
di valutazione e, quindi, le prove valutative, le cosiddette prove strutturate,
semistrutturate, ossia di tipo osservativo. Inoltre conoscere e descrivere il
concetto di feedback è la funzione formativa della valutazione. Il feedback
letteralmente è retroazione; quando io sollecito l'allievo a manifestare una
certa abilità, e l'allievo risponde a questa mia sollecitazione, c'è un
feedback, una retroazione, io valuto quella prestazione e restituisco allo
studente un'informazione. Bene, la tua
prestazione è proprio quello che mi aspettavo, oppure, hai manifestato questa prestazione con questo limite, cioè do
un'informazione di ritorno allo studente. Anche questo è un feedback. Nella valutazione
formativa il feedback è fondamentale; è un modo per descrivere con maggiore
precisione, per restituire con maggiore precisione l'osservazione sulla
prestazione. Io posso misurare, che non è valutazione, misurazione non è
valutazione, non significa la stessa cosa. È parte della valutazione, posso misurare quella
abilità, un apprendimento alla conoscenza. In quale misura la possiedi, al
massimo livello, ad un livello medio, ad un livello minimo.. naturalmente io
qui ho usato una scala semplificata, basso, medio e alto come livello di
possesso della conoscenza. Ma posso arrivare a livelli un po' più articolati di
misurazione, conoscere e descrivere alcuni semplici calcoli statistici sui dati
valutativi, nel momento in cui io la prestazione che osservo, la misuro e
quindi ottengo dei numeri; con quei
numeri ci posso fare dei calcoli semplici: media, moda, mediana, deviazione
standard, eccetera. Una delle principali forme di valutazione è la valutazione
oggettiva. L'aggettivo oggettiva
nasce proprio con la docimologia negli anni Venti e Trenta del secolo scorso,
come reazione alle degenerazioni soggettive: la docimologia nasce perché in
quegli anni ci si rendeva conto che superare un concorso, prendere la maturità,
era un terno al lotto, si poteva
capitare con Tizio con Caio con Sempronio: con Tizio si era promossi con Caio
si era bocciati. Ogni valutatore applicava i propri criteri e quindi c'era un
eccesso di soggettività; l'arbitrarietà del valutatore in forme diverse, più
contenute, si possono osservare ancora oggi quando vuoi fare gli esami. Spesso si
fanno queste considerazioni: no, Tizio è
più generoso di Caio,Tizio è più analitico, pretende di più, pretende di meno..
Prevalgono i criteri della persona, del soggetto che esamina. Siccome negli anni
Venti - trenta del secolo scorso c'era posto un problema sociale, cioè prendere
la maturità o meno, superare un concorso nella pubblica amministrazione o meno,
era diventato un fatto estremamente importante e, di conseguenza, furono
avviate delle ricerche che hanno dato origine alla docimologia, che nasceva
come reazione alla soggettività definendola valutazione
rivista e corretta, metodo oggettivo che, nel nostro Paese, è avvenuto in
ritardo rispetto alla Francia e ai paesi
anglosassoni: la valutazione oggettiva ha fatto il suo ingresso ufficiale negli
anni Settanta del secolo scorso, con moltissimo ritardo storico culturale e
fortissime resistenze all'introduzione di una valutazione di tipo oggettivo,
seguito da un movimento di critica
alla valutazione oggettiva perché, come spesso accade, ci sono stati degli
eccessi. Negli anni 90, soprattutto negli Stati Uniti, il movimento della
valutazione autentica, di critica agli eccessi della valutazione tradizionale,
che ha fatto il suo ingresso nella scuola italiana nella seconda metà degli
anni settanta (per la precisione nel 1977, con l'introduzione della scheda di
valutazione alla fine del millennio, con la fondazione dell'invalsi e, quindi,
la conseguente diffusione dell'uso delle prove oggettive per le rilevazioni
dell'invalsi, si è cominciato a diffondere la pratica della valutazione
oggettiva). Le proposte del movimento
della valutazione autentica indicano come sbocco professionale la scuola
primaria e la scuola dell'infanzia, investite dal sistema nazionale di
valutazione delle procedure per l'autovalutazione d'istituto, quindi c'è un Rav per il sistema scolastico. Il processo di valutazione, definito
dal SNV, inizia con l'autovalutazione. Lo strumento che accompagna e documenta
questo processo è il Rapporto di autovalutazione (RAV). Viene messo a
disposizione un format a livello nazionale, aperto comunque alle integrazioni
delle scuole per cogliere la specificità di ogni realtà senza riduzioni o
semplificazioni eccessive. Il rapporto fornisce una rappresentazione della
scuola attraverso un'analisi del suo funzionamento e costituisce la base per
individuare le priorità di sviluppo verso cui orientare il piano di
miglioramento. Tutti i RAV vengono pubblicati nell'apposita sezione del portale
"Scuola in chiaro" del MIUR. Con le esercitazioni e, soprattutto con
il rapporto finale, il Docente aspira a ottenere
qualcosa di più delle semplici conoscenze cioè, per esempio, che i discenti
non solo conoscano le diverse tipologie di prove, quali sono le regole o i
criteri per costruire una prova di valutazione, ma che siano anche in grado di
costruirle: conoscere e costruire,
conoscere e produrre, sono verbi che fanno riferimento a due livelli di
apprendimento. Perché un conto è sapere
e un conto è saper fare. Molti
docenti universitari alla fine di tutto il percorso realizzano un seminario
dedicato alla certificazione alla valutazione e certificazione delle competenze
negli ambienti di apprendimento digitali. La disponibilità di sempre più
sofisticate tecnologie dell'informazione e della comunicazione sta creando
nuovi ambienti di apprendimento, i portali sono ambienti di apprendimento digitale e, la valutazione, in questi
ambienti, affronta questioni specifiche, oltre un laboratorio con obbligo di
frequenza, con delle ore di introduzione e di ricapitolazione di alcuni
contenuti e altre ore dedicate al lavoro di gruppo, mediante la costruzione di
prove valutative. Coloro che, studiando per diventare insegnanti nella scuola
dell'infanzia e nella scuola primaria, sanno che la valutazione, in questi 2
gradi dell'istruzione, ha delle specificità, delle peculiarità. Mentre nella
scuola primaria l'oggetto principale della valutazione è l'apprendimento degli
allievi, nella scuola 06 l'oggetto non è più costituito dagli apprendimenti ma
dalla qualità dei servizi: è come dire non
mi occupo degli apprendimenti ma mi occupo delle condizioni che consentiranno
lo sviluppo degli apprendimenti, per una ragione molto semplice. Nella scuola
dell'infanzia le acquisizioni degli apprendimenti non sono il risultato
principalmente del contesto scolastico, i bambini a quell'età, apprendono
soprattutto per un contesto più ampio, più ricco che parte dalla famiglia, per
arrivare alla famiglia più allargata, alla comunità a cui appartengono e,
quindi, anche alla scuola dell'infanzia. Mentre nella scuola primaria c'è una
organizzazione molto dettagliata per discipline, materie e anni scolastici,
nella scuola dell'infanzia non c’è, anche se esiste la sezione dei tre quattro
e cinque anni. Sappiamo anche che le Indicazioni
nazionali non sono c'entrate sugli apprendimenti e che, da qualche tempo a
questa parte, si sta sviluppando un’attenzione anche a questa dimensione. Nel
passato, in Italia, soprattutto all'estero, l'attenzione dei valutatori si è
concentrata sulle condizioni degli apprendimenti e cioè sui servizi, sulle
normative, sulle leggi, sull’ organizzazione degli spazi, sulla preparazione
dei docenti, sulle relazioni scuola famiglia, sul progetto pedagogico, più che
sull' apprendimento dei singoli bambini. Il tema della valutazione, in questi
ultimi anni, è stato piuttosto vivace, caratterizzato da un movimento positivo che ha portato all’introduzione sistematica e massiccia di
pratiche, di procedure valutative, soprattutto di procedure di valutazione
esterna, realtà in passato estranea al sistema scolastico italiano. L’Italia è
stato uno degli ultimi paesi a dotarsi di un Istituto Nazionale di valutazione
e a dotarsi di un sistema nazionale di valutazione; questo ritardo si è
accompagnato anche ad una cultura poco pragmatista, più idealistica che
positivista. Dov'è il valore del quantitativo, dov'è il valore della misura,
dell'accertamento? Avveniva ed è stato sistematicamente posto in secondo piano
a causa di una resistenza, anche
culturale, alla valutazione esterna, alla misurazione. Infatti nella seconda
metà degli anni 70, quando con la legge 517, nel nostro paese è stata
introdotta la scheda di valutazione, la programmazione e la valutazione. Alla
fine degli anni 90, quando i due istituti di ricerca introdotti dai decreti delegati del 74 ( uno era il
Centro europeo dell'educazione con sede a Frascati vicino Roma e l'altro era la
Biblioteca di documentazione pedagogica di Firenze), avevano il compito di
rappresentare l'Italia nelle ricerche comparative internazionali, ancora non
avevano iniziato le loro rilevazioni
campionarie, esisteva un campione di circa 300 scuole in Italia che partecipavano
con i loro dati favorendo la creazione una competenza disciplinare in campo
docimologico. A partire dal 97/99, 2001-2004 date dei provvedimenti dei decreti
che hanno l'invalsi, è stato quasi subito scelto l'approccio censuario invece
che quello campionario. L'approccio campionario si ha quando una piccola parte
di scuole partecipano ad una relazione con i primi tre anni di progetto pilota
a partecipazione volontaria. Questo tipo di partecipazione è durata 3 anni dal
2001 al 2003-2004. Quindi bisogna conoscere il processo, il modo migliore per
attrezzarsi è quello di conoscere, diventare consapevoli e formarsi una propria
idea. Il nostro sistema scolastico dal 97 è basato su un regime di autonomia.
Quindi ogni scuola è libera di organizzarsi. Recentemente sono state sviluppate
delle pratiche inutili e dannose poichè
alcune scuole, alcuni insegnanti, ritengono la prova Invalsi come il giudizio di Dio. In effetti risultati
di quella prova dicono quanto io sono bravo oppure i risultati di quella prova
possono rivolgersi contro di me (insegnante); quindi che cosa faccio io che
sono furbo, preparo i miei studenti sulle prove che si trovano in circolazione,
testi, libri, libretti di preparazione, test Invalsi, li somministro una volta,
due volte, tre volte, finché non si sono
dimenticati, non sono diventati bravi. Così, poi, quando ci sarà la prova
Invalsi, tutto andrà per il meglio. Questa
è una procedura pessima perché le prove Invalsi avvengono una volta all’anno e
quella valutazione risponde a esigenze di ricerca, valutazione di sistema. L’insegnante può scegliere di dedicare molto tempo ad
addestrare i bambini a rispondere alle prove, ma è una scelta pessima, che va
denunciata pubblicamente, perché significa sottrarre tempo alla didattica vera,
ad attività educative e pedagogiche di grande spessore per dedicarla
all'addestramento puro e semplice, ai test.
In Italia siamo
arrivati ultimi in queste pratiche valutative, stiamo importando cose che
all'estero avvenivano 20-30 anni fa quando questa pratica dell'addestramento ai
test era già considerata pessima. Teaching
to the test, insegnare per i test. Le prove Invalsi avvengono una volta
l'anno, da aprile-maggio, rispondono ad esigenze di valutazione standardizzata.
Sicuramente l'insegnante deve fare una valutazione che, in alcuni casi,
utilizza un repertorio di prove valutative, strutturate e oggettive ma, passare
tutto il tempo a proporre ai bambini test perché
così diventano bravi a rispondere alla prova Invalsi, non corrisponde ad
una responsabilità pedagogica totale
e con denuncia una pratica didattica-valutativa non sempre adeguata. Il tema
generale della valutazione, della docimologia, rappresenta una rivoluzione di significati
e pratiche nei contesti educativi e scolastici. Proporrò alcune definizioni di
docimologia, di valutazione e poi descriverò le principali dimensioni di cui si
compone il complesso processo della valutazione. Iniziamo dall’etimologia della
parola docimologia, composta di due radici greche dokimazo che significa esaminare
in logos e la consueta radice che indica un discorso su una riflessione; quindi
possiamo dire che la docimologia è il discorso sull' esaminare.
Pieron che è stato uno
degli studiosi che ha contribuito ad avviare a diffondere gli studi di tipo
docimologico definiva nel 1929 la docimologia come lo studio destinato alla critica e al miglioramento delle votazioni
scolastiche. Ricordo brevemente che la docimologia ha origine proprio dagli
studi condotti negli anni Venti e trenta del secolo scorso sulla efficacia,
sulla validità sull' oggettività degli esami di stato, che concludevano la
scuola secondaria superiore in Francia, il cosiddetto baccalaureato che con qualche modifica rimane ancora oggi l'esame
conclusivo di quel grado di istruzione. De Landsheere, pedagogista belga, nel 1973
definisce la docimologia la Scienza che ha per oggetto lo studio sistematico degli esami in particolare dei sistemi di
valutazione il comportamento degli esaminatori e degli esaminandi. In un
periodo successivo abbiamo un estensione dei significati del termine
docimologia da parte di De Ketele (1982) per il quale la docimologia è la
disciplina che ha per oggetto lo studio dei sistemi di valutazione in
educazione. De Landsheere nel 1992 afferma che La docimologia riguarda anche gli insegnanti, gli istituti, il sistema scolastico.
Gli oggetti della valutazione e cioè gli insegnanti, gli istituti, il sistema
scolastico, negli ultimi decenni del secolo scorso, sono oggetto di un’estensione
del campo semantico della docimologia passando, di fatto, dalla docimologia
alla valutazione. Oggi il termine più diffuso, più utilizzato sia in sede
scientifica sia in campo scolastico è valutazione. Utilizzando una definizione
molto generale e reale del prof. Luciano Cecconi, della cattedra di Docimologia
dell’Università di Modena e Reggio Emilia, che va oltre i contesti educativi e
scolastici, la valutazione è un processo che ha lo scopo di determinare il
valore di una cosa. Pellerey rappresenta la valutazione, sotto il profilo
umano, come un fatto simmetrico (A giudica B e Bgiudica A) e riflessivo (A e B
giudicano se stessi). Due concetti
chiave sono processo e il valore: è bene sottolineare la centralità del
concetto di processo, inteso come una sequenza ordinata di azioni organicamente
collegate tra di loro che si sviluppano arrivando al conseguimento di uno scopo.
La valutazione va intesa proprio come un processo, non è un singolo atto, un
singolo concetto, sono diversi concetti, è una molteplicità di concetti, di
azioni collegate tra loro organicamente, collegate tra loro il secondo concetto
di valore che qualifica la valutazione (il processo è finalizzato a determinare
il valore ad apprezzare un evento, una cosa, un organismo o istituzione, una
prestazione ed ha lo scopo di determinare il valore di una cosa). La valutazione può essere rappresentata come
un fatto simmetrico e riflessivo in cui
ogni soggetto valuta contemporaneamente se stesso e l’altro emergendo la
complessità del processo. Secondo Tyler, padre del curricolo, La valutazione consiste essenzialmente nella
comparazione tra le prestazioni degli allievi e gli obiettivi determinati, prefigurati
dai responsabili di un programma di formazione, sviluppata e affermata a
partire dagli anni 50 del secolo scorso, concentra la sua attenzione sulla relazione
che c'è tra le prestazioni degli allievi, quelle che si osservano (i bambini
che erano stati determinati, prefigurati da responsabile un programma di
formazione, responsabile curriculum): qui emerge un altro concetto fondamentale
nella valutazione, si effettuava una comparazione tra “ciò che osservo” e “ciò
che mi aspettavo di osservare” e, cioè, tra le prestazioni degli allievi e gli
obiettivi che erano stati predeterminati.
Lipari nel 1995 propone
un'altra definizione della valutazione: è
un atto che implica nei casi di maggiore complessità raccolta di informazioni
analisi e riflessione tendente alla formulazione di giudizi di valore
sull'oggetto su una situazione o su un evento. Questa definizione mette in
evidenza e fa ricorso a molti concetti che sono fondamentali per comprendere la
complessità del processo di valutazione. Per cominciare la valutazione è un
sistema di raccolta informazioni e di analisi. Bisogna interpretare i dati
raccolti, riflettere e tendere alla
formulazione di giudizi di valore. Quali sono gli oggetti della valutazione,
che cos'è che viene sottoposto a valutazione? Un oggetto, una situazione, un
evento, la valutazione si può configurare come un'attività cognitiva della
nostra mente, rivolta a fornire un giudizio su di un complesso di azioni
coordinate, intenzionalmente e destinata a produrre effetti esterni, che si
fonda su attività di ricerca nelle scienze sociali e che segue procedure
rigorose e codificabili. Palumbo, esperto italiano di valutazione, nel 2001 fa
ricorso alle scienze sociali; di fatto la valutazione è un'attività di ricerca,
la sua struttura logica è quella di un'attività di ricerca, raccolta
sistematica di informazioni, analisi dei dati, interpretazione dei dati e, in
conclusione, espressione in giudizi di valore. “La valutazione è la raccolta
sistematica di informazioni sulle attività, caratteristiche, e risultati, per
formulare giudizi sul programma, migliorarne l’efficacia, e/o indirizzare
decisioni sulla futura programmazione”. In questa definizione proposta da
Patton nel 1998, uno dei maggiori esperti nel campo della valutazione della
Formazione, dei programmi di formazione, dei programmi educativi e, soprattutto,
in campo extrascolastico, c'è il riferimento ad altri concetti, che sono utili
per migliorare la nostra comprensione del processo di valutazione e formulare
giudizi sul programma Eco. Qui diventa esplicito l'oggetto della valutazione, non
la singola prestazione dell' allievo o dell'Istituto scolastico, in un
programma Nazionale. Voglio ricordare che uno stimolo fortissimo agli studi
sulla valutazione è venuto proprio dalla necessità di mettere sotto controllo
la realizzazione di programmi statali o, addirittura, di grandi istituzioni
come la banca mondiale, si investivano ingenti risorse in azioni educative,
programmi educativi di lungo periodo. Quindi avevano la necessità di porre
sotto controllo l'uso di queste risorse, soprattutto i risultati; altro aspetto
fondamentale è quello del riferimento al miglioramento per formulare giudizi
sul programma, migliorarne l'efficacia e indirizzare decisioni sulla futura
programmazione, quindi uno scopo è quello di prendere decisioni che indirizzino
la futura programmazione (la valutazione che faccio di un programma oggi
concluso, può essere utile a migliorare nel futuro; oppure una decisione che
prendo oggi di un programma in via di
svolgimento può aiutarmi a migliorare lo stesso programma durante il suo
svolgimento). Abbiamo visto definizioni
con accenti diversi che ci hanno aiutato ad avviarci in questo lungo percorso
di comprensione di un processo molto complesso, che possiamo intendere anche
individuandone gli aspetti essenziali. Se riusciamo a dare una risposta alle
domande fondamentali perché valutare?
cosa valutare? come valutare? quando
valutare? chi esercita l'azione del valutare? possiamo ricostruire un
significato complessivo che si approssima al significato vero e complesso del
processo di valutazione. Queste domande definiscono le caratteristiche
essenziali del processo di valutazione e rientrano nell'ambito educativo formativo
scolastico; quindi tutte le risposte ricadono in questo ambito per migliorare i
risultati dell'apprendimento, per valutare le competenze raggiunte dei miei
allievi, per individuare situazioni di insufficienza, delle lacune ,delle
criticità e intervenire per colmarle. Posso anche valutare per selezionare gli
allievi alla fine di un ciclo, posso fare una selezione per individuare un po'
di allievi da destinare ad un'attività e li sottopongo a valutazione di
selezione, oppure posso valutare per migliorare la qualità del servizio e mettere
in campo azioni di compensazione, di recupero, per superare le criticità. Posso
valutare per migliorare le prestazioni del sistema locale o nazionale (pensate
alle rilevazioni Invalsi aventi lo scopo di avere informazioni che ci aiutino a
valutare l'efficacia e l'efficienza del sistema Nazionale). Qual è l'efficacia
della scuola italiana, dei diversi gradi dell'Istruzione in ambito matematico,
scientifico, eccetera.. Oppure posso valutare per supportare decisori politici
nelle politiche educative, ovvero le indagini internazionali Ora dell'OCSE.. Il
ministro responsabile delle politiche scolastiche può utilizzare quei dati per
prendere decisioni relative alle politiche educative, può prendere dei
provvedimenti e quindi avviare, ad esempio, un piano per l'aggiornamento
professionale dei docenti per tentare di innovare la didattica, ecc. Quindi la
valutazione serve a supportare la presa di decisione dei politici, migliorare i
risultati di apprendimento o selezionare gli allievi a livello di istituto
scolastico a livello locale a livello nazionale addirittura a livello
internazionale. Passando alla seconda domanda cosa valutiamo che cosa
sottoponiamo a valutazione, facendo riferimento alle finalità, posso
sottoporre a valutazione l'apprendimento di un allievo, di un gruppo. L'apprendimento non è l'unico oggetto della
valutazione, possiamo sottoporre ad essa l'insegnamento, la preparazione
professionale degli insegnanti, la qualità dei programmi del curricolo, i
materiali, i testi d'esame, i metodi
adottati, la singola scuola o l’intero sistema locale e nazionale, gli
operatori scolastici nella loro molteplicità, sia gli insegnanti che i
dirigenti scolastici, il personale amministrativo, ecc. Nel complesso mondo
dell'educazione possiamo sottoporre a valutazione ciò che vogliamo, metodi e
strumenti sono la risposta al come lo
valuto e come valuto, quali metodi quali strumenti uso per
valutare. Naturalmente la risposta è particolarmente complessa perché si
possono utilizzare metodi e strumenti diversi a seconda degli oggetti della
valutazione. Si sottopongono ad analisi
valutativa le prove strutturate e semistrutturate per la valutazione dell'apprendimento,
nelle varie forme di un questionario, di
scale di direzione, liste di controllo, degli stessi descrittori e altre forme
di rilevazione. Ribadiamo che la
valutazione è una sistematica raccolta di informazioni la cui modalità dipende
dal contesto, dalle finalità, dall'oggi, quindi possiamo ricorrere ad un
repertorio piuttosto vario di strumenti per la raccolta di queste informazioni.
Generalmente si pensa alla valutazione come un atto conclusivo di un ciclo, di
un processo, non è così. Certo, l'esame
arriva alla fine dell'anno, l'interrogazione arriva alla fine del quadrimestre,
ma non sempre è così. C'è una valutazione che viene proposta e utilizzata all'inizio
di un percorso, di un itinerario, di un ciclo. C'è una valutazione intermedia,
cioè una valutazione che viene condotta durante lo svolgimento di un percorso,
c'è una valutazione finale che viene condotta alla fine di un percorso. Infine
c'è la valutazione differita nel tempo e meno nota, ma utilizzata. Per esempio il consorzio Almalaurea conduce
delle indagini per vedere qual è l'effetto dello studio universitario dopo un
anno, 2 anni, 3 anni, quindi a distanza di tempo dalla conclusione di un
determinato percorso formativo. Si possono fare delle rilevazioni per studiare
gli impatti che questa formazione ha avuto non solo sui singoli fruitori ma
anche sulla società. Inoltre una volta
definite le finalità, individuati gli oggetti della valutazione, i metodi e gli
strumenti e anche i tempi della valutazione, chi sono i soggetti che la gestiscono? Innanzitutto la pensiamo al
docente che valuta esami, interrogazioni, prove, test. Altri soggetti sono rilevanti all'interno del
processo di valutazione: i dirigenti scolastici, per esempio, possono
sottoporre a valutazione la prestazione professionale di un docente, di un
collegio dei docenti, addirittura altre
figure come gli ispettori, i sistemi di valutazione scolastica in altri paesi.
In altre nazioni c'è la figura dell'ispettore scolastico mandato
dell'amministrazione centrale ad effettuare delle ispezioni e delle valutazioni.
Qual è il rapporto che
esiste tra il processo di valutazione e il processo di formazione, dove e come
si colloca all'interno del processo formativo la valutazione. Definiamo il curricolo, concetto di
straordinaria importanza nell'evoluzione delle Scienze dell'Educazione,
nell'evoluzione di alcune aree del sapere e della pratica professionale, come
per esempio, la progettazione e la valutazione. Il curricolo è un tentativo di
rendere comunicabili i principi essenziali e le configurazioni concrete di una
proposta educativa in modo da renderla disponibile all'analisi critica. È impossibile una effettiva traduzione
operativa anche se curricolo deriva
dal latino curriculum che indica il rotolo, la pergamena, è cioè qualcosa che ha uno sviluppo, che si
svolge. Ciò che si sviluppa, ciò che si
svolge è l'azione dell'insegnamento, la capacità di pianificare, di progettare e gestire l’azione educativa.
Rendere comunicabile e rendere disponibile una proposta educativa all'analisi
critica, è uno dei principi della
ricerca della Ricerca Scientifica. Il
disegno della ricerca, un rapporto finale di una ricerca, sono qualcosa che
rendono accessibile all'analisi critica la costruzione di in modo tale che
possa essere criticata, fare riferimento
al disegno della ricerca, ma anche
perché possa avere un effettiva traduzione operativa. È un piano per la
realizzazione di una ricerca, quindi del processo, il curricolo è qualcosa che
rende accessibile all'analisi critica un piano, un percorso formativo e la
rende anche passibile di una effettiva traduzione. È ciò che rende possibile
realizzare una proposta educativa. Possiamo far risalire la definizione di
principi fondamentali per il curricolo a un'opera ritenuta fondamentale quella
di Ralph Tyler I principi fondamentali
per Il curricolo e l'insegnamento dove Tyler costruisce uno schema e individua
4 punti che caratterizzano il curricolo, 4 domande rispondendo alle quali si
definisce la struttura di un curricolo. Tyler sviluppò questo schema nel
secondo dopoguerra del secolo scorso, nel 1949 pubblicò questo testo mentre era
direttore del dipartimento di educazione dell'università di Chicago. Come tutti
gli studiosi e gli amministratori ebbe la necessità di gestire complessi
processi di formazione e di istruzione. Indicò, all'epoca, le finalità
educative che la scuola dovrebbe cercare di raggiungere. Innanzitutto cercò di chiarire
ed esplicitare le finalità educative che la scuola dovrebbe raggiungere, quali
esperienze educative verosimilmente adatte a raggiungere queste finalità sono
disponibili (quindi definire quali esperienze educative e proposte educative,
quali ambienti, quali condizioni adatte a raggiungere le finalità definite). Come possono in concreto essere organizzate
quest'esperienze nella operatività quotidiana. Nel nostro discorso sulla
valutazione, in quale modo è possibile verificare che queste finalità siano
state raggiunte? Alla fine del percorso ho individuato le finalità, ho
individuato le esperienze adatte a raggiungere quelle finalità, ho individuato
le modalità organizzative per realizzare concretamente le esperienze, alla fine
devo predisporre le modalità e gli strumenti per verificare se effettivamente
quelle finalità sono state raggiunte. Quindi la valutazione è l'elemento
conclusivo di questa sequenza di 4 principi che servono a gestire il curriculum
e l'insegnamento, così come sono state individuate da Tyler nel 1949. In questa sequenza è chiara la connessione tra
una fase e l'altra. Tyler con questa sua elaborazione esercita un'influenza
straordinaria sulle pratiche, sullo sviluppo di tutto il pensiero, sulla
riflessione del curricolo e avvicinò agli studi relativi al curricolo giovani
studiosi che poi segneranno ricerca in questo settore. Tra questi cito soltanto
due nomi: il primo Benjamin Bloom, il secondo di una studiosa estone che lavorò
con Tyler e cioè Tappa che nel 62 mise appunto oltre 500 pagine descrittive di tutti
i passi per la progettazione, la realizzazione e la valutazione dei curricoli
scolastici. I 7 punti fondamentali di
questa progettazione sono: la diagnosi dei bisogni individuali, sono i bisogni
educativi, i bisogni di formazione. Quindi una volta formulati gli obiettivi,
si selezionano i contenuti, si organizzano i contenuti, si selezionano le
esperienze di apprendimento. Infine si individua ciò che si deve valutare, e come
e con quali strumenti è possibile farlo. Ci avviciniamo a quella che oggi è
percepita come la struttura sequenza logica della progettazione educativa e
didattica. Lo schema della valutazione è sempre presente e mostra una natura
sequenziale, rappresenta il momento conclusivo, l'elaborazione, il curriculum,
lo sviluppo di questo pensiero, di questa riflessione, soprattutto di strumenti
operativi e delle pratiche relative al curricolo hanno avuto uno sviluppo anche
in Europa. Uno schema dello School Council Working Paper presentato all'interno
dell'esperienza del mondo scolastico del Regno Unito degli anni 70 introduce, a
proposito di sequenzialità, l’elemento della circolarità, della ricorsività di
un processo, che non finisce, che ha una sua continuità. Il momento in cui si verifica se quegli
obiettivi sono stati raggiunti o meno rappresenta un elemento nuovo rispetto
agli schemi che abbiamo esaminato finora; l'effetto retroattivo, il cosiddetto
feedback è il prodotto della valutazione. L'effetto retroattivo viene
utilizzato per predisporre interventi di compensazione, di recupero, per fare
in modo che quel 40% di studenti che non hanno raggiunto completamente
obiettivo formativo possa colmare le sue lacune. Questa circolarità rende
l'idea, valorizza il concetto di effetto retroattivo poichè una volta valutato,
si utilizza il risultato della valutazione per riprogrammare, per riprogettare
in un processo quasi senza fine. All'inizio la valutazione è stata vista come
un elemento di una sequenza, col passare del tempo la valutazione comincia ad
interagire anche con gli altri elementi del processo, ad assumere un ruolo
sempre più centrale nel più ampio mondo della formazione, quindi in un contesto
formativo anche extrascolastico, la
valutazione si colloca e viene analizzata in tutti i suoi effetti, immediati e
meno immediati, lungo una dimensione temporale più lunga secondo il modello di
Kirkpatrick. Un modello che ha avuto una grande influenza sugli studi e le
pratiche successive, la cui caratteristica
è il non si fermarsi al risultato immediato, ma cercare di analizzare, nella
complessità, l'articolazione dei risultati. Quindi c'è una prima immediata
dimensione della valutazione, che è quella
di accertare, di rilevare informazioni sulle reazioni immediate, soggettive dei
partecipanti; un secondo livello è quello dell'apprendimento, cioè questo
percorso formativo quali trasformazioni ha prodotto nell’allievo in termini di
conoscenze, abilità, capacità, competenze. Un livello successivo è quello del
comportamento, dell’apprendimento dell'allievo durante il corso: quindi nuove
conoscenze, nuove abilità, in che modo si sono trasferiti i nuovi comportamenti
sul lavoro. Questo modello è stato
sviluppato soprattutto nell'ambito della formazione degli adulti e formazione
aziendale professionale. Come si sono
trasformati i nuovi comportamenti in contesto operativo reale, infine, in che modo questi nuovi comportamenti
organizzativi sul lavoro in che modo e misura hanno prodotto dei benefici per
l'organizzazione, per l'azienda, per la scuola. Secondo Kirkpatrick valutare i
risultati di un'azione a diversi livelli è come gettare un sasso in una
superficie d'acqua, si sviluppano una serie di cerchi concentrici che via via
occupano spazi sempre più grandi man mano che ci si distanzia dal punto di
caduta. C'è una reazione immediata che sono degli apprendimenti; essi vengono
trasferiti in nuovi comportamenti. I comportamenti visti all'interno di un
contesto organizzativo generano nuovo cambiamento organizzativo che comporta
una maggiore articolazione. Caratteristica
di questo modello è la circolarità delle fasi e cioè quando si hanno
determinati risultati di reazione essi possono
immediatamente condizionare nuovi obiettivi di reazione. Passiamo alla descrizione delle azioni del
processo valutativo, la validità e l'attendibilità delle prove valutative, la
classificazione. Iniziamo dalle azioni
del processo valutativo, ciascuna più o meno strutturata, più o meno consapevole.
Alcune azioni hanno in comune la
descrizione, la comparazione, la misurazione. Soltanto al termine di queste
azioni si perviene alla formulazione del giudizio: la valutazione vera e
propria. Che cosa mi aspetto di vedere,
di osservare? In base a ciò che io mi aspetto, valuto o sollecito l'allievo a
darmi quella prestazione. Subito dopo l'osservazione
faccio riferimento a quello che mi aspettavo e cioè osservo se nel
comportamento manifestato ritrovo gli elementi del comportamento che mi
aspettavo. Devo avere le idee chiare di ciò che mi aspetto, delle mie attese. La descrizione del comportamento che mi
aspetto di osservare deve essere precisa, misurabile, osservabile, non ambigua
proprio per ridurre al minimo le incertezze riguardo alla sua identificazione e
interpretazione. La seconda azione è la comparazione cioè confronto le
caratteristiche dell'oggetto sotto osservazione che servono all’allievo mentre
esegue un determinato compito, risponde ad una determinata sollecitazione. Paragono
quello che osservo con quello che mi aspettavo di osservare e quindi faccio
riferimento al criterio predefinito, all'obiettivo predefinito, ad uno standard.
Quello che osservo coincide, si avvicina, si sovrappone a quello che mi
aspettavo di osservare, in che misura coincide con quello che mi aspettavo di
osservare. Quindi descrivo e definisco l'obiettivo, ciò che mi aspetto di
osservare, ciò che mi aspetto come conseguenza dell'azione educativa,
dell'azione formativa quindi comparo la prestazione e l'allievo con quello che
avevo definito in precedenza e, quindi, misuro. La misurazione è riferita al conseguimento
completo dell'obiettivo, è un'approssimazione della descrizione del risultato
finale. Si procede alla misurazione, cioè adottando una qualsiasi scala in quale
misura rilevo il conseguito l'obiettivo,
secondo una scala ordinale in decimi, facendo riferimento a quelli attualmente
in uso per misurare il grado di apprendimento, il grado di conseguimento
dell'obiettivo. Non esiste valutazione senza obiettivo, senza uno standard
predefinito, un criterio predefinito. Quali sono gli strumenti possibili che
possiamo utilizzare. Naturalmente
variano a seconda delle esigenze valutative, in un contesto educativo
scolastico io posso avere la necessità di raccogliere informazioni sulla
condizione socio culturale di una classe. Oppure posso raccogliere informazioni
sull'andamento di un'azione, di un intervento, di un programma o un progetto. Ancora posso avere la necessità di raccogliere
informazioni sull'efficacia e l'efficienza di un istituto scolastico e allora
avrò bisogno di altri strumenti. Questi
elementi più sono definiti e precisati più diminuisce l'influenza della
soggettività. Fortunatamente la
soggettività non potrà mai essere
eliminata. Il problema della valutazione oggettiva è quello di contenere il più
possibile questa soggettività.
Affrontiamo il concetto di feedback, retroazione, la sua traduzione nel contesto operativo e la
sua rilevanza nel processo di valutazione, nel modello del Mastery Learning e
sugli obiettivi. Il concetto di feedback, eco-feedback, letteralmente retroalimentazione
a retroazione, designa il processo per cui l'effetto risultante dall'azione di
un sistema meccanismo di un circuito, di un organismo, di un programma
educativo e di un curricolo, si riflette sul sistema stesso per variarne non
correggere opportunamente il funzionamento. È l'effetto risultante da un'azione,
il risultato di un'azione e la sua capacità di riflettersi sul sistema stesso.
Il docente impegnato nel processo di insegnamento apprendimento, produce un
risultato che torna a me, si riflette sul sistema stesso, torna a me, non mi
fornisce delle informazioni che io posso utilizzare per correggere
opportunamente la mia azione di insegnante. Questa la rappresentazione, il
meccanismo di feedback, c'è un azione, delle risorse che vengono messe in gioco
per produrre un processo, quello dell'insegnamento, l'insegnamento produce un
risultato, questo risultato ha una retroazione. Sul processo, addirittura nella
fase di predisposizione delle risorse per attivare l'insegnamento, che è la
fase di input, c'è una retroazione, da output del suo feedback, ritorna sul
processo. Nel caso dell’insegnamento, le prestazioni dell'insegnante sia nella
fase di input c'è l'ingresso delle risorse (per esempio la programmazione
didattica), il risultato di una determinata prova di valutazione torna, sia
mentre l’insegnante svolge l’azione educativa durante il quadrimestre, sia
sulla organizzazione didattica di quel quadrimestre, è possibile cambiare qualcosa durante il
quadrimestre sia a livello di input, cioè di progetto, di pianificazione e di
programmazione didattica iniziale, di un momento, del luogo dove definisco
l'uso delle risorse, sia a livello ulteriore, proprio perché il concetto nasce
all'interno della teoria dell'informazione, che poi dato vita ai processi di
automazione e allo sviluppo dell'intelligenza artificiale. Ecco il feedback un
esempio è quello dei tornelli della metropolitana, noi non possiamo avere
accesso alle banchine della metropolitana se non introducendo il biglietto in
un dispositivo meccanico, il tornello, con l'obliterazione del biglietto noi
inseriamo il biglietto nel lettore quindi abbiamo un processo di lettura e di
verifica, se il biglietto è valido, la macchina riceve l'indicazione di
liberare il tornello, di aprire il varco, questo è il feedback. Io attivo un
processo, ottengo informazione sulla base della quale condiziono il funzionamento
successivo. Se introduco un biglietto scaduto, quindi non valido, la
retroazione sarà che la macchina riceve l'informazione di non aprire il varco.
La stragrande maggioranza dei meccanismi automatici funziona in base al
concetto di feedback che, introdotto all'interno delle pratiche educative e
didattiche, di conseguenza ha sviluppato il Mastery Learning, tradotto apprendimento
per la padronanza. Secondo questo modello l’insegnante ho propone una unità
didattica agli studenti, al termine della quale, presenta un test di
valutazione per bonificare il progresso degli studenti (valutazione formativa)
che dimostra che la padronanza, rispetto a quel tema, quell'argomento, quella
abilità o quella conoscenza, è stata raggiunta. Se l'esito della prova è
positivo l’insegnante propone allo studente un attività di arricchimento, di
consolidamento, poi passa all'unità successiva. Invece se l'esito della prova
di valutazione è negativo, cioè se lo
studente dimostra di non aver raggiunto la padronanza rispetto a quella
conoscenza, quella abilità, allora l’insegnante propone delle attività di
correzione, compensazione, di tornare con altre esperienze e attività sullo
stesso obiettivo affrontato dall'unità, quindi propone un nuovo test di valutazione
che risponde alla stessa domanda, cioè
la padronanza, rispetto a quella conoscenza. In questo modo c'è la possibilità
di individualizzare la proposta, di
seguire percorsi differenziati se l'allievo, il gruppo supera la prova di
valutazione, si passa all'unità successiva; se la prova non viene superata si
propone la differenziazione del percorso, da attività di recupero e di
compensazione, che aiuti lo studente a raggiungere la padronanza e, quindi,
passare all'unità successiva. Il
feedback è fornito dalla prova di valutazione che, a seconda dell'esito, segue una strada piuttosto che un’altra. In
questo senso si è definito il modello del Mastery Learning che tendeva a
superare una vecchia pratica, la valutazione utilizzata soltanto alla fine con
funzione sommativa. Se l’insegnante propone una o più prove di valutazione alla
fine di un percorso, può prendere atto della situazione senza modificarla,
essendo fuori da un percorso, non può fare più niente. In questo caso si
ricorre alla funzione formativa della valutazione, cioè usare la valutazione durante il percorso
in modo tale da poter utilizzare le informazioni, che vengono dalla valutazione,
per poter intervenire, regolare, correggere e rimodulare il processo,
ridefinendo l'obiettivo, scegliendo altri mezzi, altri metodi ma potendo
intervenire per migliorare la finalità del Mastery Learning, aumenta la
possibilità di coinvolgere il maggior numero di allievi nel raggiungimento
degli obiettivi della valutazione con finalità formative. Durante il processo e
mettendo in atto interventi di compensazione l’insegnante ha la possibilità di
recuperare la percentuale di allievi che non hanno raggiunto la competenza, in
tutto o in parte, quindi diventa
fondamentale l'obiettivo, che corrisponde alla prima fase del processo valutativo,
cioè la descrizione di ciò che mi aspetto che lo studente sappia o sappia fare.
Quali sono i criteri per la definizione dell’obiettivo?
Deve essere descritto in termini di comportamenti osservabili, ciò che deve
sapere e saper fare l'allievo in conseguenza dell'azione formativa. Va descritto in modo tale che poi possa essere
osservato e misurato in modo altrettanto preciso. L'obiettivo non deve essere
ambiguo ma occorre descrivere quel comportamento, osservabile sotto
specifiche condizioni di prestazione. Allo stesso modo devono essere definiti i
criteri in base ai quali valutare il raggiungimento dell'obiettivo, devono quindi essere esplicitati e la
formulazione l'obiettivo, il compito, la condizione in cui deve essere eseguito
il compito, è quello standard, cioè il livello di accettabilità, i criteri in
base ai quali valutare il raggiungimento dell'obiettivo generale e degli
obiettivi specifici, entrare più nel
dettaglio rispetto a quello generale, sarà in grado di individuare i valori al
di sopra o al di sotto della media, individuare i periodi con i valori migliori
e quindi con i valori peggiori, stabilire l'andamento della distribuzione. L'espressione
generale interpretare una serie di dati
statistici nella pratica si articola nel calcolare la media e individuare i
valori che stanno al di sopra e al di sotto della media. Gli obiettivi generali sono utili nella
programmazione ma non si possono valutare. Per stimarli devo formulare la tassonomia
degli obiettivi specifici, cioè la gerarchia, dal più semplice al più complesso,
dal più facile al più difficile, dal più semplice al più complesso. Torniamo alla classificazione delle prove di
valutazione degli apprendimenti e, in particolare, approfondiremo la conoscenza
di una di queste tipologie di prove: le prove strutturate, di cui vedremo
vantaggi, limiti e anche pregiudizi. Recuperiamo la classificazione proposta da
Vertecchi in base ai due valori che possono assumere, due delle caratteristiche
delle prove, cioè il tipo di stimolo (che
può essere aperto o chiuso) e il tipo di risposta (che può essere a sua volta
aperta o chiusa). Rappresentate
graficamente sul piano cartesiano le quattro tipologie, nel dettaglio le prove a stimolo aperto e
risposta aperta, quelle cioè nelle quali il valutatore, il docente, propone
all'allievo uno stimolo di tipo generale, aperto, un'indicazione di una certa
area di problemi, all'interno della quale lo studente deve orientarsi,
organizzare una sua risposta, che sarà naturalmente aperta e decidere come
organizzare la risposta. L'altra
tipologia è quella in cui lo stimolo della prova è chiuso, quindi il docente sollecita in modo chiaro e
definito lo studente a manifestare un certo tipo di apprendimento, in cui la risposta che lo studente offre è
aperta avendo la libertà di organizzarsi, di affrontare e argomentare un certo
tipo di contenuto, individuando alcuni limiti, cioè non lasciando totalmente
libero lo studente di affrontare il tema generale declinando in alcuni aspetti
specifici delle prove, sia la struttura logica in una prova di valutazione, sia
in particolare, le caratteristiche delle prove cosiddette strutturate, cioè le
prove a stimolo chiuso e risposta chiusa, avendo come consegna quella di non divagare
liberamente. L'ultima tipologia, quella di prova con stimolo aperto risposta
chiusa, è una tipologia teorica, cioè nella realtà pratica, nella didattica
educativa di tutti i giorni, è un tipo di interazione, sollecitazione, risposta tra insegnante-allievo che riguarda
la valutazione apprendimenti. Si tratta di una tipologia che è caratterizzata
da uno stimolo aperto indirizzato all'allievo ma la risposta non riguarda il
possesso di certe conoscenze, abilità ma, più che altro, la tendenza alla
compiacenza, più che altro una domanda retorica (Test di profitto).
In Italia
l’approvazione dello Schema di Regolamento del Sistema Nazionale di
Valutazione, in materia di istruzione e formazione ha sancito la rilevanza del
rapporto tra valutazione interna e valutazione esterna, e miglioramento. Nella
prospettiva dello Schema di Regolamento del Sistema Nazionale di Valutazione, la
valutazione interna e quella esterna seguono un unico quadro di riferimento
teorico. L’utilizzo di un corpus di criteri comuni per l'autovalutazione e per
la valutazione esterna consente alle scuole di indirizzare le proprie energie
verso aspetti che sono ritenuti importanti anche all'esterno, e al sistema di
compiere le proprie rilevazioni e analisi in modo più rapido, potendo contare
sul percorso già svolto dalla scuola e assumendone gli esiti.
Da un punto di vista
normativo la Commissione europea, con la Raccomandazione del Parlamento europeo
del 2011 sulla collaborazione europea per la valutazione della qualità
dell’insegnamento scolastico, ha proposto alcune linee guida in merito a
valutazione e alla autovalutazione e in base a questo raccomanda agli stati
membri di promuovere il miglioramento delle qualità dell’insegnamento
scolastico sostenendo ed eventualmente istituendo sistemi trasparenti di
valutazione della qualità. Questo al fine di incoraggiare l’autovalutazione da
parte degli istituti scolastici come metodo per fare delle scuole un luogo di
apprendimento e di perfezionamento, associando autovalutazione e valutazione
esterna sia di sviluppare la valutazione esterna allo scopo di fornire sostegno
metodologico all’autovalutazione e fornire un’analisi esterna della scuola che
incentivi un processo costante di miglioramento, non limitandosi solo al controllo
amministrativo.
In
quest’ambito di studio vi sono Paesi che possono vantare una tradizione di
studio e pratiche ben consolidate. Utilizzando una schematizzazione dei modelli
valutativi su base funzionale può essere individuato un primo modello avente come
finalità la regolazione dei livelli di qualità desiderati con riferimento sia
al funzionamento sia ai risultati, come per esempio nel caso di procedure di
accreditamento e rendicontazione. In questo caso la valutazione serve per
certificare il livello di qualità raggiunto e valutare la posizione della
scuola rispetto a standard predefiniti. Un secondo obiettivo è rappresentato
dall’accountability ovvero
dall’esigenza di rendere trasparenti il funzionamento e la performance della
scuola per sottoporle allo scrutinio di autorità centrali o locali o di stakeholder esterni (genitori ecc) . L’accountability è ricondotta
a considerazioni legate al dovere di rendicontazione e trasparenza fondamentali
delle società democratiche. La
valutazione delle scuole può agire come meccanismo per promuovere il
miglioramento. La restituzione dei risultati alle scuole può rappresentare lo
stimolo per azioni correttive , promuovendo forme di apprendimento
organizzativo. I modelli valutativi orientati all’accountability e al miglioramento
fanno riferimento a logiche valutative diverse, i primi tendono a dare
informazioni sull’esito complessivo delle performance di una scuola, assolvendo
quindi a una funzione sommativa della valutazione; i secondi possono prendere
in considerazione gli esiti dei singoli processi che portano alla realizzazione
del risultato e possono assolvere ad una funzione formativa. Il Miglioramento è
un filone di ricerca nell’ambito del school
improvement, a sua volta collegato ai contributi provenienti dalla
letteratura sulle school effectiveness,
riguardo lo sviluppo di politiche e di iniziative per migliorare le scuole e la
qualità educativa da esse fornito. Il termine miglioramento nella letteratura è
comunemente usato in due modi: in senso comune per descrivere gli sforzi
compiuti per rendere la scuola un posto migliore per gli studenti, gli
insegnanti e l’intera comunità (Reynolds, 1996); in senso tecnico per
descrivere i processi che la scuola intraprende in un ottica collaborativa con
tutti i soggetti che ne fanno parte per innalzare i livelli di apprendimento
degli studenti (Hopkins, Ainscow and West, 1994). Nell’alveo della letteratura
sul “school improvement” vengono indagati i processi legati al miglioramento
(per es. le condizioni organizzative, le modalità di lavoro didattico, la
formazione del personale docente, la responsabilizzazione delle famiglie, ecc.)
secondo un approccio bottom-up, che
localizza il potere ed il controllo a livello di chi concretamente può agire i
cambiamenti. L’obiettivo è quindi il miglioramento sia dei risultati degli
studenti sia della capacità della scuola di cambiare. In quest’ottica risulta
centrale il coinvolgimento di tutti gli attori dell’istituzione scolastica, compresi
gli studenti e i genitori.
Gli
studi sul miglioramento ci dicono che vi è un processo ciclico e iterativo tra
autovalutazione, valutazione e miglioramento. Per cui ad una fase di
implementazione del piano di miglioramento segue una percorso di autovalutazione
e/o valutazione che può essere affrontato secondo un approccio
multidimensionale. Per cui ad una fase di implementazione del piano di
miglioramento segue una percorso di autovalutazione e/o valutazione secondo un
approccio multidimensionale, che può essere affrontato secondo tre livelli:
-
In che modo la scuola utilizza un
approccio intelligente per massimizzare la propria efficacia complessiva come
comunità di apprendimento?
-
In che modo i piani di miglioramento a
livello di scuola stanno rafforzando le modalità di gestione e stanno avendo un
impatto diretto sulle classi, e soprattutto sui progressi e sui risultati degli studenti?
-
In che modo i piani di miglioramento si
focalizzano sia sui risultati che sulla qualità degli apprendimenti che si svolgono
nelle classi?
La
letteratura esistente e l’analisi delle esperienze straniere soprattutto in
relazione a contesti con una più forte
tradizione in questo ambito (Inghilterra, Olanda, Paesi bassi, Stati Uniti,
Svezia, Nuova Zelanda, nell’ultimo periodo in Germania) suggerisce che la
valutazione ha impatti differenti. Per esempio uno dei fattori considerati
importanti è chiarezza sui criteri
valutativi e gli indicatori che indicano la qualità della scuola, ovvero i
criteri valutativi e gli standard che indicano una buona scuola; alcune
condizioni sono associate per esempio alla relazione che si instaura fra
valutatori e scuole, in quanto questa può incoraggiare le scuole ad avere una
visione più aperta sui propri punti di forza e debolezza, e di conseguenza
agire poi sulle raccomandazioni ricevute.
L’Ofsted
ha dedicato numerosi approfondimenti allo stile comunicativo dei valutatori
considerando che come dice Mac Beath i valutatori portano con se un mandato che
non deve essere nascosto e che determina
la relazione anche comunicativa fra valutatori e scuola
Il
processo valutativo deve coinvolgere tutte le componenti della comunità
scolastica, così come i risultati della valutazione esterna dovrebbero essere
condivisi con le parti interessate , insegnanti , genitori comunità locale che
sono particolarmente sensibili ai risultati e questo porta a fare pressione per
il miglioramento.
Allo
stesso modo la letteratura evidenzia che la natura del feedback dato alle
scuole può influenzare l’implementazione successiva del miglioramento. Il
feedback per essere efficace:
-
fa un uso efficace delle informazioni
raccolte, così come dei risultati della visita per sostenere la scuola si
focalizza su un numero di obiettivi di miglioramento limitati è rilevante, chiaro,
utile;
-
stimola la creazione di una comunità di
apprendimento all’interno della scuola costruisce ponti con la comunità esterna
(per esempio i genitori) sostiene una equipe di gestione che a proprio volta
sia in grado di motivare e sostenere il raggiungimento dei risultati nel tempo.
Da un punto di vista
normativo la Commissione europea con la Raccomandazione del parlamento europeo
sulla collaborazione europea per la valutazione della qualità dell’insegnamento
scolastico ha proposto alcune linee guida in merito a valutazione e alla
autovalutazione e in base a questo raccomanda agli stati membri di promuovere
il miglioramento delle qualità dell’insegnamento scolastico sostenendo ed
eventualmente istituendo sistemi trasparenti di valutazione della qualità.
Questo al fine di incoraggiare l’autovalutazione da parte degli istituti
scolastici come metodo per fare delle scuole un luogo di apprendimento e di
perfezionamento, associando autovalutazione e valutazione esterna sia di
sviluppare la valutazione esterna allo scopo di fornire sostegno metodologico
all’autovalutazione e fornire un’analisi esterna della scuola che incentivi un
processo costante di miglioramento, non limitandosi solo al controllo
amministrativo.
Bibliografia –
Sitografia
Comoglio Mario, Insegnare e valutare competenze, atti
del Seminario "Valutare e certificare le competenze" in La valutazione degli apprendimenti (3a ed.),
MOOC a cura dell’Università di Modena e Reggio Emilia, responsabile
scientifico Prof. Cecconi Luciano, disponibile su https://learn.eduopen.org/
Poliandri Donatella –
INVALSI, VERSO UN SISTEMA NAZIONALE DI
VALUTAZIONE: INDICATORI DI RISULTATO E PROCESSI AUTOVALUTATIVI, Ufficio
Scolastico Territoriale di Brescia, ANALISI DATI INVALSI E PROCESSI
AUTOVALUTATIVI, Brescia, 21 novembre 2014.
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