Esiste un metodo per imparare e non coincide per ciascuno di noi ma è differenziato, in quanto personalizzato, cioè personale, efficace ed efficiente...
Insegnare
a studiare vuol dire facilitare una
simile esperienza con occorrenze
educative e adeguate al tipo di scuola e al tipo
di studente. il Metodo implica ragioni e passi coerentemente allo stile, alla dignità,
all'intenzione del soggetto nell'incontro con l'oggetto di studio.
Non
si sottolineerà mai abbastanza una verità didattica elementare: il vero docente
insegna proponendo un metodo di studio,
e propone un metodo insegnando,
giorno dopo giorno, in modo implicito ed esplicito, facendo ricorso ai mezzi,
alle risorse, agli obiettivi della propria disciplina.
Insegnare
a studiare non é un optional: un'attività superflua e
accessoria all'insegnamento delle discipline; un settore di competenza di alcuni docenti... i più volenterosi..., i
più "aggiornati".. E', a mio
parere, invece, una necessità educativa,
didattica e professionale, soprattutto oggi.
Insegnare
a studiare in modo esplicito e diretto significa programmare interventi razionali finalizzati all'orientamento, alla motivazione e al controllo del modo e degli
obiettivi dello studio delle diverse discipline, in un
misto tra regolazione ed autoregolazione nell'apprendimento. (Pellerey,
1990). Non si abbandona lo studente a se stesso,
quasi che le abilità di studio siano un
fatto naturale e non una conquista in una situazione di
apprendimento-insegnamento.
Né si dà un metodo, quasi che lo studente nel suo lavoro
possa essere sostituito da chi gli vuole più o meno bene. Si propone la ricerca
di un metodo dentro una pratica didattica caratterizzata da
flessibilità, trasparenza, creatività, collegialità, pluridirezionalità.
Flessibilità
vuol dire capacità di commisurare
e contestualizzare l'azione didattica tenendo conto dell'esigenze e della
struttura cognitiva, meta cognitiva ed affettiva dello studente, della natura delle abilità di studio (abilità di lingua e di pensiero, Boscolo 1986), della
disciplina insegnata, del tipo di scuola.
Trasparenza è la condivisione degli obiettivi, dei criteri di valutazione,
dei tempi e dei motivi del lavoro che si propone allo studente (agli
studenti). Si tratta di una doverosa
condivisione, che ha anche il merito di una maggiore efficacia nello studio. E' infatti dimostrato che gli
studenti, ai quali vengono anticipate e
comunicate le modalità e i criteri di valutazione, rendono di più e meglio. ( C. Pontecorvo
1973, pag. 133-135).
E'
trasparente un'azione didattica, che si svolge in un contesto di comunicazione
(messa in comune) di metodi, di
ipotesi e di strumenti, un contesto in
cui si cerca il consenso e il
coinvolgimento dello studente con la pazienza e la tenacia di una volontà
"fraterna" e nello stesso tempo "contrariante" (Lenas).
Consenso, perciò, motivato, non
strappato; coinvolgimento libero, anche se non spontaneo, pazientemente cercato
perché si è consapevoli che l'apprendimento è responsabilità che non può
essere condivisa ( Novak-Gowin, pag. 23).
Si
tratta , in altre parole, di un itinerario negoziato, che superando il dilemma
o "fai come vuoi tu" o "fai come dico io", diventa il
cammino di un volere comune, un volere apprendere insieme (Meireu).
Per questo si richiede un'azione didattica creativa,
poetica, comprensiva di tecnica, di
scienza e di ispirazione; un'azione-gesto di comunicazione "vivente".
Insegnare
a studiare non è compito di alcuni, ma
di tutti i docenti, perché l'intenzione di fare apprendere é un proprium della funzione docente (Rebolu, pag73) e non c'è apprendimento senza meta-apprendimento (Novak-Gowin,
pag. 24).
Da qui l'importanza del consiglio di classe,
che dovrebbe favorire una sinergia ed
organicità di ragioni e di passi a cui
partecipano (o dovrebbero partecipare, pena la confusione o la scadimento
dell'apprendimento) i diversi insegnamenti e i diversi insegnanti.
Ecco
allora la necessità, all'interno del Consiglio di classe, di un confronto su
cosa è (o non é) il metodo di studio,
di una (ri)distribuzione e pianificazione degli interventi dentro la comunanza di orizzonte pedagogico, metodologico e valutativo da
ricercare instancabilmente.
Non è possibile che ciò che viene costruito da un
docente di lettere, per esempio, venga poi distrutto nell'ora di matematica, o
viceversa.
La
collegialità, di cui parlo, inerente alla funzione docente (a più livelli: educativo, didattico, legislativo), si esprime come compagnia in un lavoro comune
che si apre alle agenzie educative
del territorio e, sopratutto, ai
genitori.
Dico
"genitori" per la valenza e i
presupposti educativi dello studio. Il problema dello studio é un problema di
educazione, riguarda l'incontro con la realtà.
Si insegna a studiare educando
allo studio e mediante lo studio ( Mazzeo, 1989 ).
E sappiamo che non c'è
autentica educazione se si censura l'opera della famiglia.
Certamente il
coinvolgimento avverrà più sulle basi dello studio, sulle motivazioni e sullo
stile di vita dello studente, che sull'insegnamento delle strategie cognitive e
delle abilità intellettuali.
Ma non può né deve mancare.
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