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mercoledì 22 febbraio 2017

TACCUINO DI VIAGGIO DI UNA CONSULENTE PEDAGOGICA. INCONTRO TRA LAICI E RELIGIOSI ALLA MOSCHEA DI ROMA

di Giuseppina D’Auria

Il trenta novembre 2005 sono stata ospite, assieme ad un numero ristretto di personalità, di S.E. Abdellah Redauane, segretario generale Centro Islamico Culturale d’Italia, nella grande Moschea di Roma.
Alle ore diciotto è iniziato come previsto il tour della struttura. Situata in zona Stadio Olimpico, via della Moschea, salta subito all’occhio del passante, anche del più distratto. Sorge su un’area di 30.000 mq., destinata a servizi pubblici dal piano regolatore comunale, la cui donazione ad una associazione islamica dal Consiglio comunale di Roma, fu sostenuta dal Governo italiano nel 1975.
All’imbrunire la moschea è ancora più suggestiva, con la mezza luna che troneggia sulla cupola in stile arabo; intorno al corpo centrale porticati impreziositi da marmi intarsiati a mano e colonnati a forma di palmizi completano la visione degna di una favola delle mille e una notte.
Al suo interno ampi spazi e giochi di fontane la cui acqua parte dal corpo centrale e si dirama in canaletti che portano in tutte le direzioni fino al piazzale antistante l’entrata principale. Mosaici sapientemente assemblati secondo i versetti del corano e immagini simboliche completano l’interno della sala della preghiere, le cui colonne terminano con travate arrotondate a simboleggiare la palma, albero sacro; sul fondo della sala, una porta finta in direzione della Mecca, ricavata come bassorilievo al centro del mosaico centrale.
La moschea non è solo questo ma anche una struttura dove ci si documenta, si studia, si fanno congressi e riunioni, dove, senza discriminazioni e pregiudizi, si discute come in questa occasione.
Alle diciotto e quarantacinque, nella sala conferenze è iniziato l’incontro “ascoltare la città” presentato e introdotto da Amedeo Piva, Presidente della Praxis-Scuola di politica e territorio, alla presenza dell’Ambasciatore Scialoja, membro della consulta islamica, di S.E. Abdellah Redouane, Segretario generale Centro Islamico Culturale d’Italia, , di Victor Magior, assessore della comunità ebraica di Roma, di un gesuita, Padre Giovanni Lamannna, di Suor Michela Carrozzino, Direttrice del Centro Ricerca dell’Opera femminile don Guanella, di scout adulti e ragazzi; sono presenti assessori del comune e della provincia di Roma.
Piva ha esordito con i ringraziamenti di rito e con le presentazioni, indicando le finalità dell’incontro: “E’ utile conoscere le varie religioni per evitare i pregiudizi ed i pressappochismi. Occorre una conoscenza diretta grazie ad una documentazione e ad una partecipazione con l’altro. La diversità religiosa ci fa paura, ci crea disagio e quando si parla di stranieri e di religioni diverse si parla di dialogo senza comprendere la complessità che vi sta dietro così come per il significato della parola tolleranza. C’è una grande tolleranza, sul dialogo religioso si parla molto ma il termine non deve venire esagerato.
Per non ripetere gli errori già visti in Francia e nelle altre nazioni europee in questi ultimi giorni, è necessaria la sfida di accogliere ed integrare con il proprio lavoro, con la propria cultura le persone dialoganti; in questo modo Roma sarà una città dialogante”.
La parola passa ad Abdellah Redouane il quale osserva che grazie alla Scuola Praxis “la politica imparerà l’umiltà della scuola ed il rispetto per il cittadino”. Poi passa ai cenni storici sulla associazione italiana, unico ente morale islamico riconosciuto dal Presidente della Repubblica, denominata Centro Islamico Culturale d’Italia, costituita nel 1966 come ente apolitico che assiste materialmente e spiritualmente i musulmani in Italia ed ha la finalità di rafforzare il dialogo con le altre religioni italiane. Alla Moschea costruita nel 1975 sono state aggiunte sul territorio circostante le infrastrutture comunali per guadagnare la Metro e le ferrovie Roma Nord, una rete viaria così come prevista dal piano regolatore romano.
La cerimonia di inaugurazione della moschea si è svolta il ventuno giugno 1995 alla presenza del Presidente Scalfaro e di molte personalità italiane e straniere. Attualmente il Consiglio di amministrazione è presieduto dall’ambasciatore dell’Arabia Saudita ed è composto da 15 membri – tutti ambasciatori di paesi islamici – denominati capimissione.
“Molti politici hanno utilizzato il centro culturale islamico per gestire una convivenza in un contesto  territoriale in cui la diversità e la specificità delle varie religioni e confessioni sono ricchezza nella differenza. Il mare nostrum, il  trés d’union è diventato un cimitero, un esempio di disparità tra ricchezza e povertà, un Eldorado in cui i drammi degli immigranti, che tentano di sfuggire a problemi di guerra, si consumano giornalmente. Fino a quando potremo restare spettatori passivi ed impotenti di questi drammi che diventano banali fatalità, che ci accecano rendendoci indifferenti. Cosa sarebbero le religioni, l’arte e la letteratura senza i suoi immigrati?”
Attualmente siamo nell’anno islamico 1426, relativo all’immigrazione di Maometto dalla Mecca verso Medina, città più tollerante.
Tutti noi siamo stati nomadi ed emigranti per l’instancabile ricerca che porta a comprendere il senso delle cose ed i meccanismi fondanti”. Gli spostamenti temporali hanno prodotto melange, ibridi etnici, il destino dell’immigrazione abbraccia la geopolitica nello spazio e nel tempo.
“Essi rappresentano l’esempio della frammentazione degli imperi e rinviano in maniera più profonda ai contenuti fondamentali dell’asilo, rapporto contingente di ciascuna creatura con l’ambiente circostante che deve portare al coraggio di difendere i valori.
Kant parla dell’ospitalità universale come diritto nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo, promulgata più di cinquanta anni fa, oggi è un valore commerciale; è cambiato con l’uomo il diritto all’immigrazione.
La dignità umana, civile, sociale, culturale, economica, politica oggi lamenta l’ideologia del lasciar fare, dell’assenza di regole. Porta a pensare che i semplici obiettivi umanistici siano solo legati al diritto e alla politica di cui è lo strumento e lo specchio, trascrivendo le politiche immigratorie, spostandone l’evoluzione. La posizione e lo statuto dell’immigrato cambia da paese a paese. L’Italia non ha ancora un suo modello e da ciò dipende la società di domani, proiezione del ‘cantiere sociale’ odierno. L’Italia può, se vuole, svolgere un grandissimo ruolo tra le società del Nord e del Sud del mondo”.
Piva interviene passando la parola a Vicktor Magior, assessore della comunità ebraica di Roma. “E’ importante conoscersi e dialogare, convivere è difficile ma bello, ci vuole conoscenza, impegno, piacere. Il Dio degli Ebrei è giusto e misericordioso. Come minoranza è difficile vivere in una maggioranza se non è civile e democratica. Principi e regole che stabiliscono che l’uomo è sacro,  che la vita è sacra ed è necessario capire che le differenze sono importanti e non è possibile spiegare che il dialogo triangolare fa bene ai nostri cervelli e ai nostri cuori”. Il venticinque gennaio sarete graditi ospiti alla Sinagoga”. Piva pubblicizza il libro scritto da Magior intitolato “E venne la notte” e passa la parola al Presidente di un Centro anziani di Corviale e successivamente al rappresentante della Parrocchia di Torre Angela. I due parlano di pacifica convivenza e di abitudine per il rispetto reciproco. “Gli anziani sono venuti a vedere per capire”e puntano alla riqualificazione del quartiere attraverso la “lotta al disagio” e al dialogo. Padre Giovanni La manna, gesuita del Centro Guastalla parla di allontanare l’”idea della paura e del pericolo che finisce nella relazione mentre il rapporto con l’altro dovrebbe venire vissuto  senza condizionamenti esterni. L’educazione, nel quotidiano, è indice di quanto le persone possano entrare ed essere parte della realtà in cui vivono. Il discorso dell’utile svilisce la dignità della persona. La convivenza tra diverse persone è resa più facile dall’accoglienza che noi italiani riusciamo  a dare. La maggioranza degli italiani sono disposti a vivere in pace. La speranza condivisa è quella di crescere nell’accoglienza della persona.
Piva passa la parola per pochi minuti a Suor Michela Carrozzino, Direttrice del Centro Ricerca nazionale dell’Opera femminile don Guanella la quale esordisce usando un sillogismo:”questo mosaico sapientemente realizzato dagli artigiani arabi rappresenta meglio d’ogni altra cosa come la diversità di tanti tasselli può completarsi in una unico grande disegno, arricchendo l’insieme di tante specificità. Già al congresso di Tunisi gli stati hanno dato possibilità di confrontarci sulle problematiche dell’handicap poiché il massimo della ricchezza umana la vediamo nelle persone disabili chiamate da don Guanella Perle Preziose. Come operare concretamente la condivisione e il dialogo è stato l’argomento del congresso internazionale di Lisbona dove tutto è iniziato nel nome di Dio clemente e misericordioso, attributo dato a Dio nel proprio discorso anche da S.E. Abdellah Redouane e da Berliri. La misericordia è una corda tesa che i laici chiamano integrazione”. Un arabo, consigliere comunale aggiunto dell’amministrazione romana, parla dei problemi degli immigrati e della politica che conta e dirige il Paese.
La parola viene presa da un Capo Scout Adulti il quale parla “dell’interreligiosità come una norma interna agli scout che si fonda sulla fratellanza internazionale e interreligiosa, i quali, nei prossimi giorni, porteranno la luce da Betlemme (città della pace)nelle carceri, negli ospedali, nei centri per tossicodipendenti e nelle carceri minorili di Roma che, a sua volta, diventerà città della pace”. Un avvocato, De Panfilis,  chiede la  parola per domandare a Redouane “come considerate la rimozione dei simboli religiosi. La globalizzazione si può conciliare con la rimozione delle specificità locali? La condivisione dei destini dell’uomo dal punto di vista culturale ed umanistico è possibile?”.
Redouane, con calma, replica che sono stati fatti interventi differenti ma tutti rivolti in una unica direzione, di sguardi comuni verso lo stesso destino. Il passaggio da un mondo all’altro è fonte di felicità, fatta di piccole cose, di incontro con gli uomini e di incontro con i luoghi. Questa sera abbiamo creato un’atmosfera in cui si può dialogare.
Parlare della rimozione dei simboli religiosi può essere imbarazzante, Redouane è contrario all’imbarazzo in quanto “come rappresentante di un ente  istituzionale” ha il “dovere e la responsabilità di affermare che in nome della religione e della identità nessuna chiusura è ammessa. Il velo è lasciato alla libertà della persona. Un sociologo francese ha fatto uno studio su un risultato disastroso per una ragazza islamica che ha rifiutato, anni fa, di togliere il velo a scuola e, per questo, ne è stata estromessa e allontanate. Il sociologo, facendole una domanda dopo anni, sul suo gesto e se lo avesse rifatto ha ottenuto una risposta negativa poiché in questo modo lei aveva perso l’istruzione e, di conseguenza, il suo posto nella società”.  Piva passala parola all’Ambasciatore islamita Scialoja il quale con poche battute parla delle possibilità delle religioni le quali “correttamente intese uniscono ma non dividono. Quello che rende complesse le società attuali è la diversità e la paura dell’estraneo. Il Signore ha detto: vi ho creato da una unica coppia ed ho fatto tribù e nazioni affinché possiate conoscervi. Scialoja aggiunge terminando che è necessario “seguire il comandamento del Dio dei Cristiani, degli Ebrei e dei Musulmani” .
La serata è continuata fino a tardi con una cena a base di cous-cous condito da diverse salse e contorni preparati secondo la tradizione araba, con lo scambio dei recapiti  e degli indirizzi tra persone uguali e vicine che hanno apprezzato la reciproca compagnia. Io sono stata spettatrice e attrice di un evento piccolo ma significativo per lo scenario futuro, sia romano che internazionale in quanto a breve sarà costituita una associazione Onlus denominata Mediterraneo Senza Handicap a cui hanno già dato adesione molte delle personalità presenti a questa serata, senza distinzioni di razza, religione e condizione, che si occuperà di favorire il dialogo, la ricerca, lo scambio, il sostegno, la fattività di tutti i popoli del Mediterraneo contro l’Handicap.


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