di Giuseppina D’Auria
gdauria@hotmail.com
Le relazioni fra azienda e
lavoratore sono estremamente varie, complesse e regolate da una serie di norme
che definiscono le diverse tipologie di contratto fra le parti.
Chi entra per la prima volta nel
mercato del lavoro o chi decide di cambiare posizione lavorativa, si troverà di
fronte ad un variegato panorama di contratti di lavoro, alcuni che seguono i
vecchi e “tipici” modelli, altri più innovativi, in linea con la eccezionale
espansione del “lavoro atipico”.
In questa sede cercheremo di
spiegare i punti salienti delle diverse tipologie di contratto, evidenziando la
tendenza, oggigiorno presente, verso una progressiva flessibilizzazione del
rapporto impresa – lavoratore, conseguenza delle numerose leggi e riforme
riguardanti il mercato del lavoro.
A proposito ricordiamo la Legge Finanziaria
del 2004 (legge 24 dicembre 2003:), la Legge Finanziaria
del 2005 ( Legge 30 dicembre 2004:) e la Legge sulla Competitività (Legge n.80/05 di
conversione del D.L.35/05:), che modifica alcuni istituti della Riforma Biagi
(Legge 30/03).
L’obbiettivo ultimo di questa
serie di riforme è incrementare i tassi di occupazione regolare e migliorare la
qualità del lavoro. Per questo motivo si è deciso di intervenire proprio sulle
caratteristiche del lavoro atipico, contrastando l’abuso di forme improprie di
flessibilità e introducendo nuove tipologie di lavoro modulato e flessibile.
Le forme contrattuali attuali,
classificabili in quattro categorie, sono le seguenti.
Il contratto di lavoro
subordinato è l’accordo con il quale il lavoratore si impegna a prestare la
propria attività lavorativa all’interno dell’organizzazione produttiva del
datore di lavoro, tenuto a pagare la retribuzione. Dal contratto scaturiscono
obblighi per le due parti: il lavoratore, per esempio,dovrà osservare le
direttive impartitagli dal datore per lo svolgimento del lavoro, mentre quest’ultimo
dovrà, oltre che pagare la retribuzione, garantire la sicurezza nell’ambiente
di lavoro.
Una delle clausole più comuni di
questa tipologia di contratto è il patto di prova, la cui durata, generalmente
prevista dai contratti collettivi, non può superare per legge i sei mesi, e
dovrà essere stipulata in forma scritta prima dell’inizio dei rapporti di
lavoro, pena la nullità.
Di seguito le tipologie di
contratto di lavoro subordinato:
Apprendistato: rapporto in cui
l’imprenditore si impegna a impartire/o far impartire la formazione necessaria
affinché il lavoratore possa conseguire la capacità tecnica per diventare
qualificato.
Contratto di Inserimento:
contratto che sostituisce il precedente “Contratto di Formazione e Lavoro”. Il
Contratto di Inserimento lavorativo porta all’inserimento, o al reinserimento,
del lavoratore nel mercato del lavoro mediante un progetto individuale di
adattamento delle competenze professionali del soggetto a un determinato
contesto lavorativo. È un contratto a termine, di durata non inferiore a 9 mesi
e non superiore a 18 mesi (nel caso di portatori di handicap può arrivare fino
a 36 mesi).
Contratto a Tempo Determinato: il
contratto di lavoro a termine può essere stipulato quando vi siano ragioni di
ordine tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che richiedono un
incremento di manodopera per un periodo di tempo limitato. Si può pensare, ad
esempio, ad incrementi di attività dovuti a circostanze eccezionali, alle
attività stagionali, alla sostituzione di lavoratori assenti per malattia,
ferie, ecc. L’assunzione a termine non è invece ammessa nei seguenti casi: per
sostituire lavoratori in sciopero; per le aziende che abbiano effettuato
licenziamenti collettivi nei sei mesi precedenti l’assunzione (salvo alcuni casi
particolari indicati dalla legge); per le aziende che sono ammesse alla Cassa
Integrazione Guadagni; per le aziende non in regola con la normativa in materia
di sicurezza sul lavoro.
Lavoro Ripartito (job sharing):
il lavoro ripartito, o job sharing, è uno speciale contratto di lavoro mediante
il quale due lavoratori assumono insieme l’adempimento di un’unica ed identica
obbligazione lavorativa. I prestatori si impegnano pertanto a coprire la
prestazione lavorativa e possono determinare a tal fine discrezionalmente e in
qualsiasi momento sostituzioni tra loro; possono modificare consensualmente la
collocazione temporale dell’orario di lavoro, anche per sopperire
all’impossibilità della prestazione da parte di uno dei due.
Lavoro Intermittente (job on call):
il lavoro intermittente è un contratto mediante il quale un lavoratore si mette
a disposizione di un datore di lavoro, che può utilizzare la prestazione
lavorativa quando ne ha effettivo bisogno. Questo tipo di contratto può essere
instaurato sia a tempo determinato che a tempo indeterminato e, diversamente
dal contratto di somministrazione, è stipulato direttamente tra datore di
lavoro e lavoratore. Questa tipologia di contratto può essere indirizzata solo
a giovani disoccupati con meno di 25 anni e a lavoratori con più di 45 anni
“espulsi” dal ciclo produttivo (licenziati o iscritti in lista di mobilità e
presso i Centri per l’impiego come disoccupati). I lavoratori che non rientrano
in queste categorie possono stipulare questo tipo di contratto solo per
prestazioni discontinue e non individuate dai contratti collettivi di lavoro o,
in assenza, dal Ministero del Lavoro con apposito decreto ministeriale.
Somministrazione di lavoro:
contratto che sostituisce il precedente “Lavoro Interinale”. Con la somministrazione
di lavoro si instaura un particolare tipo di contratto di lavoro subordinato
che coinvolge tre soggetti: il somministratore, l’utilizzatore e il lavoratore.
Il lavoratore è assunto dal somministratore, ma viene inviato a svolgere la
propria attività presso l’utilizzatore (c.d. missione). Tra somministratore e
utilizzatore viene stipulato un contratto di fornitura di manodopera, che è un
normale contratto commerciale.
Part-Time: il contratto di lavoro
a tempo parziale prevede un orario inferiore rispetto a quello normale indicato
dalla legge o dal contratto collettivo. Si distinguono tre tipologie di lavoro
part-time: Orizzontale (riduzione dell’orario normale giornaliero di lavoro);
Verticale (attività lavorativa svolta a tempo pieno ma limitatamente a periodi
determinati della settimana, mese e anno) e Misto (combinazione dei
precedenti).
Lavoro a progetto: il lavoro a
progetto sostituisce la precedente accezione di rapporto di collaborazione
coordinata e continuativa, regolamentandone sia la forma contrattuale che la
finalità. Il contratto di lavoro a progetto deve avere forma scritta e deve
indicare: la durata (determinata o determinabile in base al raggiungimento di
un determinato obiettivo); il progetto; il programma o la forma di lavoro;
l’ammontare del corrispettivo erogato; l’indicazione dei tempi e modi di
pagamento; l’indicazione delle modalità di retribuzione di determinati rimborsi
o spese; le forme di coordinamento del lavoratore con il committente e le
misure di sicurezza adottate nei confronti del lavoratore.
Lavoro occasionale: la
collaborazione occasionale è caratterizzato da un duplice requisito: durata
complessiva non superiore a 30 giorni nel corso dell’anno solare con lo stesso
committente e un compenso non superiore a cinque mila euro nello stesso anno
solare e con lo stesso committente.
Il contratto di lavoro
parasubordinato si pone al confine tra lavoro subordinato e lavoro autonomo,
presentando elementi tipici dell’uno e dell’altro.
Questa forma contrattuale non
prevede l’instaurarsi di un rapporto di lavoro dipendente, ma è una prestazione
lavorativa in cui le modalità di lavoro, la durata ed il relativo compenso sono
stabiliti da un contratto stipulato dalle parti.
Tale contratto non obbliga né
all’iscrizione ad albi professionali, né l’apertura di una partita IVA ed è
applicabile a chiunque: disoccupato, inoccupato o in cerca di altra occupazione
(Art.2094 c.c; D.Lgs. 26 maggio 1997; Art.2106 c.c.).
Di seguito le tipologie di lavoro
parasubordinato:
Collaborazioni Coordinate
Continuative: i collaboratori coordinati e continuativi sono lavoratori che
svolgono la loro attività con regole stabilite in un contratto di lavoro
individuale nel quale sono fissati la durata, le modalità e il compenso del
lavoro. Questo tipo di contratto non prevede automaticamente l’unicità della
prestazione, pur potendo prevedere in alcuni casi l’esclusività. Il lavoratore,
quindi, può accedere ad altri contratti di collaborazione, a meno che non ci
sia un esplicito divieto dettato da una norma precisa del contratto
individuale. La collaborazione coordinata e continuativa non obbliga
all’apertura di partita Iva.
Lavoro a Progetto: si tratta di
nuovo contratto recentemente regolato dal decreto legislativo 276/03 con
l’intento teorico di limitare l’uso di quelle collaborazioni coordinate e
continuative, che - avvalendosi di un ridotto costo del lavoro - nella sostanza
mascherano rapporti di lavoro dipendente. In realtà anche la nuova norma, senza
un adeguato intervento della contrattazione collettiva, consente di celare
dietro a un contratto a progetto un rapporto di lavoro dipendente a tutti gli
effetti.
Collaborazioni occasionali: si
tratta di “attività lavorative di natura meramente occasionale rese da soggetti
a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mondo del
lavoro, ovvero in procinto di uscirne” (art. 70, comma 1). L’istituto in esame
è una novità introdotta dalla legge di riforma del mercato del lavoro. Tale
scelta legislativa risponde a due diverse finalità: da un lato, l’intento di
tutelare quelle forme di lavoro che, per il loro carattere “secondario” e
discontinuo, rischiano di sfuggire alle tutele fornite dalle disposizioni
legislative, rimanendo spesso nel mondo del sommerso; dall’altro, l’impegno a
favorire l’inserimento di fasce cosiddette “deboli” nel mondo del lavoro.
Possiamo definire “lavoro
autonomo” qualsiasi prestazione compiuta senza vincoli di subordinazione; sono
attività di lavoro autonomo, per il Codice Civile, sia quelle svolte dagli
imprenditori sia quelle svolte dai professionisti, dagli artisti, dai
consulenti
Appalto: l’appalto è il contratto
con il quale una parte assume con organizzazione dei mezzi necessari e con
gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un
corrispettivo in denaro.
Associazione in Partecipazione
:l’associazione in partecipazione è disciplinata dall’art. 2594 c.c. è consiste
nell’apporto in capitale o in prestazione lavorativa, che l’associato da ad una
impresa in cambio della partecipazione agli utili della stessa.
Va evidenziato che la gestione
della società resta interamente nelle mani del titolare anche se la sua
gestione dovrà essere improntata in modo tale da non pregiudicare le
aspettative dell’associato.
Tale rapporto, pertanto, non
origina un rapporto associativo.
Lavoro Accessorio: per
prestazioni di lavoro accessorio s’intendono tutte le attività lavorative
occasionali rese da soggetti che non hanno ancora fatto ingresso nel mercato
del lavoro o che rischiano l’esclusione sociale. La attività non può superare i
30 giorni nel corso dell’anno e non dà luogo a compensi maggiori di 3000 euro
complessivi. Nello specifico, possono utilizzare questo contratto, i lavoratori
extracomunitari, i pensionati, gli studenti, le casalinghe, i disoccupati da
oltre un anno, i disabili e le persone in comunità di recupero rivolgendosi ai
servizi per l’impiego delle province nell’ambito territoriale di riferimento.
Lavoro Autonomo Occasionale:
questo contratto disciplina l’affidamento di un incarico ad un qualsiasi
soggetto (lavoratore dipendente, autonomo, professionista, pensionato,
disoccupato, studente, ecc.) per una prestazione di lavoro occasionale, svolta
nella piena autonomia, al di fuori della struttura organizzata del committente,
libera da vincoli di orario e senza carattere di continuità o ripetitività
dell’incarico.
Altre forme di lavoro:
Tirocinio (Stage): contrariamente
al contratto di lavoro, l’obiettivo principale del contratto di tirocinio non
consiste nella prestazione lavorativa eseguita dietro retribuzione, bensì nella
formazione della persona in formazione. Le disposizioni legali del contratto di
lavoro si applicano in generale anche al contratto di Tirocinio, ma questo
contratto comporta anche altre disposizioni particolari. Il contratto di lavoro
dei/delle tirocinanti deve in particolare essere concluso per iscritto e
approvato dall’ autorità competente designata dal cantone. In linea di massima
il contratto di tirocinio viene concluso per tutta la durata della formazione
professionale di base. Trascorso il periodo di prova, il contratto non può più
essere disdetto fino al termine della formazione, salvo nel caso in cui la
disdetta venga data per cause gravi.
Tirocini Estivi di Orientamento:
la legge li definisce come tirocini promossi durante le vacanze estive a favore
di un adolescente o di un giovane, regolarmente iscritto a un ciclo di studi
(università o qualsiasi istituto scolastico di ogni ordine e grado) con fini
orientativi e di addestramento.
Piani di Inserimento Professionale:
hanno lo scopo di migliorare la formazione e di facilitare l’inserimento
professionale dei giovani nelle aree del mezzogiorno e nelle altre aree
depresse. I progetti sono realizzati dal Ministero del lavoro d’intesa con le
regioni interessate e prevedono periodi di formazione e di esperienze
lavorative presso le imprese.
Al termine il datore di lavoro
può assumere il giovane con Contratto di Formazione Lavoro.
Esiste, al di là di ogni discorso
sulle tipologie contrattuali, un problema molto serio: quello dei cattivi capi che danneggiano l’azienda
Badbossology: significa letteralmente “proteggere le persone e le
aziende dai cattivi capi”. Manager poco educati, aggressivi oltre misura e
persecutori nei confronti degli altri possono danneggiare sia la salute del
singolo individuo che la redditività dell’azienda. Analizziamo questa nuova
patologia lavorativa e vediamo le possibilità di intervento.
Nel mondo del lavoro si sta
assistendo ad un fenomeno sempre più specifico dell’estrema flessibilità e mobilità
del mercato: “cattivi capi” che gestiscono male i collaboratori e l’azienda. Un
esempio della diffusione del fenomeno? Con Google si possono trovare oltre
33mila voci che trattano il problema!
La tendenza è in aumento, come
dimostrano gli studi della SDA Bocconi, dove molti manager si trovano a
convivere con capi o colleghi impossibili.
In America i ricercatori della
Marshall Schoool of Business hanno calcolato che il numero di impiegati
maltrattati dai boss almeno una volta alla settimana è passato dal 20% del
1998, al 48% del 2005.
Il rischio di stress eccessivo è
serio, poiché, come dice Richard Conniff, autore di uno studio specifico sul
tema, un capo sgradevole può provocare l’aumento del cortisolo, l’ormone dello
stress, minando lo stato psicofisico del lavoratore.
Secondo le psicoterapiste
Katherine Crowley e Kathi Elster, autrici di “Lavorare con te mi sta
uccidendo”, ci sono cinque profili di badboss.
Il “ladro di idee” si appropria
delle idee altrui, spacciandole per sue, mostrando così ai superiori le sue
qualità e negando l’apporto degli altri.
Per “incontentabile”, si intende
quel capo che pensa di essere solo lui l’unico bravo in azienda. Gli altri
sbagliano e non danno mai il massimo e l’eccellenza negli altri non esiste. Per
ogni parola di lode ne segue una dove si evidenzia il limite del proprio
collaboratore.
L’egocentrico pensa che l’azienda
sia un enorme teatro dove deve essere messo in scena il suo show. Non delega,
poiché non reputa gli altri capaci quanto lui. E non sopporta nemmeno le
critiche: anche quando sbaglia nega l’errore, inventando scuse anche
incredibili!
Per “inamovibile” si intende quel
capo che ossequia sempre i superiori e non genera nessun attrito con i colleghi
e viene premiato per anzianità e non per le capacità.
Il “seduttore” invece è convinto
che la via per il successo passi attraverso il suo fascino. La via più breve è
sempre la migliore da seguire e gli errori vanno nascosti e mai svelati.
In Italia il modello di “badboss”
più diffuso è l’egocentrico che tratta gli altri come “bimbi scemi”, per usare
le parole di Beatrice Bauer, psicologa alla SDA Bocconi.
Il sistema italiano è organizzato
principalmente in modo top-down, un modello insostenibile per molti stranieri,
dove il peer-to-peer risulta,
sopratutto nel sistema anglosassone, vincente.
Siete maltrattati dal capo? Per
Crowley e Elster è sufficiente rispondere a cinque domande per capire se siete
vittima di un “cattivo capo”: 1) vi sentite spesso manipolati da lui/lei?; 2)
relazionarvi con lui non vi fa dormire bene?; 3) per sopportare questa
relazione patologica abusate di cibo, alcool o medicinali?; 4) pensate che
l’autostima sia calata da quando avete iniziato a lavorare con lui/lei?; 5)
avete iniziato a dubitare delle vostre capacità?
Se la risposta è sì alla maggior
parte delle domande, almeno quattro su cinque, allora è il caso di pensare di
cambiare lavoro, oppure ufficio. Oppure bisogna affrontare il capo, mostrando
che siete cattivi almeno quanto lui!
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