Per cominciare è utile riflettere su ciò che potrebbe costituire un diario.
Fisicamente, potrebbe essere un quaderno, un raccoglitore ad anelli pieno di fogli, una raccolta su disco magnetico oppure un nastro audio su cui registrare avvenimenti quotidiani. Ogni persona usa il diario in maniera diversa. Come sostiene R. Klug: il diario è sì un luogo per registrare avvenimenti quotidiani, ma è anche uno strumento di auto-conoscenza, un aiuto alla concentrazione, uno
specchio per l'anima, un luogo per generare e acquisire idee, una valvola di sicurezza per le emozioni, una palestra per lo scrittore e un buon amico e confidente. Se da una parte il diario è un luogo che 'lascia tutto fuori', dall’altra aiuta a dare un senso a ciò che è fuori. L’esperienza della scrittura diaristica rappresenta un’area di confine che crea una dialettica tra vita privata e mondo esterno. Ma può la scrittura di un diario assumere il valore di una forma letteraria compiuta? Oppure - per citare il giovane Lukács - che cosa può conferire forma ad un diario? Il diario è un continuo tentativo dello scrivere di sé, è un testo ferito che non aspira a nessuna unità o compattezza ma è continuamente avido di cicatrizzarsi nell'assorbire aspetti del vivere che altrimenti sfuggirebbero. Qual è, dunque, la forma che un diario dovrebbe inizialmente prendere? Secondo T. Rainer a molti piace iniziare il diario con una sorta di libera scrittura: costoro, per un certo periodo, scrivono nel diario ciò che viene loro in mente, lasciando emergere liberamente pensieri ed esperienze, anche “accantonate”. Ad altre
persone piace iniziare un diario scrivendo pagine e pagine che hanno il sapore di una vera e propria autobiografia. (…).
La scrittura diaristica è come un ponte, lo si attraversa e si arriva sempre da qualche parte. E’ un beneficio per le persone sane, in quanto scarica la tensione e consente di “rivisitarsi dentro”, ma anche per le persone disagiate o affette da malattia, in quanto scrivere su un quaderno le proprie ansie, paure, preoccupazioni, certamente dà sollievo e conforto. E’ uno strumento di creazione di uno specchio, in cui ci si può "leggere". Essa consente alla persona di raggiungere le emozioni, anche quelle più difficili o nascoste, ed è l'anello tra l'esperienza di tutti i giorni e la sua rielaborazione. Gli esperti ne consigliano l’uso agli adulti che vogliano riordinare le proprie idee, agli anziani per migliorare la coscienza di sé e prevenire l'Alzheimer, ma anche ai giovani, come una guida alla riflessione. In campo pedagogico, il passaggio progressivo verso un’indispensabile auto-consapevolezza, attraverso la narrazione scritta di sé, consiste nel ri-allacciare rapporti con il proprio Io, scoprendo il piacere di ascoltarsi e di parlarsi, in cui il confronto aperto e autentico con sé stessi implica il coraggio di mettersi in discussione e di promuovere crescita e cambiamento. In questa prospettiva, assume rilevanza il Counseling Diarioterapico rivolto agli adolescenti: si tratta di un ambito di intervento specifico, diverso dal sostegno che si fornisce sia agli adulti che ai bambini. Essendo l’adolescenza una fase di crescita, in cui il cambiamento diventa un elemento centrale per la costruzione della personalità, il supporto offerto da questa forma di relazione di aiuto può essere molto importante per risolvere le tante situazioni di tensione e di stress che sempre più spesso i giovani si trovano a vivere. Atteggiamenti e comportamenti a rischio sono soliti svilupparsi proprio nel periodo adolescenziale, perciò l'attività preventiva deve essere instaurata prima dell'insorgenza di un disagio e dunque il counseling diarioterapico deve essere volto ad analizzare e prevenire anche i problemi legati ai bassi risultati scolastici, considerato che, questi, potrebbero essere predittori di problemi comportamentali in generale. Alla luce di quanto detto fin qui, l’Educatore (insegnante, pedagogista, assistente sociale…) potrà aiutare il giovane a “fare silenzio dentro di sè”, per passeggiare nelle profondità del proprio animo, in mezzo ai ricordi e iniziare a narrarli, anche per elaborarli. Il diario è sì un deposito di emozioni, di sogni, di bisogni, di desideri, ma è anche un luogo di elaborazione dei conflitti fra sé e il mondo, sé stessi e la famiglia, sé stessi e la propria identità in mutazione continua. E’ il tempo dell’incontro con il proprio centro interiore, lo spazio entro cui - anche nell’età adulta - costruire la propria soggettività e la direzione del proprio progetto di vita. Ogni pagina scritta ha un effetto liberatorio, è una strategia maieutica per entrare in relazione con i propri vissuti intensi e profondi, per dare voce ai sogni più segreti, alle paure più nascoste e difficili da comunicare persino a sé stessi. Confidare ad una pagina inquietudine, rabbia, dolore, delusione e paura, serve a lasciarli andare. Significa fare un primo passo verso la loro risoluzione. In questo modo, il giovane sperimenterà il senso dell’auto-efficacia che si trasforma in un’esperienza narrativa-emozionale molto carica e in grado di restituirgli la percezione e la consapevolezza di essere agente attivo nei confronti delle scelte operative richieste dalla realtà di vita.
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