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mercoledì 24 gennaio 2018

Alfabetizzazione delle emozioni in situazioni di malessere giovanile

Alfabetizzazione delle emozioni  in situazioni di malessere giovanile Disagio scolastico ed alfabetizzazione emozionale:  
L'analfabetismo emozionale e relazionale rappresenta sicuramente una forte dose  di rischio e pericolo per la società.  
L'esclusione o la marginalizzazione nei programmi scolastici di spazi da destinare  alla formazione emozionale, è un indicatore negativo che può spiegare, tra l'altro,   l’impotenza delle istituzioni scolastiche di fronte all'aumento delle difficoltà e del disagio, oltre all'insorgenza di alcuni disturbi fra gli adolescenti e i bambini  (Mariani, 2001). 

Il  disagio giovanile  rilevabile in ambito scolastico, utilizzando una definizione  abbastanza diffusa, è inquadrato come “uno stato emotivo, che non si ricollega  significativamente a disturbi di tipo psicopatologico, linguistici o di ritardo cognitivo”.  Le sue manifestazioni comprendono “un insieme di comportamenti disfunzionali  (scarsa partecipazione, disattenzione, comportamenti prevalenti di rifiuto e di disturbo, cattivo rapporto con i compagni, ma anche assoluta carenza di spirito critico), che non permettono al soggetto di vivere adeguatamente le attività di classe e di apprendere con successo, utilizzando il massimo delle proprie capacità cognitive, affettive e relazionali". (Mancini e Gabrielli, 1998). 
Inoltre, la sofferenza psicologica, come evidenziato dalle ricerche in questo settore, può comportare stress, ricollegabile alle prestazioni scolastiche, comportamenti di angoscia e insicurezza, problemi di comunicazione, sintomi di tensione e assunzione di sostanze psico -attive (Baraldi e Turchi, 1990). 

Questi comportamenti disfunzionali sono facilmente rintracciabili nella  popolazione in età scolastica, distinguendosi come carenze riconducibili all’intelligenza emotiva.
Questi comportamenti se sono giudicati isolatamente possono non destare eccessiva preoccupazione, invece, valutati globalmente rappresentano un indicatore del mutamento in corso. “È un nuovo tipo di tossicità che si infiltra e avvelena l'esperienza stessa dell'infanzia e dell'adolescenza, rivelando 
impressionanti lacune di competenza emozionale" (Goleman, 1995). 

Nel mondo giovanile, le molteplici difficoltà indicate derivano dalla vita di relazione e rappresentano un fattore di rischio che può costituirsi, tra l’altro, come motivo di depressione (Braconnier, 1998). 
Quest’ultima, oltre a essere una condizione generale di tristezza, è caratterizzata da apatia, abbattimento, autocommiserazione paralizzante e senso di disperazione schiacciante. 
Generalmente, gli adolescenti che vivono episodi depressivi hanno scarsa propensione a definire i propri stati d'animo, e provano difficoltà a comunicare la tristezza manifestando, invece, con più frequenza rabbia e ostilità, inquietudine, nervosismo e irritazione, malumore, ecc. (Marcelli, 1994).
Diventa perciò problematico garantire da parte di genitori o insegnanti l'aiuto necessario, tanto più che spesso molti ragazzi pensano di dover lottare da soli contro la propria sofferenza.

L'analisi dei motivi sottesi alla depressione e al disagio nei giovani, fa rilevare carenze in alcune aree di competenza emozionale, principalmente nelle abilità relazionali e nel modo inadeguato di reagire alle sconfitte che induce al pessimismo e alla disperazione. 
L'esigenza di agire preventivamente nei casi di giovanissimi che mostrano per lungo tempo, e non occasionalmente, comportamenti di disperazione incontenibile, irritabilità, chiusura e malinconia profonda, si fonda sull'evidenza che tali difficoltà persistenti avvertite nella fase evolutiva possono diventare più critiche e devastanti in età adulta (Lanzi, 1994). 
Alcuni programmi educativi per i giovani, mirati ad insegnare capacità emozionali e relazionali basilari (ad esempio, come migliorare i rapporti con i genitori, instaurare amicizie, aiutare un compagno in difficoltà, intraprendere attività ritenute piacevoli), sono in grado di abbassare il rischio di depressione, anche della metà. 
In tali programmi, si sperimenta concretamente la possibilità di gestire particolari sentimenti e di affrontare i modi di pensare pessimistici che si associano ai comportamenti depressivi (Stark, 2000).

Tutti gli studi presentati negli ultimi anni convergono nell’indicare quali sono le gravi difficoltà prodotte dalle lacune che si riscontrano nelle competenze sociali o emozionali dei giovani: 
chiusura in se stessi, dipendenza dagli altri o da sostanze psico-attive, ansia e depressione, squilibri alimentari, difficoltà nell’attenzione e nella riflessione, aggressività e fenomeni di prevaricazione, ecc. 
Le misure correttive e preventive sono rappresentate principalmente da interventi formativi che pongono l’apprendimento di abilità emozionali come obiettivo primario, assicurando numerosi vantaggi educativi (ad es. minore frequenza di scontri e disturbi in classe, maggiore interesse e spirito di collaborazione, migliori risultati scolastici).

I numerosi progetti che da alcuni anni si stanno realizzando nelle scuole con l’intento di costituire
una “vaccinazione psicologica” contro il disagio, trovano riscontro nelle concezioni di Daniel Goleman (1996, 1998, 2002) che ha formulato, nell'ambito delle neuroscienze, una nuova teoria della
mente emozionale definendo come il repertorio comportamentale dell'uomo sia in buona parte determinato dalle emozioni.  Nella letteratura psicologica, il termine emozione è usato per definire un evento multisistemico che interessa il piano dell’elaborazione  cognitiva e  dei resoconti  verbali  dell’esperienza soggettiva, il piano dei comportamenti motori  e quello delle risposte fisiologiche (D’Urso e Trentin, 1998).
Le dimensioni emozionali principali individuate e riconosciute  come universali ( Ekman, 1984), anche se non c’è concordanza tra studiosi, sono rappresentate da collera, tristezza, paura, gioia, amore, sorpresa,  disgusto, vergogna. L’intelligenza emotiva, il concetto impiegato da Goleman, si riferisce alla “capacità di riconoscere i nostri sentimenti e quelli degli altri, di motivare noi stessi, e di gestire positivamente le nostre mozioni, tanto interiormente, quanto nelle relazioni sociali” . Sono abilità complementari ma differenti dall’intelligenza, ossia da quelle capacità meramente cognitive rilevate dal Quoziente Intellettivo, che rappresenta l'indice generale delle abilità cognitive possedute dal soggetto.
“INTELLIGENZA EMOTIVA” (Goleman)

È solo con l’affermarsi di una visione poliedrica delle capacità umane, maggiormente scientifica 
(Gardner, 1993), che è stato attribuito un peso sempre più decisivo al mondo emozionale, alle motivazioni, all’empatia, alle capacità di autocontrollo e di adattamento (Greenspan, 1997).
Il lavoro di Goleman ha riguardato l’adattamento di precedenti modelli e ricerche della psicologia scientifica (Gardner, 1983; Salovey e Mayer, 1990), ricavandone una versione utilissima per comprendere il modo in cui le risorse emotive si rivelano determinanti nella vita scolastica e professionale.  Egli afferma che “l'attitudine emozionale è una meta - abilità, in quanto determina quanto bene riusciamo a servirci delle nostre altre capacità - ivi incluse quelle puramente intellettuali", e che "oggi la ricerca individua con precisione senza precedenti le qualità e le capacità umane che fanno di un individuo un elemento capace di eccellere”. Le  competenze emotive fondamentali, sia  personali (determinano il modo in cui controlliamo noi stessi), sia sociali (determinano il modo in cui amministriamo le relazioni con gli altri), comprendono cinque elementi:
1. CONSAPEVOLEZZA DI SÉ
(conoscere in ogni istante i propri stati interiori per 
gestire meglio scelte e decisioni personali);
2. AUTOCONTROLLO 
(regolare le proprie emozioni per fronteggiare ogni 
situazione);
3. MOTIVAZIONE 
(tendenze emotive per guidare se stessi al raggiungimento di 
obiettivi); 
4. EMPATIA
(percepire i sentimenti degli altri, essere in grado di adottare la loro 
prospettiva);
5. ABILITÀ SOCIALI
(gestire bene le emozioni nelle relazioni e saper leggere 
accuratamente le situazioni sociali per avere massima efficacia. Queste abilità 
comprendono: comunicazione, leadership, gestione del conflitto, collaborazione 
e cooperazione). 

I programmi di alfabetizzazione emozionale, o di efficacia nelle relazioni interpersonali, attuati nelle scuole, hanno come obiettivo principale quello di consentire un'adeguata gestione dei sentimenti e lo sviluppo di specifiche capacità, in modo tale che i processi cognitivi e di apprendimento, sia individuali che di gruppo si realizzino naturalmente, senza interferenze e con maggiore successo  (Gordon, 2001). Gli obiettivi preminenti riguardano perciò l'acquisizione e il consolidamento delle competenze emotive relative alle cinque aree/dimensioni. Fornire una prestazione di buon livello non può in ogni caso comportare che si predomini in tutte queste competenze, ma piuttosto che si possiedano punti di forza in alcune di esse sufficienti a raggiungere la soglia critica necessaria per il successo scolastico/professionale e la realizzazione personale. L’intelligenza emotiva, a differenza del QI, può essere potenziata in ogni fase della vita. Tende ad aumentare in proporzione alla  consapevolezza degli stati d’animo, al contenimento delle emozioni che provocano sofferenza, al maggiore affinamento dell'ascolto e della sensibilizzazione empatica. È la conferma che anche le reazioni emotive più radicate hanno la possibilità di essere rimodellate. La maturità stessa, è ridefinita come il lungo processo esperienziale attraverso il quale si diventa più intelligenti circa il nostro mondo emozionale e quello coinvolto nella estesa rete delle relazioni sociali. Alfabetizzazione delle emozioni “Processo di educazione emotiva”, inteso come strategia di prevenzione del disagio  emotivo, costituisce un vero e proprio lavoro di alfabetizzazione emozionale. Si tratta di un percorso attraverso il quale si cerca di educare la mente del bambino al potenziamento di quell'aspetto dell'intelligenza che è in grado di favorire reazioni emotive equilibrate e funzionali.
Insegnare al bambino “l’A.B.C. delle emozioni”. Nell'ambito dell'educazione emotiva vuol dire includere i  tre elementi che  intervengono in qualsiasi manifestazione emotiva: punto A: l’evento attivante, la situazione vissuta dall'individuo;  punto C: la sua reazione emotiva e comportamentale;  fra A e C interviene il punto B, ossia la propria rappresentazione mentale della  realtà, il proprio modo di pensare, ovvero di interpretare e valutare, dentro la  propria testa, ciò che è avvenuto al punto A.  

L'A B C delle emozioni, se insegnato precocemente al bambino, costituisce il primo  passo per  una vera e propria “vaccinazione emotiva” , in quanto viene fornito uno  strumento che gli permetterà di comprendere le proprie reazioni emotive  negative per poterle successivamente trasformare.
Ciò non vuol dire che non proverà più emozioni spiacevoli, ne farà senz'altro esperienza di tanto in tanto, ma anziché essere sopraffatto da esse, sarà in grado di dominarle.
L'Educazione Razionale - Emotiva riconosce che le emozioni, anche quelle negative, 
hanno un loro valore legato alla sopravvivenza della specie.  Così come il dolore fisico ci comunica che qualcosa sta nuocendo al nostro corpo, anche  il disagio emotivo funge da segnale che ci avverte dell'opportunità di  mobilitare le nostre risorse per fronteggiare la situazione.  Se però questo disagio emotivo si fa troppo intenso ne saremo sopraffatti e non saremo più in grado di attivare, in modo efficace, le nostre risorse personali.  
L'intento dell'Educazione Razionale - Emotiva non è quindi eliminare ogni emozione  spiacevole, ma minimizzare l'impatto che tali emozioni hanno sulla vita  dell'individuo, favorendo nel contempo la massimizzazione di emozioni positive.





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