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domenica 4 febbraio 2018

“CURARE” LA DEMOTIVAZIONE nella scuola.

Le strategie per prevenire l’insuccesso scolastico  riguarderanno:
1. Curare la motivazione evocando convinzioni ed aspettative di successo,
2. Puntare sull’investimento affettivo nell’apprendimento recuperando le esperienze e le conoscenze di ciascuno e radicandole sul terreno dell’interesse.
Solo un approccio complesso al fenomeno consente di affrontarlo in modo adeguato, un approccio che tenga conto degli aspetti cognitivi (a partire dalla considerazione che si apprende in modo diverso, che ci sono diversi tipi di intelligenza, diverse memorie , diverse strategie e diversi tempi di apprendimento) e di quelli emotivo-affettivi (motivazione, concetto di sé, stile di attribuzione). Negli anni della scuola media, i ragazzi si trovano in un particolare momento della loro crescita perché impegnati in una complessa e lunga operazione di passaggio da un’identità ancora infantile a un’identità adulta e sociale. Questo processo implica la necessità di separarsi da oggetti, affetti e comportamenti precedenti, di acquisire autonomia, di abbandonare privilegi e sicurezze antiche, di trovare nuove definizioni di sé, delle proprie capacità e delle proprie relazioni. La scuola diventa il terreno dove sperimentare e realizzare la richiesta di ogni studente di diventare un altro. Perciò il modo in cui la vicenda scolastica si intreccia con la vicenda di vita, le interferenze tra processo di crescita personale e apprendimento scolastico, il senso e il valore attribuito alla scuola come potenziale palestra dove mettere a punto e allenare la propria nuova forma sono i nodi cruciali della riflessione sulle cause affettive dell’insuccesso scolastico.
DIMENSIONI AFFETTIVE DELL’INSUCCESSO SCOLASTICO
Tra i fattori “affettivi” ricoprono una grande importanza la motivazione,la volontà e il processo di volizione, il controllo delle emozioni - cioè la capacità di recuperare sentimenti positivi -, una buona autostima (per far fronte a stress, paure, incertezze e frustrazioni), le attese ossia lo sviluppo di un atteggiamento positivo nei confronti dei propri esiti, lo stile di attribuzione ossia l’ascrivere i risultati conseguiti in un processo di apprendimento a cause esterne o interne. Questi concetti saranno trattati nei prossimi paragrafi. E’ stata privilegiata questa dimensione considerando,che la riflessione sulle
ragioni degli affetti, permetta di far emergere chiaramente parecchi dei motivi della difficile relazione tra studenti e apprendimento scolastico.
Possiamo considerare la motivazione come il processo che parte dalla spinta originata da un bisogno e conduce alla sua soddisfazione. E’un fattore naturale del comportamento umano che in qualche modo contribuisce ad attivare l’organismo verso una meta. La motivazione ad apprendere nasce spontaneamente dal bisogno di conoscenza della realtà, dalla necessità di arricchire la propria esperienza, di elaborare il proprio progetto esistenziale, di potenziare la propria mente. La motivazione può essere attivata dall’interno(percezione dei propri bisogni di conoscenza) oppure dall’esterno. Gli studenti motivati dall’esterno rischiano di focalizzarsi solo sul voto e su ciò che è trovano più facile,evitando le situazioni difficili e impegnative.
La motivazione è il processo attraverso il quale si giunge ad agire in un certo modo, dunque è legata all'apprendimento, perché l'apprendimento è un processo che richiede un’attività consapevole e determinata. Alcuni teorici interpretano la motivazione come un tratto stabile, qualcosa che l'individuo possiede, tanto o poco, e modificabile quindi solo in misura modesta.
Altri interpretano la motivazione come un insieme di convinzioni e valori consci, influenzati da recenti esperienze in situazioni in cui era richiesto un risultato e da variabili presenti in contesti immediati. Da questo punto di vista, un individuo, può avere la forte motivazione in geografia, ma non in algebra, a causa di recenti esperienze avute durante lo studio di quella materia.
Questa seconda prospettiva, implica il fatto che gli insegnanti hanno importanti opportunità e responsabilità per ottenere dagli studenti il massimo della motivazione possibile: nelle pagine seguenti la riflessione si articolerà proprio a partire da questo presupposto.
Alcuni teorici pensano che la motivazione al risultato possa essere attivata dall'esterno mediante l'uso di rinforzi: (premi, punizioni) oppure dall'interno: essi affermano che gli esseri umani sono naturalmente disposti a sviluppare le abilità ed a impegnarsi in attività inerenti l'apprendimento; il rinforzo esterno non sarebbe necessario, perché l'apprendimento è in sé rinforzante. Va da sé che il momento formativo dovrebbe riuscire a prendere in considerazione entrambe le prospettive riferendosi sia alla situazione (A) inerente la motivazione estrinseca dell’utente, sia alla situazione (B), inerente la motivazione intrinseca.
Non a caso, infatti, il destinatario della formazione si presenta non solo con una serie di bisogni e desideri intrinseci, che il docente potrà prendere in considerazione per il miglioramento dell’autostima del soggetto, per l’aumento della stessa motivazione; ma anche con una serie di dubbi e perplessità sulle quali il formatore dovrà soffermarsi per capire meglio la situazione e cercare di sgomberare il campo da eventuali ansie e paure dell’individuo. Per questo motivo il processo motivazionale prevede sia l’analisi dei bisogni intrinseci dell’uomo, che il chiarimento degli obiettivi formativi : da una parte quindi diventa fondamentale concentrarsi su ciò che spontaneamente l’utente dimostra di apprezzare (preferenza di alcune materie scolastiche rispetto ad altre), mentre dall'altra occorre precisare la presenza di attività che di primo acchito potrebbero non interessare, ma che sono comunque parte del processo formativo e vanno quindi affrontate dagli operatori del settore cercando di renderle appetibili, proponibili ed affrontabili dagli studenti. Col tempo la rigida divisione è andata affievolendosi, per giungere a modelli interazionistici che considerano entrambi i fattori. La ricerca ha dimostrato che l'effetto dei premi mina l'interesse estrinseco solo nella misura in cui questi sono percepiti come controllo, mentre sono utili se comunicano competenza. Occorre però notare, che non possono da soli, bastare ad invogliare un ragazzo a studiare.
OLTRE LA MOTIVAZIONE: IL PROCESSO DI VOLIZIONE.
Per arrivare a decidere di studiare, oltre alla motivazione, si deve aggiungere ancora qualcosa: l'intenzione volitiva. In un processo formativo quello che si insegna è solo nominalmente uguale a quello che si apprende. In un solo caso l’input coincide con l’output: nella memorizzazione.
La sequenza formativa fornita dall’insegnante, corrisponde ad un contenuto, una capacità, una conoscenza, un’operatività che, per assestarsi nel piano dell’apprendimento, deve entrare nell’attrezzatura cognitiva di chi apprende, costruirsi modello mentale, farsi spazio tra i modelli mentali preesistenti, riorganizzare la struttura del sapere. Dunque, lo studio che si richiede è una rielaborazione di ciò che è stato insegnato,non è un fatto automatico che deriva dall’insegnamento,
dall’attenzione in classe, dallo studio. Tutti questi elementi sono importanti, ma non sufficienti. E’ necessaria una compartecipazione dello studente nella costruzione del modello cognitivo.
Allora il problema è “ come si fa ad ottenere che gli studenti studino? “. La decisione di studiare può essere presa solo dal discente, il compito della scuola deve essere, infatti, quello di incoraggiare ogni studente ad essere attivo, favorire il naturale bisogno di apprendimento, valorizzare le differenze, permettere il dialogo e il confronto delle idee, far nascere il rispetto di sé e degli altri.
Nella fase motivazionale, l’allievo può essere ancora in un momento in cui si scontrano desideri contrastanti tali da poter rendere alterna o ritardare, anche a lungo, la decisione: la motivazione deve ancora coniugarsi al processo di volizione. La motivazione è il processo attraverso il quale si arriva a decidere di agire in un certo modo, la volizione è il processo in base al quale le nostre intenzioni si attuano. Avere voglia di studiare significa allora, oltre ad avere una motivazione per farlo saper attribuire un significato: - allo sforzo: è la capacità di guidare e canalizzare l'attenzione in direzione di uno scopo; - alla perseveranza: è la trasformazione di un desiderio in un progetto, è la conservazione della motivazione finché non è stato raggiunto l'obiettivo; - alla resistenza: si manifesta di fronte agli ostacoli, agli imprevisti, agli insuccessi. L’esperienza ci aiuta a comprendere che stiamo parlando di fatti concreti: quanti studenti stanno effettivamente sui libri aperti senza apprendere nulla? Per potenziare la “volontà” di studiare occorre l’esplicito riconoscimento dei risultati ottenuti, occorre, lo ribadiamo ancora una volta, partire dalla considerazione degli aspetti affettivi. 
MOTIVARE A PARTIRE DALL'INTERESSE.
"Perché devo studiare questa materia? E' UNA COSA INUTILE, ASSURDA, NOIOSA, DIFFICILE. Anche se studio, non capisco niente, non mi rimane niente e poi a cosa serve?".
Queste frasi le abbiamo sentite più volte. E' una pressante domanda di senso e valore alla quale occorre rispondere. Non è possibile fare finta di niente. Si può intavolare con gli studenti una riflessione basata su un tema come: " Come ti servirà fra 10 anni quello che stai apprendendo oggi?"
Aiutarli a riflettere su : "Come posso rielaborarlo in modo che mi sia utile per sempre?".
E' impossibile riattivare negli studenti la motivazione ad apprendere senza presentare loro una nuova concezione della scuola: - si va a scuola per prendersi cura della propria formazione, che è importante tanto quanto la propria salute! - la scuola è il luogo dove ognuno impara a conoscere le proprie potenzialità e a svilupparle, è un luogo "protetto" in cui sperimentare mettere alla prova se stessi,
- la scuola è un'opportunità ricca per fare nuove esperienze cognitive e sociali.
Vi è una naturale tendenza al sapere, ad apprendere tutto quello che serve per risolvere i problemi di adattamento creativo all'ambiente: si impara ciò che è utile per vivere e ciò che dà senso e valore alla propria vita. La mera imposizione "devi studiare punto e basta", finisce per spegnere l'entusiasmo, la passione. Un ragazzo non riuscendo a dare SIGNIFICATO a quello che sta studiando, non può soddisfare il suo bisogno di conoscere. Il vero problema è quello di dare senso, valore, significato allo studio. L'insegnante ha il compito educativo di aiutare ogni studente a prendersi cura della propria formazione, a scoprire le potenzialità di ciascuno perché si sviluppino in modo creativo. Per questo è opportuno invitare lo studente di qualsiasi età ad attribuire un significato alla propria esperienza di studio. - Quando si presenta un’attività si può dire agli studenti: "Vi propongo questi cinque temi o cinque esercizi. Scegliete quello che vi interessa maggiormente". - Quando si presenta un nuovo argomento è necessario connetterlo alle strategie già acquisite e riattivare le risorse disponibili: "Cosa vi interessa conoscere? Come volete studiarlo? Cosa vi serve per apprenderlo efficacemente? Come potete utilizzare ciò che già sapete nell'acquisizione di questo nuovo argomento?"

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