La motivazione è un processo
che rende conto del perché un individuo intraprenda o meno un' azione
finalizzata al raggiungimento di uno scopo.
La motivazione è, quindi, l'espressione
dei motivi che inducono un individuo a una determinata azione. Da un punto di
vista psicologico può essere definita come l'insieme dei fattori dinamici
aventi una data origine che spingono il comportamento di un individuo verso una
data meta; secondo questa concezione, ogni atto che viene compiuto senza
motivazioni rischia di fallire.
La motivazione svolge
fondamentalmente due funzioni: attivare e orientare comportamenti specifici.
Nel primo caso si fa riferimento alla componente energetica di attivazione
della motivazione. Nel secondo caso si fa riferimento alla componente
direzionale di orientamento.
Alcune classificazioni.
È possibile fare una prima
distinzione tra motivazioni biologiche, innate, che fanno riferimento a
elementi fisiologici, ed elementi motivazionali di tipo psicologico-cognitivo,
il cui dispiegamento è avvenuto durante l'esperienza. Il meccanismo
motivazionale si esplica come continuo interagire di questi due elementi.
Un'altra distinzione fondamentale avviene attraverso il concetto di motivazione
intrinseca, o motivo, non sempre o pienamente consapevole alla coscienza del
soggetto, e motivazione estrinseca, quella che il soggetto dichiara
verbalmente.
Per motivazione si intende
uno stato interno che attiva, dirige e mantiene nel tempo il comportamento di
un individuo. La motivazione è un concetto molto ampio che viene suddiviso in
tre filoni principali: la motivazione estrinseca, la motivazione intrinseca e
l'orientamento motivazionale.
La motivazione estrinseca
La motivazione estrinseca
avviene quando un alunno si impegna in un'attività per scopi che sono
estrinseci all'attività stessa, quali, ad esempio, ricevere lodi,
riconoscimenti, buoni voti o per evitare situazioni spiacevoli, quali un
castigo o una brutta figura.
La motivazione intrinseca
La motivazione intrinseca,
al contrario, avviene quando un alunno si impegna in un'attività perché la
trova stimolante e gratificante di per se stessa, e prova soddisfazione nel
sentirsi sempre più competente. La motivazione intrinseca è basata sulla
curiosità, che viene attivata quando un individuo incontra caratteristiche
ambientali strane, sorprendenti, nuove; in tale situazione la persona
sperimenta incertezza, conflitto concettuale e sente il bisogno di esplorare
l'ambiente alla ricerca di nuove informazioni e soluzioni. Importante per la
motivazione intrinseca è, inoltre, la padronanza, cioè il bisogno di sentirsi
sempre più competenti (come sopra accennato).
Secondo la
"multifaceted theory of intrinsic motivation" è possibile distinguere
16 desideri fondamentali che stanno alla base della motivazione intrinseca.
Partendo dalla considerazione che ognuno dei 16 desideri di base è
indipendente, e che la soddisfazione di ciascuno dei desideri produce un sentimento
intrinseco di gioia si può ipotizzare che ogni persona abbia una diversa
attribuzione di priorità in base al contesto sociale, ai valori di riferimento
e alle esperienze personali passate.
L'orientamento motivazionale
L'orientamento
motivazionale, infine, sta a sottolineare l'evolversi degli studi: dal termine
"motivazione" si è giunti a valutare "orientamento
motivazionale" come più appropriato, in quanto, secondo l'approccio
cognitivista, un alunno costruisce attivamente il suo orientamento motivazionale.
Ciò avviene grazie alla rappresentazione degli obiettivi che l'alunno stesso
vuole raggiungere o evitare; l'alunno percepisce i propri mezzi e limiti,
attraverso la stima di sé, e l'attribuzione causale, cioè attribuire i propri
successi/insuccessi a cause interne/esterne, stabili/instabili,
controllabili/incontrollabili (dove per interne-stabili-controllabili si
intendono abilità-impegno-uso di strategie appropriate; per
esterne-instabili-incontrollabili si intendono fortuna-malessere temporaneo-attività
troppo difficile-pregiudizi altrui).
Le teorie
Numerose teorie trattano
l'argomento della motivazione mettendo l'accento su componenti diverse ed
approfondendo aspetti diversi del complesso costrutto di motivazione.
La teoria pulsionale
biologica
Alla base di questa teoria è
il concetto di bisogno, da cui derivano necessità fisiologiche. Tali bisogni
"scattano" quando i segnali superano uno specifico livello di
attenzione. Inoltre il bisogno è interpretato dall'organismo esclusivamente in
chiave deprivazionale, ossia scatta quando non è soddisfatto.
La teoria pulsionale spiega
allora le variazioni della motivazione secondo un modello circolare delle
seguenti fasi: stato di bisogno, soddisfazione, latenza, stato di bisogno e
così via. La motivazione è qui intesa come un meccanismo omeostatico, ossia
come un processo psichico di tipo automatico che influenza la condotta per
spingere verso un determinato oggetto. La teoria pulsionale biologica è
adottata come piattaforma concettuale per tutte le motivazioni di tipo primario
e fisiologico.
La teoria freudiana delle pulsioni
Sigmund Freud introduce il
concetto di pulsione definendola come un istinto con una origine, uno scopo, e
un oggetto attraverso cui avviene la sua scarica. Utilizzando come punto di partenza
un modello omeostatico della motivazione, il padre della psicoanalisi utilizza
il concetto di pulsione per spiegare anche le dinamiche proprie dell'inconscio
oltre che gli stati fisiologici essenziali dell'organismo, identificando due
istinti o pulsioni di base, una legata alla sopravvivenza e alla sfera
sessuale, un'altra alla morte e alla distruttività.
Il passaggio nella sfera
cognitivo-sociale della teoria motivazionale di Freud avviene nell'idea che gli
uomini, non potendo disporre dell'oggetto appropriato, soddisfano le proprie
pulsioni con una sostituzione di oggetto, più o meno socialmente accettata.
Attraverso questo meccanismo, detto di sublimazione, viene identificato lo
stesso apparato concettuale per spiegare il perché delle condotte sociali e
relazioni, riconducendole agli istinti riconosciuti da Freud.
È riconducibile a questo
approccio, un elevato grado di prescrittività delle pulsioni freudiane, dette
appunto istinti, anche se l'oggetto attraverso cui avviene la scarica varia con
il progredire dello sviluppo.
La piramide dei Bisogni di Abraham Maslow
Una teoria che incentra il
costrutto di motivazione come base dello sviluppo individuale è la piramide dei
bisogni fondamentali di Abraham Maslow, che identifica sei fasi di crescita,
successive e consecutive, tutte incentrate su bisogni, dal più semplice (legato
all'aspetto fisiologico) al più complesso (legato all'autorealizzazione):
Bisogni fisiologici, la prima motivazione
sviluppata, legati agli stati fisici necessari per vivere ed evitare il disagio
(idratazione, alimentazione, minzione, defecazione, igiene)
Bisogni di sicurezza, si manifestano solo
dopo aver soddisfatto i bisogni fisiologici, e constano della ricerca di
contatto e protezione.
Bisogni di appartenenza, desiderio di far
parte di un'estesa unità sociale (famiglia, gruppo amicale), che nasce solo
dopo aver soddisfatto i bisogni di sicurezza.
Bisogni di stima, esigenza di avere dai
partner dell'interazione un riscontro sul proprio apporto e sul proprio
contributo, si attiva solo dopo aver soddisfatto i bisogni interpersonali.
Bisogni di indipendenza, esigenza di
autonomia, realizzazione e completezza del proprio contributo, si attiva solo
dopo aver soddisfatto i bisogni di stima.
Bisogni di autorealizzazione, bisogno di
superare i propri limiti e collocarsi entro una prospettiva super-individuale,
essere partecipe col mondo.
Un bisogno insoddisfatto,
concentra le energie motivazionali entro condotte atte a soddisfare quel
bisogno, non accedendo ai bisogni superiori nella scala.
Tra le fasi ora descritte, nel modello originale
del 1954, non compare il bisogno di indipendenza, come mostra l'immagine.
Dal punto di vista operativo
di applicazione del concetto di motivazione in un'ottica di valutazione, il
modello di Maslow permette di definire in maniera esaustiva le fasi di sviluppo
proprie dei contenuti motivazionali, ma ne rende poco attendibile la misura.
La teoria di Maslow e la
Teoria x teoria y di Douglas McGregor vengono spesso utilizzate per dimostrare
come, ad alti livelli gerarchici, l'approvazione, il rispetto e il senso di
appartenenza siano motivatori più forti del denaro.
In sintesi:
Secondo Aktinson la
motivazione è un insieme di fattori che sollecitano ed orientano un’azione. La
motivazione è caratterizzata da un certo grado di eccitazione che è necessaria
per portare a termine un’azione. Viene distinta dall’emozione in quanto il grado
di eccitazione nella motivazione è altamente organizzato. Seguendo la teoria
behaviorista stimolo-risposta, l’emozione, a differenza della motivazione, si
colloca più sul versante dello stimolo che della risposta. L’emozione è una
reazione dell’organismo in cui l’eccitazione fisiologia si affianca alla
componente subbiettiva (soggettiva), sentimentale.
Partendo dalla teoria
psicanalista possiamo fare un excursus storico del concetto di motivazione.
Secondo la teoria
psicanalista ogni azione è predeterminata da energie inconsce, irrazionali,
insite nella natura umana, le quali spingono a soddisfare dei bisogni.
La pulsione è un processo
dinamico che consiste in una spinta che fa tendere l’individuo verso un meta ed
ha la fonte in un’eccitazione somatica. Freud introduce il “Principio del
piacere” come tendenza a seguire il piacere ed evitare il dolore, passando poi
ad una teoria motivazionale più ampia dove oltre al principio del piacere
troviamo la “Pulsione della morte”(thanatos) responsabile dell’aggressività e
della distruttività dell’uomo e in contrapposizione con la “Forza vitale”(eros)
alla base dell’autoconservazione e continuità della specie.
Strettamente legato al
concetto di pulsione è quello del bisogno. Mentre la pulsione rappresenta una
spinta interna all’organismo dettata da esigenze biologiche, il bisogno dà un
contenuto concreto a quella spinta. E’ possibile avere un bisogno senza
avvertire una pulsione o il contrario. Per esempio le persone obese hanno fame
anche quando non c’è bisogno fisiologico di cibo.
Quindi utilizzando un
approccio psicodinamico, Carli, definisce la motivazione come un investimento
energetico psichico derivante da una rappresentazione mentale di un bisogno.
Le dinamiche di questo
investimento, secondo Maclelland, sono caratterizzate da 3 assunti di base:
• Ogni comportamento è diretto verso un fine;
• Le motivazione sono spesso inconsce;
• Le prime esperienze infantili influiscono nella dinamica
motivazionale.
I bisogni invece sono
descritti da Maslow gerarchicamente in un piramide di motivazioni e bisogni. I
bisogni sono alla base dei vari comportamenti e non presentano tutti lo stesso
grado di capacità di attivare un’azione. In base a questa piramide si afferma
che, solo una volta soddisfatti i bisogni che si riferiscono al gradino
inferiore, si ha l’attivazione dei motivi relativi al gradino superiore.
La scala di Maslow e
composta da:
• Bisogni fisiologici: legati agli stati fisici necessari
per vivere ed evitare il disagio (cibo, acqua);
• Bisogni di sicurezza: ricerca di contatto e protezione;
• Bisogni di amore e senso appartenenza: desiderio di fa
parte di un’unità sociale (famiglia, gruppo amicale);
• Bisogno di stima e prestigio: esigenza di avere un
riscontro sul proprio apporto e
contributo, da parte del partner e da altre persone;
• Bisogno d’indipendenza: autonomia, realizzazione;
• Bisogno di autorealizzazione e successo: superare i
propri limiti. Essere partecipe del mondo.
Questi bisogni vengono
ulteriormente suddivisi in :
MOTIVAZIONI PRIMARIE:
bisogni fisiologici e di sicurezza;
MOTIVAZIONI SECONDARIE: il
resto dei bisogni.
Anche Ancona distingue vari
livelli motivazionali:
BISOGNI FISIOLOGICI: gli
obiettivi che un individuo vuole
raggiungere sono oggetti di soddisfazione immediata come fame e sete. A questo
livello prevale il principio del piacere.
MOTIVAZIONI SOCIALI: a
determinare le azioni sono le aspettative sociali che gli altri hanno nei
riguardi dell’individuo. La motivazione sociale da una parte ci spinge a
portare avanti le aspettative che noi abbiamo rispetto agli altri e dall’altra
a modificare il nostro comportamento in base alle aspettative che hanno gli altri. Questo processo è
influenzato dai ruolo sociali che occupiamo nelle società.
MOTIVAZIONI VALORIALI: l’io
è capace di canalizzare le proprie energie in modo costruttivo. Siamo nella
fase che gli psicanalisti chiamano “fase genitale adulta”.
Non dobbiamo dimenticare che
molti autori hanno evidenziato come le motivazioni primarie non sono
semplicemente dei bisogni fisiologici ma, vari esperimenti, hanno dimostrato
che l’individuo ha una motivazione cognitiva ad accrescere le proprie
informazioni e a manipolare l’ambiente. Prova di ciò sono le osservazioni
etologiche che hanno posto in primo piano l’importanza delle relazioni sociali
dell’individuo. Per esempio Lorenz con il fenomeno dell’imprinting, Harlow con
l’esperimento sulle scimmie e Bowlby con la teoria dell’attaccamento.
Harlow attraverso un
esperimento aveva separato delle scimmiette dalla madre e le aveva rinchiuse in
una gabbia con due sostituti materni: in peluche caldo e morbido che non
forniva latte ed un altro metallico e freddo che erogava latte.
Si è notato che le
scimmiette preferivano il peluche morbido e caldo quando avevano bisogno di
protezione e conforto e utilizzavano quello freddo e metallico per il
soddisfacimento dei bisogni fisiologici. Viene dimostrato che la necessità di
contatto fisico è un bisogno primario ed indipendente da quello relativo al
soddisfacimento fisiologico e che il legame di attaccamento madre-figlio è più
di un rapporto finalizzato all’ottenimento di cibo.
Con la teoria
dell’attaccamento di Bowlby si è dimostrato che l’attaccamento è una parte
integrante del comportamento umano dalla
culla alla tomba.
All’inizio della vita essere
nutriti equivale all’essere amati, al bisogno fisiologico legato
all’alimentazione è presente insieme ad un altro bisogno, quello di essere
amati, nutriti d’amore, di essere desiderati, accettati e voluti per quello che
si è. La teoria dell’attaccamento quindi è un sistema motivazionale innato.
L’attaccamento del bambino alla madre fa parte di un’eredità arcaica la cui
funzione è la sopravvivenza della specie.
Per quanto riguarda i metodi
d’indagine per lo studio delle motivazioni, esistono appositi questionari
inspirati alla teoria di Murray, il più antico tra questi è “Edward Personal
Preference Schedule” i cui item consistono in un confronto tra coppie di
affermazioni indicative di bisogni diversi equivalenti per desiderabilità
sociale.
Le interviste in profondità
pare siano lo strumento migliore in grado di cogliere sia gli aspetti
motivazionali che emotivi.
In psicologia clinica lo
strumento privilegiato è il colloquio che permette di evidenziare le
motivazioni che portano un paziente a richiedere un trattamento psicologico.
A questo proposito possiamo
distinguere le MOTIVAZIONI ESTINSECHE da quelle INTRINSECHE.
Le motivazioni ESTRINSECHE:
quando il paziente è stato spinto, costretto o influenzato alla consultazione
psicologica da altri (familiari, medico, psichiatra, amici).In questi casi è
quasi impossibile riuscire a portare a termine l’intervento psicologico a causa
di una mancata “alleanza terapeutica” necessaria al lavoro.
Le motivazioni INTRINSECHE: quando il paziente decide spontaneamente di
intraprendere un lavoro psicoterapeutico con l’obiettivo di una maggiore
conoscenza di se stesso e di comprendere i propri problemi. In questi casi è
possibile porre le basi per un’alleanza terapeutica.
Ugualmente importanti sono
le motivazioni che spingono un psicologo a portare avanti un lavoro psicologico
con un particolare paziente. A questo proposito possiamo distinguere due
livelli di analisi.
• PRIMO LIVELLO: Le motivazioni che derivano dalla storia
personale dello psicologo e che possono essere valutate in supervisione.
• SECONDO LIVELLO:
motivazioni che derivano dal valore che lo psicologo attribuisce alla
propria professione, alle aspettative sociali e ai riconoscimenti degli altri.
In questo secondo livello McClelland propone delle motivazioni sociali. BISOGNO
DI AFFILIAZIONE: l’esigenza di stabilire
mantenere e promuovere un legame affettivo con il paziente. Questo bisogno ha una
valenza positiva. Ha una valenza negativa invece quando il paziente viene
strumentalizzato divenendo per lo psicologo fonte di soddisfazione o
frustrazione emotiva. Il rapporto in questo caso è determinato da DIPENDENZA e
non cresce. Le reazioni del paziente a questo tipo di rapporto possono essere o
aggressive (il paziente attacca lo psicologo in vari modi) o seduttive (
l’utente risponde collusivamente al modo di considerare il rapporto con lo
psicologo alimentandone i bisogni) o evasive ( il paziente si allontana
annullando il rapporto. BISOGNO DI POTERE: in questo caso il bisogno del
clinico è quello del controllo sul paziente in modo da affermare la propria
superiorità. Le reazioni del paziente sono sempre aggressive, seduttive (esasperazione
del comportamento aggressivo dello psicologo) o evasive ( banalizza i tentativi
di controllo dello psicologo).
BISOGNO DI SUCCESSO E AFFERMAZIONE:
tendenza a puntualizzare la qualità delle prestazioni professionali fino a
giungere ad una situazione persecutoria per l’utente. L’attenzione del clinico
è centrata solo sul modello teorico di riferimento. La risposta del paziente è sempre nelle
modalità precedentemente citate. La risposta evasiva tende a creare un rapporto
evitando il coinvolgimento emotivo. Le risposte aggressive e seduttive tendono
a costruire un rapporto vero e profondo che fallisce dopo poco perché il
clinico interpreta tali modalità come “resistenza” al lavoro dello psicologo.
Una motivazione positiva per
il clinico è quella di crescere come persona, poiché aiutare gli altri
significa anche comprendere le proprie difficoltà, mettersi continuamente in
discussione e relativizzare qualsiasi concezione sull’essere umano.
Le motivazioni cognitive e secondarie
Questo secondo livello delle
motivazioni riguarda gli aspetti che muovono il comportamento umano verso
condotte di tipo sociale, e, dal punto di vista dello studio, vengono spesso
ricondotte a variabili di tipo cognitivo-affettivo.
David McClelland identifica
3 motivazioni fondamentali:
·
Il bisogno del successo (o
della riuscita) rispecchia il desiderio di successo e la paura per il
fallimento.
·
Il bisogno di appartenenza
combina i desideri di protezione e socialità con la paura per il rifiuto da
parte di altri.
·
Il bisogno di potere
riflette i desideri di dominio e il timore di dipendenza.
Gli individui differiscono
nella forza di ciascuno di tali motivi, inoltre le situazioni variano nel grado
in cui sono collegate e incentivano l'uno o l'altro motivo. Un ruolo
significativo è attribuito ai processi cognitivi che catalogano gli stimoli in
relazione ai motivi, determinando natura e intensità dei vettori motivazionali.
I motivi impliciti che spingono all'azione, sono originati dagli incentivi
esterni che attivano specifiche reazioni emotive. Successivamente, con
l'apprendimento, si sviluppa uno schema cognitivo che organizza queste reazioni
emotive in categorie positive e negative, delineando così gli stimoli da
ricercare e quelli da allontanare. Con l'esperienza e l'apprendimento, un
numero sempre maggiore di situazioni si associa a questi forti incentivi,
consolidando il motivo e trasformandolo in motivazione esplicita.
La teoria dei bisogni di
base elaborata da McClelland ha posto una pietra miliare per lo studio delle
determinanti cognitive della motivazione. In ambito sociale cognitivo molti
altri autori hanno sviluppato contributi significativi nell'ambito della motivazione,
concentrandosi sia sul versante teorico di identificazione delle proprietà, sia
sul versante pragmatico di definizione operativa delle variabili motivazionali.
La teoria dell'attribuzione di Weiner si
basa sui giudizi retrospettivi circa le cause (interne o esterne) attribuite
alle proprie prestazioni. Le persone che attribuiscono i propri successi alle
capacità personali, e i propri insuccessi a un impegno insufficiente
intraprendono compiti più difficili e persistono nonostante gli insuccessi. Diversamente,
chi associa i propri insuccessi a deficit di capacità e i propri successi a
fattori situazionali tenderà ad impegnarsi poco, e rinuncerà facilmente alle
prime difficoltà.
La teoria aspettativa-valore (J. W.
Atkinson, V. H. Vroom, Fishbein e Ajzen), nelle sue diverse formulazioni, lega
la motivazione sia all'aspettativa sul verificarsi di determinati risultati,
sia all'attrattiva di tali esiti. Ciò che differenzia i vari modelli è il tipo
di motivazioni a cui si applica la teoria: per Atkinson (riproponendo la teoria
dei bisogni di base di McClelland) la motivazione al successo, per Ajzen e
Fishbein la norma soggettiva, per Vroom la convinzione che il comportamento sia
realizzabile con l'impegno.
Le teorie incentrate sugli obiettivi consapevoli.
La capacità di porsi obiettivi stimolanti e valutare su di essi le proprie
prestazioni rappresenta uno dei meccanismi motivazionali principali. La
motivazione espressa mediante il perseguimento di standard stimolanti è stata
confermata nell'ambito della ricerca sulla scelta degli obiettivi (teoria del
goal setting di Edwin A. Locke e Gary P. Latham).
“In senso
ampio la motivazione è il meccanismo che mi ha spinta al presente percorso di
studi con lo scopo di conseguire il diploma professionale di tecnico dei
servizi sociali” (G. D’Auria).
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