Un
approccio tra agire quotidiano, politica istituzionale e riferimenti
teorico-scientifici.
L’importanza
della prevenzione nell’adolescenza è centrale per realizzare interventi
efficaci e per evitare che molte situazioni di rischio degenerino in devianza,
in cronicità o in patologie gravi che richiedono, necessariamente, interventi
terapeutici o assistenziali più lunghi, dolorosi e d’incerta risoluzione. Negli
ultimi decenni sono stati realizzati numerosi studi e ricerche sui giovani,
sull’adolescenza "allungata" che richiede sempre più tempo ed energie
per sfociare in uno status integrale e soddisfacente di adulto, si sono moltiplicati
i convegni, le associazioni, le riviste scientifiche dedicate ai giovani.
Eppure, ci troviamo davanti poche certezze e molti nuovi interrogativi: gli
adolescenti oggi hanno problemi ed aspettative diversi da quelli delle
generazioni precedenti, anche se il compito rimane lo stesso: vivere un periodo
di transizione in cui esperire il più possibile e sviluppare una propria
identità personale e sociale coesa e abbastanza stabile. La maggiore difficoltà
è data dalla complessità delle società contemporanee, mutevoli e incapaci di
fornire riferimenti valoriali assoluti, di dare concrete opportunità di
autorealizzazione a tutti, in base alle mete proposte (o imposte) : successo,
benessere, denaro, potere. Inoltre, i modelli teorici spesso non trovano riscontro
nella metodologia e negli strumenti operativi a disposizione di chi
quotidianamente lavora con e per i giovani. È necessario un approccio orientato
sulla concretezza del quotidiano, una maggiore attenzione alla coordinazione
tra agire pratico, responsabilità politico-istituzionale e riferimenti
teorico-scientifici.
L'adolescenza
"ci" riguarda
A
livello istituzionale, per quanto in Italia abbiamo a disposizione leggi e
regolamenti validissimi che forniscono principi, finalità e obiettivi operativi
per la salute e lo sviluppo di bambini e adolescenti (dalla L. 285/97 alla
328/00, la legge regionale calabrese n. 23/03 di attuazione della 328, ecc…)
c’è in realtà scarsa permeabilità tra conoscenze — ricerca sociale, analisi e
comparazione di dati - e momento decisionale — politiche sociali e sanitarie.
Le politiche socio-sanitarie nel nostro paese sono spesso formulate ignorando
le acquisizioni delle indagini sociologiche a base empirica, per scarse
conoscenze finalizzate al processo decisionale pubblico o per mancanza di
correlazione tra i due momenti. Ciò si verifica perchè l’oggetto delle
politiche e degli interventi è di pertinenza di una pluralità di discipline e
figure professionali, ciascuna delle quali tende ad enfatizzare la sua
specifica competenza perdendo di vista l’individuo nella sua globalità.
L’adolescente, in quanto persona, è un intero non frammentabile, tuttavia è
frammentata la preparazione dei vari professionisti nel campo dell’aiuto alla
persona. In ambito formativo, l’unità diventa "corpo" per il medico,
"psiche" per lo psicologo, "ruolo" sociale per il
sociologo, "soggetto portatore di diritti e doveri" per l’avvocato.
Divisioni
necessarie per acquisire conoscenza ma non si può evitare di ricomporre l’unità
originaria, pena l’incomprensione e l’incapacità di affrontare e risolvere i
problemi.
La
risposta migliore, almeno fin ora, consiste nel realizzare il cosiddetto lavoro
di rete, rete interna ai singoli servizi, ed esterna, più estesa, tra i diversi
servizi ed enti, il volontariato, le associazioni, agenzie e istituzioni di
ogni livello. La metodologia più adeguata è la progettazione partecipata che
prevede il coinvolgimento di tutti i soggetti decisori, dei portatori
d’interesse e di tutta la comunità: enti locali, famiglia, scuola, aziende
commerciali e terzo settore.
L’adolescenza
ci riguarda, in primo luogo perché è una tappa delle nostre vite fondamentale
per la successiva, e poi perché l’adolescenza per definizione è crescita, è un
processo continuo di sfide, dubbi, traguardi e nuovi obiettivi che ognuno,
nella sua unicità, elabora nel confronto con gli altri, coetanei e non.
Elementi
principali per una efficace prevenzione con adolescenti
Dalle
molte ricerche riportate nella tesi, gli elementi principali su cui incentrare
la prevenzione sono sicuramente:
-
Una capillare e aggiornata informazione: sulla salute in generale, sulla
sessualità, sulle dinamiche relazionali ed affettive, sulla partecipazione
sociale e politica alla vita della comunità.
-
La comunicazione efficace coi giovani: la capacità di ascolto empatico, di
porsi in maniera professionale e concreta, di rispondere in modo adeguato e con
riservatezza alle richieste ed ai bisogni reali o indotti, sono tutte doti
essenziali per ogni "social worker".
-
Servizi accessibili e specializzati nelle problematiche più diffuse: gravidanze
precoci e indesiderate, abuso di droghe e alcool, disturbi dell’alimentazione,
disadattamento e disturbi legati all’immagine corporea, prostituzione minorile,
abusi e maltrattamenti, abbandono scolastico.
Sempre
di più l’aspetto sociale, sanitario, preventivo e assistenziale s’intrecciano
nella complessità della realtà che viviamo, connotata da instabilità e
incertezza, da maggiori rischi di esclusioni e sperequazione, da domande di
salute e tutela per bambini e adolescenti, più rispondenti ai loro tempi e
spazi, adeguati ai nuovi scenari familiari e sociali.
L’approccio
multidisciplinare è sicuramente il più consono alla comprensione del complesso
mondo dell’adolescenza, implica un grande investimento nella cooperazione tra
settori e collaborazione tra diversi professionisti, tutti ugualmente
importanti per la presa in carico del ragazzo o ragazza che vive un disagio o è
a rischio di patologie: medici, psicologi, assistenti sociali e sanitari, sociologi,
avvocati e giudici minorili, volontari laici e cattolici, insieme dovrebbero
tessere una rete che offra sostegno, ascolto ed aiuto effettivi ai ragazzi,
supporto e consulenza agli adulti.
La
prevenzione parte dalle famiglie e coinvolge servizi competenti (o viceversa)
L’assenza
o l’insufficienza di centri e servizi di prevenzione (e cura) per gli
adolescenti, porta ad un ripiegamento sulla famiglia e sul gruppo amicale. Le
strutture pubbliche non hanno un ruolo incisivo ed è scarsa la fiducia verso le
figure classiche di riferimento: psicologi - psichiatri - medici generici. In
mancanza di adulti e servizi fidati e sicuri, in genere i ragazzi si rivolgono
a chi sta loro più vicino: la famiglia, oppure gli amici. Ritroviamo il
"ciclo di salute familiare" secondo il quale, la famiglia svolge un
ruolo di mediazione tra i suoi componenti ed i servizi territoriali ed è vista
come principale produttore di benessere. Di solito, la famiglia, quando non è
essa stessa fonte di conflitti gravi e abusi, è la prima a rilevare eventuali
disagi o problemi ed a contattare i servizi competenti.
Ma
la famiglia oggi è profondamente cambiata, - separazioni e divorzi in aumento,
basso tasso di nascite (in Italia è il più basso d’Europa, 9,4 per mille)
precarietà del lavoro e maggiore incertezza nelle relazioni interpersonali e
sul futuro — è inadeguata ad affrontare da sola le problematiche
adolescenziali. Da qui l’opportunità e l’utilità di avvicinare gli adolescenti
ai servizi, migliorandone l’accesso, la visibilità e la disponibilità (tempi,
spazi e campagne informative mirate), garantendo competenza, personale
specializzato e preparato alla comunicazione coi giovani, la qualità di
strutture e iniziative, la riservatezza. Queste le sfide per un programma di
prevenzione sociale rispettoso dei bisogni e delle aspettative dei ragazzi.
Le
agenzie di socializzazione formano una rete relazionale in cui ogni adolescente
è immerso, nessun nodo è predominante sugli altri perché una rete debolmente
connessa o "fallata" finisce per essere autoreferenziale e perde
funzionalità. Quindi i servizi socio-sanitari, pubblici e privati, devono
tenere in considerazione tali reti e cogliere ogni opportunità d’inserirsi al
loro interno e offrire risposte adeguate agli individui e alle famiglie.
Bisogna
rafforzare i canali d’informazione, le connessioni, attraverso le buone prassi
consolidate o innovative, tra esigenze dei giovani e risposte istituzionali.
Per questo assumono particolare rilevanza quelle professioni di
"confine" - assistente sociale, medico di base, insegnante - che
favoriscono l’accesso ad una rete di servizi articolata, forniscono quella
fiducia nelle istituzioni che solitamente i giovani non hanno, diventando
importanti recettori delle forme e delle motivazioni del disagio e delle
speranze degli adolescenti. C’è ancora tantissimo da fare!
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