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lunedì 16 luglio 2012

La Motivazione


La motivazione è un processo che rende conto del perché un individuo intraprenda o meno un' azione finalizzata al raggiungimento di uno scopo.
La motivazione è, quindi, l'espressione dei motivi che inducono un individuo a una determinata azione. Da un punto di vista psicologico può essere definita come l'insieme dei fattori dinamici aventi una data origine che spingono il comportamento di un individuo verso una data meta; secondo questa concezione, ogni atto che viene compiuto senza motivazioni rischia di fallire.
La motivazione svolge fondamentalmente due funzioni: attivare e orientare comportamenti specifici. Nel primo caso si fa riferimento alla componente energetica di attivazione della motivazione. Nel secondo caso si fa riferimento alla componente direzionale di orientamento.

Alcune classificazioni.
È possibile fare una prima distinzione tra motivazioni biologiche, innate, che fanno riferimento a elementi fisiologici, ed elementi motivazionali di tipo psicologico-cognitivo, il cui dispiegamento è avvenuto durante l'esperienza. Il meccanismo motivazionale si esplica come continuo interagire di questi due elementi. Un'altra distinzione fondamentale avviene attraverso il concetto di motivazione intrinseca, o motivo, non sempre o pienamente consapevole alla coscienza del soggetto, e motivazione estrinseca, quella che il soggetto dichiara verbalmente.
Per motivazione si intende uno stato interno che attiva, dirige e mantiene nel tempo il comportamento di un individuo. La motivazione è un concetto molto ampio che viene suddiviso in tre filoni principali: la motivazione estrinseca, la motivazione intrinseca e l'orientamento motivazionale.

La motivazione estrinseca
La motivazione estrinseca avviene quando un alunno si impegna in un'attività per scopi che sono estrinseci all'attività stessa, quali, ad esempio, ricevere lodi, riconoscimenti, buoni voti o per evitare situazioni spiacevoli, quali un castigo o una brutta figura.

La motivazione intrinseca
La motivazione intrinseca, al contrario, avviene quando un alunno si impegna in un'attività perché la trova stimolante e gratificante di per se stessa, e prova soddisfazione nel sentirsi sempre più competente. La motivazione intrinseca è basata sulla curiosità, che viene attivata quando un individuo incontra caratteristiche ambientali strane, sorprendenti, nuove; in tale situazione la persona sperimenta incertezza, conflitto concettuale e sente il bisogno di esplorare l'ambiente alla ricerca di nuove informazioni e soluzioni. Importante per la motivazione intrinseca è, inoltre, la padronanza, cioè il bisogno di sentirsi sempre più competenti (come sopra accennato).
Secondo la "multifaceted theory of intrinsic motivation" è possibile distinguere 16 desideri fondamentali che stanno alla base della motivazione intrinseca. Partendo dalla considerazione che ognuno dei 16 desideri di base è indipendente, e che la soddisfazione di ciascuno dei desideri produce un sentimento intrinseco di gioia si può ipotizzare che ogni persona abbia una diversa attribuzione di priorità in base al contesto sociale, ai valori di riferimento e alle esperienze personali passate.

L'orientamento motivazionale
L'orientamento motivazionale, infine, sta a sottolineare l'evolversi degli studi: dal termine "motivazione" si è giunti a valutare "orientamento motivazionale" come più appropriato, in quanto, secondo l'approccio cognitivista, un alunno costruisce attivamente il suo orientamento motivazionale. Ciò avviene grazie alla rappresentazione degli obiettivi che l'alunno stesso vuole raggiungere o evitare; l'alunno percepisce i propri mezzi e limiti, attraverso la stima di sé, e l'attribuzione causale, cioè attribuire i propri successi/insuccessi a cause interne/esterne, stabili/instabili, controllabili/incontrollabili (dove per interne-stabili-controllabili si intendono abilità-impegno-uso di strategie appropriate; per esterne-instabili-incontrollabili si intendono fortuna-malessere temporaneo-attività troppo difficile-pregiudizi altrui).

Le teorie
Numerose teorie trattano l'argomento della motivazione mettendo l'accento su componenti diverse ed approfondendo aspetti diversi del complesso costrutto di motivazione.
La teoria pulsionale biologica

Alla base di questa teoria è il concetto di bisogno, da cui derivano necessità fisiologiche. Tali bisogni "scattano" quando i segnali superano uno specifico livello di attenzione. Inoltre il bisogno è interpretato dall'organismo esclusivamente in chiave deprivazionale, ossia scatta quando non è soddisfatto.
La teoria pulsionale spiega allora le variazioni della motivazione secondo un modello circolare delle seguenti fasi: stato di bisogno, soddisfazione, latenza, stato di bisogno e così via. La motivazione è qui intesa come un meccanismo omeostatico, ossia come un processo psichico di tipo automatico che influenza la condotta per spingere verso un determinato oggetto. La teoria pulsionale biologica è adottata come piattaforma concettuale per tutte le motivazioni di tipo primario e fisiologico.

La teoria freudiana delle pulsioni
Sigmund Freud introduce il concetto di pulsione definendola come un istinto con una origine, uno scopo, e un oggetto attraverso cui avviene la sua scarica. Utilizzando come punto di partenza un modello omeostatico della motivazione, il padre della psicoanalisi utilizza il concetto di pulsione per spiegare anche le dinamiche proprie dell'inconscio oltre che gli stati fisiologici essenziali dell'organismo, identificando due istinti o pulsioni di base, una legata alla sopravvivenza e alla sfera sessuale, un'altra alla morte e alla distruttività.
Il passaggio nella sfera cognitivo-sociale della teoria motivazionale di Freud avviene nell'idea che gli uomini, non potendo disporre dell'oggetto appropriato, soddisfano le proprie pulsioni con una sostituzione di oggetto, più o meno socialmente accettata. Attraverso questo meccanismo, detto di sublimazione, viene identificato lo stesso apparato concettuale per spiegare il perché delle condotte sociali e relazioni, riconducendole agli istinti riconosciuti da Freud.
È riconducibile a questo approccio, un elevato grado di prescrittività delle pulsioni freudiane, dette appunto istinti, anche se l'oggetto attraverso cui avviene la scarica varia con il progredire dello sviluppo.

La piramide dei Bisogni di Abraham Maslow
Una teoria che incentra il costrutto di motivazione come base dello sviluppo individuale è la piramide dei bisogni fondamentali di Abraham Maslow, che identifica sei fasi di crescita, successive e consecutive, tutte incentrate su bisogni, dal più semplice (legato all'aspetto fisiologico) al più complesso (legato all'autorealizzazione):
    Bisogni fisiologici, la prima motivazione sviluppata, legati agli stati fisici necessari per vivere ed evitare il disagio (idratazione, alimentazione, minzione, defecazione, igiene)
    Bisogni di sicurezza, si manifestano solo dopo aver soddisfatto i bisogni fisiologici, e constano della ricerca di contatto e protezione.
    Bisogni di appartenenza, desiderio di far parte di un'estesa unità sociale (famiglia, gruppo amicale), che nasce solo dopo aver soddisfatto i bisogni di sicurezza.
    Bisogni di stima, esigenza di avere dai partner dell'interazione un riscontro sul proprio apporto e sul proprio contributo, si attiva solo dopo aver soddisfatto i bisogni interpersonali.
    Bisogni di indipendenza, esigenza di autonomia, realizzazione e completezza del proprio contributo, si attiva solo dopo aver soddisfatto i bisogni di stima.
    Bisogni di autorealizzazione, bisogno di superare i propri limiti e collocarsi entro una prospettiva super-individuale, essere partecipe col mondo.
Un bisogno insoddisfatto, concentra le energie motivazionali entro condotte atte a soddisfare quel bisogno, non accedendo ai bisogni superiori nella scala.


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Tra le fasi ora descritte, nel modello originale del 1954, non compare il bisogno di indipendenza, come mostra l'immagine.

Dal punto di vista operativo di applicazione del concetto di motivazione in un'ottica di valutazione, il modello di Maslow permette di definire in maniera esaustiva le fasi di sviluppo proprie dei contenuti motivazionali, ma ne rende poco attendibile la misura.

La teoria di Maslow e la Teoria x teoria y di Douglas McGregor vengono spesso utilizzate per dimostrare come, ad alti livelli gerarchici, l'approvazione, il rispetto e il senso di appartenenza siano motivatori più forti del denaro.
In sintesi:
Secondo Aktinson la motivazione è un insieme di fattori che sollecitano ed orientano un’azione. La motivazione è caratterizzata da un certo grado di eccitazione che è necessaria per portare a termine un’azione. Viene distinta dall’emozione in quanto il grado di eccitazione nella motivazione è altamente organizzato. Seguendo la teoria behaviorista stimolo-risposta, l’emozione, a differenza della motivazione, si colloca più sul versante dello stimolo che della risposta. L’emozione è una reazione dell’organismo in cui l’eccitazione fisiologia si affianca alla componente subbiettiva (soggettiva), sentimentale.
Partendo dalla teoria psicanalista possiamo fare un excursus storico del concetto di motivazione.
Secondo la teoria psicanalista ogni azione è predeterminata da energie inconsce, irrazionali, insite nella natura umana, le quali spingono a soddisfare dei bisogni.
La pulsione è un processo dinamico che consiste in una spinta che fa tendere l’individuo verso un meta ed ha la fonte in un’eccitazione somatica. Freud introduce il “Principio del piacere” come tendenza a seguire il piacere ed evitare il dolore, passando poi ad una teoria motivazionale più ampia dove oltre al principio del piacere troviamo la “Pulsione della morte”(thanatos) responsabile dell’aggressività e della distruttività dell’uomo e in contrapposizione con la “Forza vitale”(eros) alla base dell’autoconservazione e continuità della specie.
Strettamente legato al concetto di pulsione è quello del bisogno. Mentre la pulsione rappresenta una spinta interna all’organismo dettata da esigenze biologiche, il bisogno dà un contenuto concreto a quella spinta. E’ possibile avere un bisogno senza avvertire una pulsione o il contrario. Per esempio le persone obese hanno fame anche quando non c’è bisogno fisiologico di cibo.
Quindi utilizzando un approccio psicodinamico, Carli, definisce la motivazione come un investimento energetico psichico derivante da una rappresentazione mentale di un bisogno.
Le dinamiche di questo investimento, secondo Maclelland, sono caratterizzate da 3 assunti di base:
             Ogni comportamento è diretto verso un fine;
             Le motivazione sono spesso inconsce;
             Le prime esperienze infantili influiscono nella dinamica motivazionale.
I bisogni invece sono descritti da Maslow gerarchicamente in un piramide di motivazioni e bisogni. I bisogni sono alla base dei vari comportamenti e non presentano tutti lo stesso grado di capacità di attivare un’azione. In base a questa piramide si afferma che, solo una volta soddisfatti i bisogni che si riferiscono al gradino inferiore, si ha l’attivazione dei motivi relativi al gradino superiore.
La scala di Maslow e composta da:
             Bisogni fisiologici: legati agli stati fisici necessari per vivere ed evitare il disagio (cibo, acqua);
             Bisogni di sicurezza: ricerca di contatto e protezione;
             Bisogni di amore e senso appartenenza: desiderio di fa parte di un’unità sociale (famiglia, gruppo amicale);
             Bisogno di stima e prestigio: esigenza di avere un riscontro sul proprio apporto  e contributo, da parte del partner e da altre persone;
             Bisogno d’indipendenza: autonomia, realizzazione;
             Bisogno di autorealizzazione e successo: superare i propri limiti. Essere partecipe del mondo.
Questi bisogni vengono ulteriormente suddivisi in :
MOTIVAZIONI PRIMARIE: bisogni fisiologici e di sicurezza;
MOTIVAZIONI SECONDARIE: il resto dei bisogni.
Anche Ancona distingue vari livelli motivazionali:
BISOGNI FISIOLOGICI: gli obiettivi che un individuo  vuole raggiungere sono oggetti di soddisfazione immediata come fame e sete. A questo livello prevale il principio del piacere.
MOTIVAZIONI SOCIALI: a determinare le azioni sono le aspettative sociali che gli altri hanno nei riguardi dell’individuo. La motivazione sociale da una parte ci spinge a portare avanti le aspettative che noi abbiamo rispetto agli altri e dall’altra a modificare il nostro comportamento in base alle aspettative che  hanno gli altri. Questo processo è influenzato dai ruolo sociali che occupiamo nelle società.
MOTIVAZIONI VALORIALI: l’io è capace di canalizzare le proprie energie in modo costruttivo. Siamo nella fase che gli psicanalisti chiamano “fase genitale adulta”.
Non dobbiamo dimenticare che molti autori hanno evidenziato come le motivazioni primarie non sono semplicemente dei bisogni fisiologici ma, vari esperimenti, hanno dimostrato che l’individuo ha una motivazione cognitiva ad accrescere le proprie informazioni e a manipolare l’ambiente. Prova di ciò sono le osservazioni etologiche che hanno posto in primo piano l’importanza delle relazioni sociali dell’individuo. Per esempio Lorenz con il fenomeno dell’imprinting, Harlow con l’esperimento sulle scimmie e Bowlby con la teoria dell’attaccamento.
Harlow attraverso un esperimento aveva separato delle scimmiette dalla madre e le aveva rinchiuse in una gabbia con due sostituti materni: in peluche caldo e morbido che non forniva latte ed un altro metallico e freddo che erogava latte.
Si è notato che le scimmiette preferivano il peluche morbido e caldo quando avevano bisogno di protezione e conforto e utilizzavano quello freddo e metallico per il soddisfacimento dei bisogni fisiologici. Viene dimostrato che la necessità di contatto fisico è un bisogno primario ed indipendente da quello relativo al soddisfacimento fisiologico e che il legame di attaccamento madre-figlio è più di un rapporto finalizzato all’ottenimento di cibo.
Con la teoria dell’attaccamento di Bowlby si è dimostrato che l’attaccamento è una parte integrante del comportamento umano dalla culla alla tomba.
All’inizio della vita essere nutriti equivale all’essere amati, al bisogno fisiologico legato all’alimentazione è presente insieme ad un altro bisogno, quello di essere amati, nutriti d’amore, di essere desiderati, accettati e voluti per quello che si è. La teoria dell’attaccamento quindi è un sistema motivazionale innato. L’attaccamento del bambino alla madre fa parte di un’eredità arcaica la cui funzione è la sopravvivenza della specie.
Per quanto riguarda i metodi d’indagine per lo studio delle motivazioni, esistono appositi questionari inspirati alla teoria di Murray, il più antico tra questi è “Edward Personal Preference Schedule” i cui item consistono in un confronto tra coppie di affermazioni indicative di bisogni diversi equivalenti per desiderabilità sociale.
Le interviste in profondità pare siano lo strumento migliore in grado di cogliere sia gli aspetti motivazionali che emotivi.
In psicologia clinica lo strumento privilegiato è il colloquio che permette di evidenziare le motivazioni che portano un paziente a richiedere un trattamento psicologico.
A questo proposito possiamo distinguere le MOTIVAZIONI ESTINSECHE da quelle INTRINSECHE.
Le motivazioni ESTRINSECHE: quando il paziente è stato spinto, costretto o influenzato alla consultazione psicologica da altri (familiari, medico, psichiatra, amici).In questi casi è quasi impossibile riuscire a portare a termine l’intervento psicologico a causa di una mancata “alleanza terapeutica” necessaria al lavoro.
Le motivazioni INTRINSECHE:  quando il paziente decide spontaneamente di intraprendere un lavoro psicoterapeutico con l’obiettivo di una maggiore conoscenza di se stesso e di comprendere i propri problemi. In questi casi è possibile porre le basi per un’alleanza terapeutica.
Ugualmente importanti sono le motivazioni che spingono un psicologo a portare avanti un lavoro psicologico con un particolare paziente. A questo proposito possiamo distinguere due livelli di analisi.
             PRIMO LIVELLO: Le motivazioni che derivano dalla storia personale dello psicologo e che possono essere valutate in supervisione.
             SECONDO LIVELLO:  motivazioni che derivano dal valore che lo psicologo attribuisce alla propria professione, alle aspettative sociali e ai riconoscimenti degli altri. In questo secondo livello McClelland propone delle motivazioni sociali. BISOGNO DI AFFILIAZIONE: l’esigenza di stabilire  mantenere e promuovere un legame affettivo  con il paziente. Questo bisogno ha una valenza positiva. Ha una valenza negativa invece quando il paziente viene strumentalizzato divenendo per lo psicologo fonte di soddisfazione o frustrazione emotiva. Il rapporto in questo caso è determinato da DIPENDENZA e non cresce. Le reazioni del paziente a questo tipo di rapporto possono essere o aggressive (il paziente attacca lo psicologo in vari modi) o seduttive ( l’utente risponde collusivamente al modo di considerare il rapporto con lo psicologo alimentandone i bisogni) o evasive ( il paziente si allontana annullando il rapporto. BISOGNO DI POTERE: in questo caso il bisogno del clinico è quello del controllo sul paziente in modo da affermare la propria superiorità. Le reazioni del paziente sono sempre aggressive, seduttive (esasperazione del comportamento aggressivo dello psicologo) o evasive ( banalizza i tentativi di controllo dello psicologo).
BISOGNO DI SUCCESSO E AFFERMAZIONE: tendenza a puntualizzare la qualità delle prestazioni professionali fino a giungere ad una situazione persecutoria per l’utente. L’attenzione del clinico è centrata solo sul modello teorico di riferimento.  La risposta del paziente è sempre nelle modalità precedentemente citate. La risposta evasiva tende a creare un rapporto evitando il coinvolgimento emotivo. Le risposte aggressive e seduttive tendono a costruire un rapporto vero e profondo che fallisce dopo poco perché il clinico interpreta tali modalità come “resistenza” al lavoro dello psicologo.
Una motivazione positiva per il clinico è quella di crescere come persona, poiché aiutare gli altri significa anche comprendere le proprie difficoltà, mettersi continuamente in discussione e relativizzare qualsiasi concezione sull’essere umano. 

Le motivazioni cognitive e secondarie
Questo secondo livello delle motivazioni riguarda gli aspetti che muovono il comportamento umano verso condotte di tipo sociale, e, dal punto di vista dello studio, vengono spesso ricondotte a variabili di tipo cognitivo-affettivo.
David McClelland identifica 3 motivazioni fondamentali:
·        Il bisogno del successo (o della riuscita) rispecchia il desiderio di successo e la paura per il fallimento.
·        Il bisogno di appartenenza combina i desideri di protezione e socialità con la paura per il rifiuto da parte di altri.
·        Il bisogno di potere riflette i desideri di dominio e il timore di dipendenza.
Gli individui differiscono nella forza di ciascuno di tali motivi, inoltre le situazioni variano nel grado in cui sono collegate e incentivano l'uno o l'altro motivo. Un ruolo significativo è attribuito ai processi cognitivi che catalogano gli stimoli in relazione ai motivi, determinando natura e intensità dei vettori motivazionali. I motivi impliciti che spingono all'azione, sono originati dagli incentivi esterni che attivano specifiche reazioni emotive. Successivamente, con l'apprendimento, si sviluppa uno schema cognitivo che organizza queste reazioni emotive in categorie positive e negative, delineando così gli stimoli da ricercare e quelli da allontanare. Con l'esperienza e l'apprendimento, un numero sempre maggiore di situazioni si associa a questi forti incentivi, consolidando il motivo e trasformandolo in motivazione esplicita.
La teoria dei bisogni di base elaborata da McClelland ha posto una pietra miliare per lo studio delle determinanti cognitive della motivazione. In ambito sociale cognitivo molti altri autori hanno sviluppato contributi significativi nell'ambito della motivazione, concentrandosi sia sul versante teorico di identificazione delle proprietà, sia sul versante pragmatico di definizione operativa delle variabili motivazionali.
    La teoria dell'attribuzione di Weiner si basa sui giudizi retrospettivi circa le cause (interne o esterne) attribuite alle proprie prestazioni. Le persone che attribuiscono i propri successi alle capacità personali, e i propri insuccessi a un impegno insufficiente intraprendono compiti più difficili e persistono nonostante gli insuccessi. Diversamente, chi associa i propri insuccessi a deficit di capacità e i propri successi a fattori situazionali tenderà ad impegnarsi poco, e rinuncerà facilmente alle prime difficoltà.
    La teoria aspettativa-valore (J. W. Atkinson, V. H. Vroom, Fishbein e Ajzen), nelle sue diverse formulazioni, lega la motivazione sia all'aspettativa sul verificarsi di determinati risultati, sia all'attrattiva di tali esiti. Ciò che differenzia i vari modelli è il tipo di motivazioni a cui si applica la teoria: per Atkinson (riproponendo la teoria dei bisogni di base di McClelland) la motivazione al successo, per Ajzen e Fishbein la norma soggettiva, per Vroom la convinzione che il comportamento sia realizzabile con l'impegno.
    Le teorie incentrate sugli obiettivi consapevoli. La capacità di porsi obiettivi stimolanti e valutare su di essi le proprie prestazioni rappresenta uno dei meccanismi motivazionali principali. La motivazione espressa mediante il perseguimento di standard stimolanti è stata confermata nell'ambito della ricerca sulla scelta degli obiettivi (teoria del goal setting di Edwin A. Locke e Gary P. Latham).

“In senso ampio la motivazione è il meccanismo che mi ha spinta al presente percorso di studi con lo scopo di conseguire il diploma professionale di tecnico dei servizi sociali” (G. D’Auria).  

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