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lunedì 16 luglio 2012

Ruolo dei servizi


Un approccio tra agire quotidiano, politica istituzionale e riferimenti teorico-scientifici.
L’importanza della prevenzione nell’adolescenza è centrale per realizzare interventi efficaci e per evitare che molte situazioni di rischio degenerino in devianza, in cronicità o in patologie gravi che richiedono, necessariamente, interventi terapeutici o assistenziali più lunghi, dolorosi e d’incerta risoluzione. Negli ultimi decenni sono stati realizzati numerosi studi e ricerche sui giovani, sull’adolescenza "allungata" che richiede sempre più tempo ed energie per sfociare in uno status integrale e soddisfacente di adulto, si sono moltiplicati i convegni, le associazioni, le riviste scientifiche dedicate ai giovani. Eppure, ci troviamo davanti poche certezze e molti nuovi interrogativi: gli adolescenti oggi hanno problemi ed aspettative diversi da quelli delle generazioni precedenti, anche se il compito rimane lo stesso: vivere un periodo di transizione in cui esperire il più possibile e sviluppare una propria identità personale e sociale coesa e abbastanza stabile. La maggiore difficoltà è data dalla complessità delle società contemporanee, mutevoli e incapaci di fornire riferimenti valoriali assoluti, di dare concrete opportunità di autorealizzazione a tutti, in base alle mete proposte (o imposte) : successo, benessere, denaro, potere. Inoltre, i modelli teorici spesso non trovano riscontro nella metodologia e negli strumenti operativi a disposizione di chi quotidianamente lavora con e per i giovani. È necessario un approccio orientato sulla concretezza del quotidiano, una maggiore attenzione alla coordinazione tra agire pratico, responsabilità politico-istituzionale e riferimenti teorico-scientifici.
L'adolescenza "ci" riguarda
A livello istituzionale, per quanto in Italia abbiamo a disposizione leggi e regolamenti validissimi che forniscono principi, finalità e obiettivi operativi per la salute e lo sviluppo di bambini e adolescenti (dalla L. 285/97 alla 328/00, la legge regionale calabrese n. 23/03 di attuazione della 328, ecc…) c’è in realtà scarsa permeabilità tra conoscenze — ricerca sociale, analisi e comparazione di dati - e momento decisionale — politiche sociali e sanitarie. Le politiche socio-sanitarie nel nostro paese sono spesso formulate ignorando le acquisizioni delle indagini sociologiche a base empirica, per scarse conoscenze finalizzate al processo decisionale pubblico o per mancanza di correlazione tra i due momenti. Ciò si verifica perchè l’oggetto delle politiche e degli interventi è di pertinenza di una pluralità di discipline e figure professionali, ciascuna delle quali tende ad enfatizzare la sua specifica competenza perdendo di vista l’individuo nella sua globalità. L’adolescente, in quanto persona, è un intero non frammentabile, tuttavia è frammentata la preparazione dei vari professionisti nel campo dell’aiuto alla persona. In ambito formativo, l’unità diventa "corpo" per il medico, "psiche" per lo psicologo, "ruolo" sociale per il sociologo, "soggetto portatore di diritti e doveri" per l’avvocato.
Divisioni necessarie per acquisire conoscenza ma non si può evitare di ricomporre l’unità originaria, pena l’incomprensione e l’incapacità di affrontare e risolvere i problemi.
La risposta migliore, almeno fin ora, consiste nel realizzare il cosiddetto lavoro di rete, rete interna ai singoli servizi, ed esterna, più estesa, tra i diversi servizi ed enti, il volontariato, le associazioni, agenzie e istituzioni di ogni livello. La metodologia più adeguata è la progettazione partecipata che prevede il coinvolgimento di tutti i soggetti decisori, dei portatori d’interesse e di tutta la comunità: enti locali, famiglia, scuola, aziende commerciali e terzo settore.
L’adolescenza ci riguarda, in primo luogo perché è una tappa delle nostre vite fondamentale per la successiva, e poi perché l’adolescenza per definizione è crescita, è un processo continuo di sfide, dubbi, traguardi e nuovi obiettivi che ognuno, nella sua unicità, elabora nel confronto con gli altri, coetanei e non.
Elementi principali per una efficace prevenzione con adolescenti
Dalle molte ricerche riportate nella tesi, gli elementi principali su cui incentrare la prevenzione sono sicuramente:
- Una capillare e aggiornata informazione: sulla salute in generale, sulla sessualità, sulle dinamiche relazionali ed affettive, sulla partecipazione sociale e politica alla vita della comunità.
- La comunicazione efficace coi giovani: la capacità di ascolto empatico, di porsi in maniera professionale e concreta, di rispondere in modo adeguato e con riservatezza alle richieste ed ai bisogni reali o indotti, sono tutte doti essenziali per ogni "social worker".
- Servizi accessibili e specializzati nelle problematiche più diffuse: gravidanze precoci e indesiderate, abuso di droghe e alcool, disturbi dell’alimentazione, disadattamento e disturbi legati all’immagine corporea, prostituzione minorile, abusi e maltrattamenti, abbandono scolastico.
Sempre di più l’aspetto sociale, sanitario, preventivo e assistenziale s’intrecciano nella complessità della realtà che viviamo, connotata da instabilità e incertezza, da maggiori rischi di esclusioni e sperequazione, da domande di salute e tutela per bambini e adolescenti, più rispondenti ai loro tempi e spazi, adeguati ai nuovi scenari familiari e sociali.
L’approccio multidisciplinare è sicuramente il più consono alla comprensione del complesso mondo dell’adolescenza, implica un grande investimento nella cooperazione tra settori e collaborazione tra diversi professionisti, tutti ugualmente importanti per la presa in carico del ragazzo o ragazza che vive un disagio o è a rischio di patologie: medici, psicologi, assistenti sociali e sanitari, sociologi, avvocati e giudici minorili, volontari laici e cattolici, insieme dovrebbero tessere una rete che offra sostegno, ascolto ed aiuto effettivi ai ragazzi, supporto e consulenza agli adulti.
La prevenzione parte dalle famiglie e coinvolge servizi competenti (o viceversa)
L’assenza o l’insufficienza di centri e servizi di prevenzione (e cura) per gli adolescenti, porta ad un ripiegamento sulla famiglia e sul gruppo amicale. Le strutture pubbliche non hanno un ruolo incisivo ed è scarsa la fiducia verso le figure classiche di riferimento: psicologi - psichiatri - medici generici. In mancanza di adulti e servizi fidati e sicuri, in genere i ragazzi si rivolgono a chi sta loro più vicino: la famiglia, oppure gli amici. Ritroviamo il "ciclo di salute familiare" secondo il quale, la famiglia svolge un ruolo di mediazione tra i suoi componenti ed i servizi territoriali ed è vista come principale produttore di benessere. Di solito, la famiglia, quando non è essa stessa fonte di conflitti gravi e abusi, è la prima a rilevare eventuali disagi o problemi ed a contattare i servizi competenti.
Ma la famiglia oggi è profondamente cambiata, - separazioni e divorzi in aumento, basso tasso di nascite (in Italia è il più basso d’Europa, 9,4 per mille) precarietà del lavoro e maggiore incertezza nelle relazioni interpersonali e sul futuro — è inadeguata ad affrontare da sola le problematiche adolescenziali. Da qui l’opportunità e l’utilità di avvicinare gli adolescenti ai servizi, migliorandone l’accesso, la visibilità e la disponibilità (tempi, spazi e campagne informative mirate), garantendo competenza, personale specializzato e preparato alla comunicazione coi giovani, la qualità di strutture e iniziative, la riservatezza. Queste le sfide per un programma di prevenzione sociale rispettoso dei bisogni e delle aspettative dei ragazzi.
Le agenzie di socializzazione formano una rete relazionale in cui ogni adolescente è immerso, nessun nodo è predominante sugli altri perché una rete debolmente connessa o "fallata" finisce per essere autoreferenziale e perde funzionalità. Quindi i servizi socio-sanitari, pubblici e privati, devono tenere in considerazione tali reti e cogliere ogni opportunità d’inserirsi al loro interno e offrire risposte adeguate agli individui e alle famiglie.
Bisogna rafforzare i canali d’informazione, le connessioni, attraverso le buone prassi consolidate o innovative, tra esigenze dei giovani e risposte istituzionali. Per questo assumono particolare rilevanza quelle professioni di "confine" - assistente sociale, medico di base, insegnante - che favoriscono l’accesso ad una rete di servizi articolata, forniscono quella fiducia nelle istituzioni che solitamente i giovani non hanno, diventando importanti recettori delle forme e delle motivazioni del disagio e delle speranze degli adolescenti. C’è ancora tantissimo da fare!

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