Questo tipo di terapia è stato sviluppato tra gli anni '50 e '60 da Carl Rogers,
durante la sua lunga esperienza clinica; tale approccio si basa su
alcuni assunti concernenti la natura umana e i mezzi con i quali
possiamo provare a comprenderla.
- Le persone possono essere capite solamente partendo dalle loro
percezioni e dai loro sentimenti, ossia dal loro mondo fenomenologico.
Per capire un individuo dobbiamo concentrare la nostra attenzione non
sugli eventi che egli esperisce ma sul modo in cui li esperisce, perché
il mondo fenomenologico di ogni persona è la determinante principale del
suo comportamento e ciò che la rende unica.
- Le persone sane sono consapevoli del loro comportamento. In questo senso il sistema di Rogers è simile a quello della psicanalisi e dell'analisi dell'Io, poiché pone la consapevolezza delle motivazioni tra i suoi obiettivi principali.
- Le
persone sane sono per loro natura buone e capaci di comportarsi in
maniera efficace; esse diventano inefficaci e disturbate solamente
quando interviene un apprendimento errato.
- Le persone
sane sono capaci di comportamenti finalizzati e sanno darsi degli
obiettivi. Esse non rispondono passivamente all'influenza dell'ambiente o
alle proprie pulsioni interiori, e sono in grado di compiere scelte
autonome. In questa asserzione Rogers è più vicino agli psicanalisti
dell'Io che agli psicanalisti freudiani ortodossi.
- Il terapeuta non dovrebbe cercare di manipolare gli eventi per conto del cliente; piuttosto dovrebbe creare le condizioni in grado di facilitare un processo decisionale autonomo da parte sua. Quando le persone non si preoccupano eccessivamente delle valutazioni, delle esigenze e delle preferenze altrui, la loro esistenza risulta guidata da una tendenza innata all'autorealizzazione.
Sulla
base del presupposto che una persona matura e bene adattata fonda i
suoi giudizi su elementi intrinseci di soddisfacimento e
autorealizzazione, Rogers evitava di imporre obiettivi al cliente durante la terapia.
Secondo Rogers è il cliente che deve "prendere il comando" e dirigere
l'andamento della conversazione e della seduta. Il compito del terapeuta
è quello di creare le condizioni per cui durante la seduta il cliente
possa entrare in contatto con la sua natura più profonda e valutare da
solo quale stile di vita è per lui intrinsecamente gratificante. Poiché
aveva un visione molto positiva delle persone, Carl Rogers riteneva che
attraverso l'esercizio di decisioni autonome esse sarebbero riuscite non
solo ad essere soddifatte di se stesse, ma anche a diventare delle persone capaci di instaurare relazioni socialmente adeguate. La strada per raggiungere queste decisioni positive, tuttavia, non è facile.
Secondo Rogers e gli altri terapeuti del filone umanistico ed esistenziale, la persone devono assumersi la responsabilità della propria vita anche quando sono disturbate. È spesso difficile per un terapeuta astenersi dal dare consigli, dal farsi carico dell'esistenza del cliente, specialmente quando tale cliente appare incapace di prendere decisioni autonome. Ma i rogersiani si attengono strettamente alla regola secondo cui, data un'atmosfera terapeutica calda, sollecita e ricettiva, l'innata capacità di crescita e di autorealizzazione dell'individuo alla fine si affermerà. Essi ritengono che se il terapeuta interviene scopertamente, il processo di crescita e di autorealizzazione ne risulterà solo ostacolato, e che qualunque sollievo a breve termine possa derivare dall'intervento del terapeuta esso interferirà con la crescita a lungo termine. Il terapeuta non deve diventare l'ennesima persona i cui desideri il cliente deve cercare di soddisfare.
Secondo Rogers il terapeuta dovrebbe possedere tre qualità fondamentali: autenticità, considerazione positiva e incondizionata e profonda comprensione empatica. L'autenticità, talvolta chiamata congruenza, comprende la spontaneità, l'apertura e la genuinità. Il terapeuta non ha niente di fasullo, non si nasconde dietro una facciata professionale, e rivela i suoi pensieri e sentimenti al cliente in maniera informale e schietta. In un certo senso il terapeuta, mettendosi così onestamente allo scoperto, fornisce un modello di ciò che il cliente stesso può diventare se si mette in contatto con i suoi sentimenti, li esprime e si assume la responsabilità di farlo. Il terapeuta ha il coraggio di presentarsi agli altri per quello che veramente è.
Il secondo attributo di un bravo terapeuta, secondo Rogers, è la capacità di offrire una considerazione positiva incondizionata. Egli apprezza il cliente per quello che è e gli comunica un affetto non possessivo, anche quando non approva il suo comportamento. Le persone hanno valore semplicemente per il fatto di essere persone e il terapeuta deve avere profondamente a cuore il cliente e rispettarlo, per la semplice ragione che egli è un essere umano impegnato nella lotta per crescere e stare al mondo. La terza qualità, una profonda comprensione empatica, è la capacità di vedere il mondo - momento per momento - attraverso gli occhi del cliente, di comprendere i sentimenti sia da suo personale punto di vista fenomenologico, di cui il cliente è ben conscio, sia da prospettive di cui egli potrebbe essere solo confusamente consapevole.
Secondo Rogers e gli altri terapeuti del filone umanistico ed esistenziale, la persone devono assumersi la responsabilità della propria vita anche quando sono disturbate. È spesso difficile per un terapeuta astenersi dal dare consigli, dal farsi carico dell'esistenza del cliente, specialmente quando tale cliente appare incapace di prendere decisioni autonome. Ma i rogersiani si attengono strettamente alla regola secondo cui, data un'atmosfera terapeutica calda, sollecita e ricettiva, l'innata capacità di crescita e di autorealizzazione dell'individuo alla fine si affermerà. Essi ritengono che se il terapeuta interviene scopertamente, il processo di crescita e di autorealizzazione ne risulterà solo ostacolato, e che qualunque sollievo a breve termine possa derivare dall'intervento del terapeuta esso interferirà con la crescita a lungo termine. Il terapeuta non deve diventare l'ennesima persona i cui desideri il cliente deve cercare di soddisfare.
Secondo Rogers il terapeuta dovrebbe possedere tre qualità fondamentali: autenticità, considerazione positiva e incondizionata e profonda comprensione empatica. L'autenticità, talvolta chiamata congruenza, comprende la spontaneità, l'apertura e la genuinità. Il terapeuta non ha niente di fasullo, non si nasconde dietro una facciata professionale, e rivela i suoi pensieri e sentimenti al cliente in maniera informale e schietta. In un certo senso il terapeuta, mettendosi così onestamente allo scoperto, fornisce un modello di ciò che il cliente stesso può diventare se si mette in contatto con i suoi sentimenti, li esprime e si assume la responsabilità di farlo. Il terapeuta ha il coraggio di presentarsi agli altri per quello che veramente è.
Il secondo attributo di un bravo terapeuta, secondo Rogers, è la capacità di offrire una considerazione positiva incondizionata. Egli apprezza il cliente per quello che è e gli comunica un affetto non possessivo, anche quando non approva il suo comportamento. Le persone hanno valore semplicemente per il fatto di essere persone e il terapeuta deve avere profondamente a cuore il cliente e rispettarlo, per la semplice ragione che egli è un essere umano impegnato nella lotta per crescere e stare al mondo. La terza qualità, una profonda comprensione empatica, è la capacità di vedere il mondo - momento per momento - attraverso gli occhi del cliente, di comprendere i sentimenti sia da suo personale punto di vista fenomenologico, di cui il cliente è ben conscio, sia da prospettive di cui egli potrebbe essere solo confusamente consapevole.
LA TERAPIA DI GRUPPO
Inoltre, molti traggono conforto e sostegno semplicemente dalla consapevolezza che anche altri hanno problemi simili ai loro. Molte delle tecniche proprie della terapia individuale possono essere impiegate anche per trattare gli individui in gruppo. Vi sono, pertanto, gruppi a orientamento psicanalitico, gruppi di terapia della Gestalt, gruppi di terapia centrata sul cliente, gruppi di terapia comportamentale, nonché innumerevoli altri gruppi. Nel formare un gruppo per scopi terapeutici occorre tenere presenti diverse considerazioni.
La selezione dei pazienti. È più facile identificare le persone per le quali la terapia di gruppo non è appropriata piuttosto che coloro per i quali è appropriata. In generale, i pazienti affetti da una forma acuta di psicosi o di depressione, gli psicopatici o chi ha problemi connessi all'abuso di sostanze non sono buoni candidati per questo tipo di terapia, benché i gruppi specializzati possano apportare loro qualche beneficio. I contesti ospedalieri consentono scarsa flessibilità per quanto riguarda la selezione dei partecipanti, perché di solito tutti i pazienti vengono inseriti in gruppi. I contesti non ospedalieri forniscono al terapeuta maggior controllo su chi possa opportunamente diventare membro di un gruppo.
La preparazione dei pazienti. La maggior parte dei terapeuti cerca di fare almeno un minimo di conoscenza con i singoli partecipanti prima di inserirli in un gruppo. Oltre a contribuire alla selezione, questa fase aiuta il terapeuta a preparare i partecipanti all'esperienza di gruppo, per esempio informandoli sulle regole di base, quali l'obbligo di mantenere la più assoluta riservatezza su quanto emerge all'interno del gruppo e la necessità di astenersi da comportamenti aggressvi. La preparazione di partecipanti è associata a tassi inferiori di abbandono, a minori silenzi improduttivi e a risultati migliori e può mostrarsi uno dei fattori più importanti per la piena riuscita del trattamento di gruppo.
La frequenza e la durata delle sedute. I gruppi in genere si incontrano per una o due ore una volta alla settimana. All'interno degli ospedali psichiatrici le sedute di gruppo tendono a durare meno perché i pazienti ricoverati sono in genere più disturbati dei pazienti esterni e non sono in grado di affrontare lunghe sedute.
La coesione. In generale si ritiene che quando vi è coesione di gruppo, quando cioè i suoi membri si sentono coinvolti nel gruppo o provano un senso di lealtà nei suoi confronti, essi partecipano più volentieri, con un'adesione più piena, e sono più aperti agli interventi terapeutici.
La conclusione. Idealmente, un gruppo giunge a conclusione quando tutti i suoi membri hanno raggiunto i loro obiettivi terapeutici, ma ciò si verifica assai di rado. Fattori extraterapeutici - fondi insufficienti, membri che si trasferiscono etc. - giocano spesso un ruolo chiave nel determinare lo scioglimento di un particolare gruppo. La conclusione della terapia di gruppo può indurre un'ampia gamma di emozioni, che vanno dalla felicità al senso di abbandono; tali emozioni e sentimenti diventano di solito argomenti di discussione per il gruppo.
Nella
terapia di gruppo il terapeuta tratta con un certo numero di pazienti
contemporaneamente. Essa risulta meno costosa della terapia individuale e
può agire su più persone allo stesso tempo, offrendo il vantaggio di
sfruttare in maniera più efficace il tempo. Durante le sedute di terapia
di gruppo l'attenzione può essere focalizzata su uno dei partecipanti,
mentre gli altri ascoltano e partecipano attivamente, rendendo possibile
una forma di apprendimento vicario. All'interno del gruppo, inoltre, le
pressioni sociali possono essere sorprendentemente forti. Se durante
una seduta individuale il terapeuta dice a un suo cliente che il suo
comportamento risulta ostile anche quando l'ostilità non è intenzionale,
il messaggio può essere respinto; se invece tre o quattro altre persone
concordano con l'interpretazione del terapeuta, diventa molto più
difficile per l'individuo non accettarla.
Inoltre, molti traggono conforto e sostegno semplicemente dalla consapevolezza che anche altri hanno problemi simili ai loro. Molte delle tecniche proprie della terapia individuale possono essere impiegate anche per trattare gli individui in gruppo. Vi sono, pertanto, gruppi a orientamento psicanalitico, gruppi di terapia della Gestalt, gruppi di terapia centrata sul cliente, gruppi di terapia comportamentale, nonché innumerevoli altri gruppi. Nel formare un gruppo per scopi terapeutici occorre tenere presenti diverse considerazioni.
La selezione dei pazienti. È più facile identificare le persone per le quali la terapia di gruppo non è appropriata piuttosto che coloro per i quali è appropriata. In generale, i pazienti affetti da una forma acuta di psicosi o di depressione, gli psicopatici o chi ha problemi connessi all'abuso di sostanze non sono buoni candidati per questo tipo di terapia, benché i gruppi specializzati possano apportare loro qualche beneficio. I contesti ospedalieri consentono scarsa flessibilità per quanto riguarda la selezione dei partecipanti, perché di solito tutti i pazienti vengono inseriti in gruppi. I contesti non ospedalieri forniscono al terapeuta maggior controllo su chi possa opportunamente diventare membro di un gruppo.
La preparazione dei pazienti. La maggior parte dei terapeuti cerca di fare almeno un minimo di conoscenza con i singoli partecipanti prima di inserirli in un gruppo. Oltre a contribuire alla selezione, questa fase aiuta il terapeuta a preparare i partecipanti all'esperienza di gruppo, per esempio informandoli sulle regole di base, quali l'obbligo di mantenere la più assoluta riservatezza su quanto emerge all'interno del gruppo e la necessità di astenersi da comportamenti aggressvi. La preparazione di partecipanti è associata a tassi inferiori di abbandono, a minori silenzi improduttivi e a risultati migliori e può mostrarsi uno dei fattori più importanti per la piena riuscita del trattamento di gruppo.
La frequenza e la durata delle sedute. I gruppi in genere si incontrano per una o due ore una volta alla settimana. All'interno degli ospedali psichiatrici le sedute di gruppo tendono a durare meno perché i pazienti ricoverati sono in genere più disturbati dei pazienti esterni e non sono in grado di affrontare lunghe sedute.
La coesione. In generale si ritiene che quando vi è coesione di gruppo, quando cioè i suoi membri si sentono coinvolti nel gruppo o provano un senso di lealtà nei suoi confronti, essi partecipano più volentieri, con un'adesione più piena, e sono più aperti agli interventi terapeutici.
La conclusione. Idealmente, un gruppo giunge a conclusione quando tutti i suoi membri hanno raggiunto i loro obiettivi terapeutici, ma ciò si verifica assai di rado. Fattori extraterapeutici - fondi insufficienti, membri che si trasferiscono etc. - giocano spesso un ruolo chiave nel determinare lo scioglimento di un particolare gruppo. La conclusione della terapia di gruppo può indurre un'ampia gamma di emozioni, che vanno dalla felicità al senso di abbandono; tali emozioni e sentimenti diventano di solito argomenti di discussione per il gruppo.
Il contesto ospedaliero e i contesti extraospedalieri.
La maggior parte dei punti fin qui descritti si riferisce a gruppi i
cui membri non sono ricoverati in ospedali psichiatrici. I gruppi
composti da pazienti ricoverati differiscono da tali gruppi sotto
diversi aspetti. Negli ospedali, in genere, i pazienti vengono assegnati
ad un gruppo che si incontra ogni giorno; questi gruppi hanno un
ricambio molto rapido e sono più eterogenei rispetto ai gruppi formati
da non ospedalizzati. I pazienti ospedalizzati tendono ad essere più
ambivalenti rispetto ai non ospedalizzati, poiché la partecipazione al
gruppo per loro è obbligatoria. Essi, inoltre, soffrono di disturbi più
gravi e quando non sono sotto l'effetto di farmaci antipsicotici o
antidepressivi la loro capacità di partecipare attivamente al gruppo
risulta notevolmente ridotta. L'obiettivo terapeutico dei gruppi di
ricoverati è aiutare i pazienti a riconquistare il loro precedente
livello di funzionamento e prepararli per la dimissione e il trattamento
esterno. I conduttori di tali gruppi svolgono in genere un ruolo più
attivo e incoraggiano maggiormente la partecipazione rispetto ai
conduttori dei gruppi extraospedalieri. Infine, diversamente da quanto
avviene tra i partecipanti dei gruppi esterni, il contatto tra i
pazienti ospedalizzati al di fuori del gruppo è frequente dal momento
che essi vivono assieme.
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