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martedì 14 maggio 2013

Riflessioni pedagogiche. Bioetica, prassi assistenziali e dignità della persona.





La bioetica come sfondo culturale delle nuove prassi assistenziali.
 Il problema dell’assistenza non può essere pensato a prescindere dal contesto storico sociale in cui si pone. Una riflessione sull’etica della condizione umana deve in tal senso tener conto di una ormai diffusa disomogeneità nelle valutazioni morali che, problematicamente, porta a ritenere il pluralismo etico non solo un fatto, ma anche un valore. La bioetica diviene così un riferimento importante quando cerca  di salvaguardare la pluralità dei valori riconoscendo, nello stesso tempo, l’unicità della morale. Essa aiuta anche a comprendere i cambiamenti inerenti alle relazioni di cura. Da un lato il rapporto tra medico e paziente tende ad assumere una forma contrattuale e, quindi, potenzialmente conflittuale, dall’altro il passaggio dalle cure intensive a quelle estensive modifica profondamente i tempi e le relazioni di assistenza. La bioetica si evidenzia, in questo senso, come una disciplina capace di cogliere e valutare i cambiamenti inerenti alla realtà culturale che fanno da sfondo alle nuove prassi assistenziali. 
Dignità della persona e qualità della vita
Nel presente contesto culturale vige l’immagine, pressoché universalmente condivisa, secondo cui la persona umana è centro di valori e di diritti. Come esiste però un pluralismo etico di cui occorre tenere conto, esiste anche una pluralità di concezioni antropologiche. La risposta alla domanda su “chi è persona?” è rilevante perché condiziona le logiche di inclusione ed esclusione nelle dinamiche di cura e di assistenza. Alla base del complesso rapporto fra dignità della vita e qualità della vita si riscontra spesso una separazione fra il concetto di vita personale e vita corporea, come se potesse esserci la prima senza la seconda. Così si assiste ad un cambiamento da un modello in cui l’esistenza dell’essere umano è considerata sacra, ad uno che fa dipendere il valore della vita dalle capacità possedute dal soggetto in un determinato momento. All’idea della vita come qualcosa di “dato” (da Dio o dalla natura) si contrappone quella della vita come “progetto” dell’uomo stesso, in cui si definisce quando e come nascere, quando e come morire, e si stabilisce se essa sia, o meno, degna di essere vissuta. La valutazione di questi modelli antropologici è incentrata sulla tesi secondo cui la dignità della persona è il fondamento adeguato per promuoverne la qualità della vita.
 Autonomia e dipendenza nella condizione umana
L’assistenza è sempre un rapporto tra persone con  un grado maggiore o minore di autonomia. L’autonomia, però, si afferma e si rafforza sempre in legami di dipendenza: pertanto, l’idea che una relazione di dipendenza sia lesiva della dignità della persona nasce da una concezione irreale dell’autonomia stessa. Non è la dipendenza, dunque, ad essere un problema, ma il modo in cui essa viene realizzata tenendo conto, o meno, della dignità della persona umana in ogni condizione o stadio della sua esistenza.

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