Per attaccamento si intende,
nell'originaria teoria elaborata da John Bowlby, la condizione nella quale un
individuo è legato emotivamente a un'altra persona, generalmente percepita come
più forte quindi rassicurante. Il rapporto bambino/ madre come rapporto tra chi
cerca e chi offre le cure è stato studiato come sistema comportamentale di
attaccamento.
La prova dell'esistenza
dell'attaccamento viene dalla ricerca di prossimità
(o vicinanza), dal fenomeno della base
sicura e dalla protesta per la
separazione.
L’aspetto cruciale dell’attaccamento
nella specie umana è che attraverso questa relazione il bambino interiorizza
quelle strategie che mantengono, nel modo più adattivo possibile, il contatto
con la figura d’attaccamento. Egli “impara”, cioè, a rappresentarsi dei modelli
cognitivo-affettivi del Sé e del Sé con l’altro che verranno attivati
ogniqualvolta sarà necessario raggiungere la maggior prossimità possibile con
la figura di attaccamento.
Questi modelli, dapprima
basati su competenze innate specie-specifiche, si andranno modificando ed
organizzando attraverso la retroazione ambientale in sistemi più complessi,
gerarchicamente organizzati, con relazioni reciproche e regole abbastanza
stabili. In questa organizzazione avremo già la presenza di scopi, tattiche,
strategie e la capacità di autorappresentazione.
In particolare, avremo due
distinti modelli di rappresentazione fondamentale: il modello ambientale, che
prefigura la condizioni di disponibilità ed accessibilità della figura di
attaccamento, ed un modello basato sulle condizioni del soggetto, in
particolare sulla rappresentazione del Sé e del Sé con l’altro, in relazione
alla capacità del soggetto di suscitare reazioni positive in chi lo accudisce.
Queste costruzioni sono di origine precocissima, e saranno molto stabili e protette
nel corso dello sviluppo, formando il nucleo rappresentazionale interno del
sistema di attaccamento e sono state chiamate da Bowlby Modelli Operativi
Interni (Internal working model).
La teoria dell’attaccamento
parte dall’osservazione del comportamento del bambino dalla prima infanzia in
poi verso le figure familiari ed estranee presenti nell’ambiente, e in
occasione della separazione dalle figure di attaccamento.
Aree collaterali di
osservazione riguardano il comportamento degli adulti verso i bambini che sono
chiamati ad accudire, le reazioni al lutto, il processo della formazione e
della rottura dei legami affettivi.
L’attaccamento del
bambino, il legame fra bambino e caregivers,
e le reazioni alla separazione vengono così descritti, in tutti i loro aspetti,
come funzioni di un sistema
comportamentale unico.
Tale tipo di
descrizione da un lato esonera dal pensare in termini di causalità lineare e
dall’altro lascia relativamente indistinta la tradizionale netta distinzione
fra ciò che appartiene all’individuo e ciò che appartiene all’ambiente.
E’ da notare che
tale sistema comportamentale di attaccamento è definito da regole (action rule e stopping rule) e non dalle caratteristiche intrinseche del
comportamento stesso, che può variare da momento a momento. Le regole
connettono funzionalmente il comportamento del bambino e il comportamento
dell’ambiente ovvero definiscono le transizioni da certi stati del sistema
bambino-madre ad altri stati dello stesso sistema. Le regole esistono in quanto
esiste l’interconnessione fra bambino e ambiente.
Le regole del
sistema dell’attaccamento sono connesse e coordinate alle regole di altri
sistemi comportamentali.
Tali regole del
sistema comportamentale di attaccamento, come è vero per tutti i sistemi capaci
di apprendimento, sono in parte plasmabili.
Dalla fine del
primo anno di vita in poi, esso viene mediato da sistemi comportamentali sempre
più sofisticati e complessi, organizzati e incorporanti modelli rappresentativi
dell’ambiente e del sé. Questi modelli rappresentativi di sé e degli altri
significativi che intervengono nella regolazione dell’attaccamento, ovviamente,
si formano a partire dall’esperienza di interazione del bambino con le persone
che costituiscono la famiglia e possiedono le proprietà dei sistemi, quelli che
Piaget chiama “schemi”, che si strutturano secondo le leggi dello sviluppo
della conoscenza individuale fino alla formalizzazione delle operazioni
logico-deduttive.
Le modalità di attaccamento si cominciano a realizzare
nella vita intrauterina ma è dalla nascita che il sistema di attaccamento del
neonato entra in interazione con quello dei genitori.
La modulazione del tono, i ritmo delle parole
rappresentano elementi costitutivi del processo di attaccamento nelle sue fasi
iniziali predisponendo il bambino ad un corretto sviluppo delle capacità di
adattamento e consentendone lo sviluppo emozionale e della conoscenza di sé.
Per questi motivi la modalità con cui si struttura la reciprocità tra genitori
e figlio è estremamente importante per l'organizzazione della conoscenza del
bambino. Si assiste dunque all'intersezione di fattori genetici, cioè di
predisposizioni biologiche, cui si sommano gli aspetti dei sistemi di
reciprocità, cioè lo stile di allevamento, che i bambini sperimentano nei primi
anni di vita che, successivamente, nell'interazione con i fattori ambientali e
sociali, determinano il successivo sviluppo della personalità sia per ciò che
riguarda il concetto di sé, l'autostima e la sicurezza sia per quanto riguarda
l'ambiente scolare, i rapporti con i coetanei, la famiglia, le capacità di
prendere decisioni e fare scelte. Le teorie sullo sviluppo dei processi emotivi
hanno visto impegnati in prima istanza autori di matrice psicoanalitica nelle
cui tesi si sottolineava che le emozioni e la coscienza di sé derivano dalla
regolazione e dal controllo delle spinte pulsionali e dalla consecutiva
distribuzione energetica, successivamente con gli studi di Bowlby si è
cominciato a parlare di sistema comportamentale in cui è implicito il concetto
di motivazione. Recentemente lo sviluppo delle neuroscienze ha portato a
realizzare modelli interpretativi più sofisticati che interfacciano aspetti
neurobiologici e legami affettivi.
Secondo alcuni ricercatori un'esperienza emotiva vera e
propria compare verso i 7-8 mesi e quindi anche l'idea della permanenza delle
figure d'attaccamento. Ovviamente anche un neonato ha manifestazioni di
terrore, ad esempio di fronte ad un forte rumore, ma questo viene definito
stato emotivo e non esperienza emotiva: sarebbe, cioè, geneticamente
predisposto a quella reazione senza averla ancora imparata.
Le esperienze emotive hanno una gradualità, cosicché la
paura precede la vergogna o la colpa per le quali è necessario un più erborato
meccanismo di pensarsi. Non c'è una priorità tra sviluppo emotivo e cognitivo:
entrambi agiscono come strutture inseparabili fin dalle primissime fasi dello
sviluppo.
Sviluppo del Sé e teorie
psicoanalitiche
Le teorie
sull’amore di Freud vengono qui messe in evidenza per chiarire le differenze
rispetto al punto di vista della psicologia del sé.
Secondo Freud la
base dell’unione è l’istinto sessuale. Nella sua teoria dei due stadi l’amore è
sessualità sublimata e ha due radici: la tenerezza e la sensualità.
La prima deriva
dalla libido oggettuale inibita nella meta e deriva dall’originale scelta
oggettuale infantile: gli istinti sessuali seguono gli istinti dell’Io.
L’aspetto sensuale emerge nella pubertà e – a causa del tabù dell’incesto –
incoraggia il distacco dall’oggetto infantile. L’aspetto affettuoso derivato
dall’infanzia gradualmente passa su un nuovo oggetto d’amore dando origine
all’amore sensuale.
Freud considera la capacità di
amare, insieme alla capacità di lavorare, come un elemento della salute
psichica.
Essa tuttavia è confinata in un
modello di passioni motivate dagli istinti che a livello intrapsichico danno
origine al conflitto col Super-Io. La tragedia della ricerca della felicità
attraverso il lavoro e l’amore è che alla fine conduce all’angoscia e al dolore,
perché l’individuo fa esperienza della propria incapacità a controllare gli
istinti e di trovarsi alla mercé dei poteri distruttivi dell’aggressività e dei
propri sensi di colpa.
Le teorie di Freud sull’amore
sono strettamente collegate alla sua concezione del narcisismo. Si occupa
unicamente della linea evolutiva dal narcisismo all’oggetto.
Dal suo punto di vista l’apparato psichico evolve dai processi
primari e immaturi ai processi secondari maturi. Questo ha come risultato la
sublimazione di forme immature di investimento istintuale, il narcisismo, verso
forme mature di amore oggettuale. Il narcisismo primario viene istituito come
la transizione dall’autoerotismo all’amore oggettuale e indica lo stato di
essere innamorati di se stessi.
Freud, inoltre, trova questo
amore di sé anche nell’omosessualità, che egli spiega come il risultato
dell’amore represso per la madre.
Il narcisismo secondario è
conseguente al ritiro dell’investimento libidico oggettuale successivo alla
fase narcisistica primaria. Il narcisismo primario, secondo Freud, è una fase
nella quale gli istinti sessuali precedentemente non organizzati si uniscono in
relazione ad un oggetto: l’Io in via di sviluppo. Freud ha definito il narcisismo primario in termini
economici ed energetici come investimento libidico dell’Io.
Un maggiore o minore livello di
narcisismo è collegato ai corrispondenti cambiamenti nell’amore oggettuale. La
meta evolutiva è l’amore oggettuale post-edipico.
"La
scoperta dell’oggetto è in realtà una riscoperta", perché nell’amore
adulto viene ricercato l’oggetto d’amore dell’infanzia.
Il primo punto
di distacco da Freud è che Kohut ha concettualizzato la sua linea evolutiva per
il narcisismo, o per il sé e il suo oggetto-sé, slegata dall’istinto e l’ha
sempre più considerata non solo come indipendente dallo sviluppo istintuale, ma
come primaria.
Essa deriva da un sé virtuale e
conduce, attraverso il sé arcaico, al sé maturo, facilitando quindi lo sviluppo
di un sé coeso inscritto in una matrice d’oggetto-sé.
L’onnipotenza infantile è seguita
da un crescente senso di realtà e la grandiosità infantile gradualmente lascia
il posto ad una percezione matura del proprio valore. Solo un sé non coeso
dipende in vari gradi dalle esperienze d’oggetto-sé arcaiche, a seconda della
dimensione della strutturazione intrapsichica.
Una capacità limitata di
auto-calmarsi, per esempio, porta alla ricerca di oggetti-sé idealizzati,
mentre la bassa auto-stima porta alla ricerca di oggetti-sé rispecchianti. Lo
sviluppo normale quindi non è concepito come un facile progredire dalla
dipendenza senza risorse all’autonomia, o dall’amore di sé all’amore
oggettuale. Al contrario i bisogni di oggetto-sé permangono per tutta la vita e
normalmente si trasformano da forme arcaiche a forme mature. Bisogni arcaici
d’oggetto-sé non scaturiscono dalla perdita di un oggetto amato, ma piuttosto
dall’assenza di esperienze d’oggetto sé più mature.
La seconda differenza rispetto a
Freud consiste nell'idea che la salute psichica secondo Kohut non è confinata alla
capacità di amare e lavorare, ma piuttosto alla realizzazione di almeno una
sfera della personalità nella quale, mediante le capacità e le attitudini
esistenti, vengono perseguite con successo le aspirazioni verso una meta
ideale.
Il benessere soggettivo è dunque
decisivo.
Mentre il punto di vista
romantico di Kohut enfatizza la realizzazione e lo sviluppo del sé, e non vede
conflitti importanti tra la natura interiore e la realtà esterna, la posizione
classica di Freud è definita dal credere nella ragione combinata con una
moralità del sacrificio come unica possibilità per stabilire relazioni umane.
Processi ed esperienze
nell’ambito dell’amore primario o delle relazioni di oggetto-sé facilitano lo
sviluppo del sé e allo stesso tempo formano le basi della capacità per l’amore
oggettuale. L’esperienza interna di sentirsi amati, cioè le funzioni di
oggetto-sé di prendersi cura, di disponibilità, di empatia e di piacere fornite
dai genitori in modo pieno nelle relazioni col bambino, corrispondono all’amore
passivo di Balint e di Ferenczi. Questa concettualizzazione non riduce l’amore
meramente alle origini somatiche interne.
La stima di sé e l’amore nascono
da una matrice di relazioni di oggetto-sé. L’amore è il bisogno di
reintegrazione attiva di una relazione di oggetto-sé precedente, nella quale si
realizza l’amore e l’essere amati. Lo scopo delle relazioni più intime è il
mutuo scambio di sostegno al sé. L’oggetto d’amore soddisfa le prime richieste
di oggetto-sé, al punto che il soggetto e l’oggetto sono chiaramente separati.
L’oggetto d’amore è quindi intimamente connesso all’amore di sé.
Il legame tra sensualità ed
erotismo è forgiato attraverso le connessioni tra l’esperienza di sensualità
infantile e adulta. Comunque, anche la non sensualità è una parte abbastanza
fondamentale dell’amore oggettuale.
Lo sviluppo dalla forma arcaica a
quella matura delle funzioni di oggetto-sé conduce all’oggetto che viene visto
sempre più chiaramente come al centro della propria iniziativa dell’individuo.
Lo sviluppo dell’amore dipende da questo. La relazione con un oggetto percepito
sempre più come indipendente non è semplicemente un’esperienza gioiosa.
Frequentemente c’è una successione di esperienze di separazione e fusione
attraverso le quali lo sviluppo dell’amore ottiene il suo inconfondibile
carattere e intensità.
Terman paragona questa sequenza a
una fuga: un tema che si schiude e che successivamente viene raccolto da
singole voci, le quali formano insieme una confluenza che poi va via di nuovo.
La capacità di prendersi cura e di apprezzare gli altri, secondo Terman, non è
del tutto presente finché lo sviluppo del sé non è completo e non c’è più un
obbligo unidirezionale di soddisfare le funzioni d’oggetto-sé essenziali.. La
reciprocità di queste funzioni viene acquisita solo molto più tardi nello
sviluppo.
Mentre
Freud comprendeva l’amore come sessualità sublimata, la psicologia
psicoanalitica del sé lo concepisce come considerazione, tenerezza, affetto e
interesse.
Siccome l’oggetto d’amore ha
funzioni d’oggetto-sé, può accadere che in reazione alla rottura di una
relazione - come risultato dell’umiliazione e del rifiuto – si sviluppino
sintomi narcisistici. In questo caso la sessualità è secondaria; l’importanza
motivazionale di preservare la coerenza di sé è primaria.
L’amore maturo è caratterizzato
dal più maturo uso reciproco che gli adulti fanno dell’altro come oggetto-sé.
Questa forma più matura di relazione è raggiunta per mezzo di un sé più forte e
coerente, che si è sviluppato all’interno di un centro relativamente
indipendente di iniziative e può, quindi, considerare gli altri come un
oggetto.
Riguardo l’attaccamento, deve
essere molto chiaro che l’attaccamento e l’amore non sono, di certo, identici.
Ogni relazione d’amore contiene una relazione d’attaccamento, ma non viceversa.
La prima teoria di Freud sull’amore può essere considerata come l’anticipazione
di una relazione d’attaccamento.
Le ricerche contemporanee
sull’attaccamento hanno scoperto che le relazioni d’amore adulte possono essere
fatte risalire agli stili d’attaccamento acquisiti nell’infanzia. Suggeriscono
che un tipo di gioco d’amore – l’amore romantico – può essere compreso come un
processo d’attaccamento.
Questo punto di vista ha un
significato particolare perché l’amore romantico, in quanto opposto all’amore
di coppia, sta diventando sempre più importante.
Con l’aiuto della teoria
sull’attaccamento, è possibile concettualizzare differenti forme di amore nel
corso dello sviluppo.
Si presuppone che le
caratteristiche della comunicazione nell’attaccamento infantile (cioè la
responsività, la prevedibilità, il sostegno, la sicurezza, ed altro)
determinano anche la sicurezza di un attaccamento romantico adulto.
Nella teoria dell’attaccamento
normalmente vengono distinti quattro tipi di attaccamento infantile:
- Attaccamento sicuro (tipo B)
- Attaccamento insicuro-evitante (tipo A)
- Attaccamento insicuro-ambivalente ((tipo C)
- Attaccamento disorganizzato-disorientato (tipo D)
Waters e altri hanno mostrato che
nel 70% dei casi il tipo di attaccamento infantile rimane invariato fino ai
vent’anni. All’opposto, Owens e altri hanno mostrato che il potere determinante
delle esperienze primarie non è così forte, ma al contrario la mutua
costruzione di una relazione d’attaccamento romantica adulta può modificare
l’effetto delle esperienze primarie. Non hanno riscontrato alcuna correlazione
tra i tipi di attaccamento infantile dei due partner, ma una correlazione tra i rappresentanti delle loro
attuali relazioni d’amore.
Ne consegue che le esperienze di
attaccamento primarie hanno solo una moderata influenza sulla relazione
d’attaccamento tra due partner
adulti, così che una certa apertura al cambiamento è sempre presente e
l’equazione infanzia felice/infelice = amore felice/infelice non è sempre vera.
Nella teoria dell’attaccamento si
assume che l’attaccamento degli adulti può essere modellato come nello schema
di Bowlby dello sviluppo del bambino.
Da alcuni studi, effettuati da
Beebe e McCrorie nel 1996, è emerso che nelle coppie avviene un bilanciamento
dei ritmi vocali, un coordinamento dei pattern
temporali, che è propedeutico al raggiungimento della co-costruzione di un
attaccamento sicuro attraverso attese e anticipazioni.
Questo è un processo simile a
quello che avviene tra madre e figlio, o tra analista e analizzando. In modo
interessante, una contingenza massima di ritmi vocali tra madre e bambino di
quattro mesi porta a un attaccamento di tipo disorganizzato nel bambino all’età
di 12 mesi.
Infine, c’è un ulteriore aspetto
dell’amore, già osservato come significativo da Erikson, l’intimità.
L’intimità non è solo associata
alla sessualità, ma anche con relazioni emotive affiatate. Come l’attaccamento
e la capacità di amare, essa si sviluppa attraverso esperienze significative
con gli altri. La capacità di entrare in intimità con gli altri si basa sulla
capacità di entrare in intimità con noi stessi.
L’intimità con se stessi dipende
dall’essere capaci di ricreare esperienze emotive. L’intimità con gli altri è
stabilita dal raggiungimento dell’intersoggettività (l’auto-consapevolezza in
Stern) attraverso l’attiva assimilazione e riconoscimento degli stati emotivi.
Un sentimento positivo
dell’intimità si basa sul piacersi. Questo dà adito alla simpatia per sé stessi
che, se necessario, viene protetta nei confronti di attacchi esterni, o che può
essere condivisa con gli altri nell’amore, negli affetti e nella sicurezza. Il
fare esperienza di forti sentimenti di intimità con sé e con gli altri migliora
e rinvigorisce la qualità dell’esperienza umana. Inoltre, nell’intimità con un
partner c’è sempre la possibilità di riconoscere aspetti del sé attraverso il
rispecchiamento e la responsività. Questi sono prerequisiti per lo sviluppo di
una capacità di amare matura.
Sé e sistemi cognitivi
Se mettiamo a
fuoco la struttura, lo sviluppo e l’apprendimento dei sistemi di esperienze
interconnesse che costituiscono il sé o l’identità personale, appare evidente
l’interconnessione fra tali sistemi e il sistema dell’attaccamento.
Ciascuno di noi
costruisce ampie fondamentali parti della concezione di sé a partire dalla
descrizione di sé che “osserva”, come in uno specchio, negli atteggiamenti che
le figure di attaccamento e gli altri significativi in generale hanno verso di
lui o lei, e nelle descrizioni verbali di sé che riceve da tali persone.
L’ipotesi
essenziale che qui importa sottolineare è che, grazie alla sua origine, il
sistema cognitivo relativo al sé è ampiamente situazionale, nel senso che è
regolato dal contesto ambientale da cui ha tratto origine ed in cui è immerso.
La capacità di auto-mantenimento di tale sistema cognitivo –la sua costanza nel
tempo e la sua resistenza al cambiamento- appare legata ad un attivo
ristabilimento, ogni volta che queste vengono mutate, delle transazioni con l’ambiente
compatibili con la sua struttura. Tale tendenza a mantenere costante lo stile
di transazioni compatibile con il mantenimento dell’identità personale si
riflette nella tendenza a formare una nicchia
ecologica costante.
Funzionali alla
creazione e al mantenimento della nicchia ecologica sono la resistenza alla
separazione, cioè alla rottura dei legami affettivi, le scelte dei nuovi
partners affettivi e delle amicizie.
Nel parlare di
sistemi cognitivi relativi al sé non si intendono soltanto regole e
rappresentazioni pertinenti all’elaborazione verbale delle informazioni
(dialogo interno, memoria semantica, ecc.) ma anche regole e rappresentazioni
immaginative ed emozionali (fantasie, sogni, memoria episodica, ecc.).
In questa
prospettiva, i sistemi cognitivi relativi all’identità personale appaiono come
sistemi sovraordinati rispetto alla maggior parte degli altri sistemi
cognitivo-comportamentali a cui l’organismo umano partecipa, e nello stesso
tempo come costruiti a partire da essi.
Il sé si costruisce
nella famiglia a partire dall’attaccamento e finisce per contenere, come i suoi
sottoinsiemi, la famiglia e l’attaccamento.
Ciò che,
insomma, viene ritenuto indispensabile tanto nello sviluppo, quanto nella
terapia, è la possibilità dello stabilirsi di un’esperienza continuativa di
“base sicura“ dalla quale l’individuo possa sviluppare una sua indipendenza ed
autonomia e con la quale queste modalità possano coesistere.
Sé e famiglia
Il sistema del
sé è costituito a partire da esperienze, fra le quali quelle che avvengono nei
primi anni di vita e all’interno della trama delle interazioni fra i membri
della famiglia, costituiscono probabilmente le più significative.
Questa
affermazione, evidentemente sostenuta dal senso comune e da una massa imponente
di osservazioni cliniche, è alla base di due diverse direttrici di ricerca
psicopatologica.
La prima, a
partire dalla diagnosi di una determinata sindrome nevrotica, psicotica o
psicosomatica, si muove a considerare il tipo di transazione familiare che
caratterizza la famiglia di gruppi più o meno vasti di pazienti con tale
diagnosi.
La seconda
direttrice di ricerca prende anch’essa le mosse dalla descrizione di una
determinata “entità” nosografia e procede a definire l’organizzazione della
conoscenza di sé posseduta dalle persone che ricevono la corrispondente
diagnosi. Tale organizzazione cognitivo-comportamentale è poi studiata nella
sua origine all’interno della storia individuale di apprendimento. Anche
seguendo tale linea direttrice, si arriva ad identificare una serie di patterns
invarianti con figure di attaccamento e altri significativi.
Seguendo
entrambe queste linee di ricerca, dunque, si arriva a stabilire una
correlazione fra il sistema famiglia e il sistema Sé. Tale correlazione può apparire
come una subordinazione del sistema sé al sistema famiglia, nel senso che il sistema famiglia comprende almeno una
parte del sistema del sé del bambino che si sviluppa al proprio interno,
proprio come sottosistema.
Tuttavia, si può
vedere come il modello rappresentativo della propria famiglia e di ciascuno dei
suoi membri sia un sottoinsieme del sistema del sé.
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