Una
buona salute e una efficiente condizione fisica sono garantite dall’eredità
genetica, ma anche e soprattutto da un sano stile di vita. Pochi ma importanti
sono i fattori che contribuiscono a un buon invecchiamento, tra questi il
movimento fisico, la lotta all’obesità e al fumo.
Dai
dati forniti dal ministero della Salute per quanto riguarda l’attività fisica
dei cittadini italiani emerge un preoccupante andamento: aumenta il numero dei
sedentari e tale fenomeno assume particolare rilievo nelle fasce di età
giovanile.
Circa
il 60 per cento degli adulti tra i 25 e i 64 anni non svolge alcuna attività
fisica. La medicina sportiva, invece, ha potuto constatare come negli sportivi “di
vecchia data” l’uso costante e sorvegliato di un’attività sportiva adeguata
incrementa le resistenze totali dell’organismo, limita l’involuzione
muscoloscheletrica e cardiovascolare, stimola le capacità psicocerebrali del
soggetto. Un tessuto muscolare quotidianamente attivo è, infatti, il motore
attraverso cui sono impiegati la maggioranza degli zuccheri, grassi e proteine
introdotti con l’alimentazione. Un muscolo inattivo, invece, limita la potenzialità
espressiva della persona e conduce a un invecchiamento precoce e accompagnato
da tutte quelle patologie legate alla sedentarietà.
Una
regolare attività fisica previene patologie croniche come diabete di secondo tipo, disturbi
cardiocircolatori, obesità. Inoltre protegge da condizioni disabilitanti tipo
osteoporosi, artrite. Infine riduce o elimina fattori di rischio come pressione
alta, colesterolo alto.
Alcuni studi dimostrano che le persone
fisicamente attive hanno una speranza di
vita superiore ai sedentari in media di circa sei anni. Inoltre, l’esecuzione
di un’attività sportiva regolare è molto efficace nel ridurre la sintomatologia
depressiva, rallenta il declino fisico e cognitivo che talvolta caratterizza
l’invecchiamento e garantisce un buon
riposo notturno.
In un esperimento statunitense si è raggiunto
l’obiettivo di migliorare la salute e la qualità della vita dei partecipanti
semplicemente aggiungendo alla normale attività quotidiana 2000 passi in più.
Sono sufficienti 30 minuti di cammino svelto, se non tutti i giorni almeno nei
fine settimana, per ottenere risultati salutari a tutte le età.
Focus: consigli pratici
Camminare
ogni volta che è possibile, ricordando che i benefici maggiori si ottengono con
la continuità. Sfruttare al meglio il tempo a nostra disposizione anche, per
esempio, prendendo i mezzi pubblici per andare in ufficio, scendendo una
fermata prima della destinazione, passeggiando
durante le pause lavorative, utilizzando le scale al posto dell’ascensore, andando
a parlare di persona con il collega anziché utilizzare il telefono o la
posta elettronica. L’importanza della diagnosi precoce di una
malattia e la maggiore efficacia di una terapia tempestiva sono ormai
patrimonio culturale non solo della medicina, ma sostanzialmente di tutti i
cittadini. Laddove esistono prove scientifiche dell’efficacia di pratiche in
grado di garantire ai cittadini significativi vantaggi in termine di salute, è
dovere dei servizi sanitari non lasciare la presa in carico di situazioni
cliniche all’occasionale, individuale incontro tra medici e assistiti o solo
quando si è già in presenza
di sintomatologia significativa, ma intervenire con programmi attivi e
organizzati di sanità pubblica.
Lo
screening è un programma organizzato e sistematico di diagnosi precoce condotto
su una popolazione asintomatica, cioè che non accusa nessun disturbo o sintomi
di quella specifica malattia: lo screening si rivolge a persone «che si sentono
sane». Questa popolazione viene attivamente invitata dalla struttura sanitaria
a effettuare gratuitamente un esame clinico, strumentale o di laboratorio,
attraverso il quale si può identificare una malattia in fase iniziale, perché,
tanto più è precoce la diagnosi, tanto più è probabile riuscire a modificare la
storia naturale della malattia utilizzando un trattamento dimostratosi
efficace.
Uno
screening ben gestito è considerato più efficace dei controlli clinici individuali su
richiesta, in quanto organizzato sempre con un rigoroso approccio scientifico e
fondato sulle migliori prassi disponibili.
Condizioni di salute e
ricorso ai servizi sanitari
Nel
2007 l’Istat ha pubblicato i risultati dell’indagine «Condizioni di salute e
ricorso ai servizi sanitari», in cui ha rilevato i dati del 2005 sullo stato di
salute degli italiani, il ricorso ai principali servizi sanitari, alcuni
fattori di rischio per la salute e i comportamenti di prevenzione. Nella
rilevazione il campione complessi vo
dell’indagine, che comprende circa 60.000 famiglie è analizzato riguardo
a:
Le
condizioni di salute della popolazione;
Il
consumo di farmaci;
La
prevenzione;
L’obesità
e l’abitudine al fumo;
La
fruizione dei servizi sanitari;
L’opinione
dei cittadini.
L’indagine,
tra l’altro, evidenzia che nelle quattro settimane precedenti l’intervista sono
state effettuati 31.213.000 visite mediche, con una media di 1,9 visite a
persona. Negli ultimi cinque anni il numero di visite effettuate è aumentato
del 16,7 per cento (pari 4.478.000 prestazioni) e ha riguardato soprattutto gli
ultra settantacinquenni (+36,7 per cento). Il numero di visite generiche è
cresciuto del 20,5 per cento, quello delle specialistiche del 10,5 per cento.
L’incremento complessivo delle visite si verifica in più del
la metà dei casi per ripetizione di ricette,
in 917.00 casi per malattia e 895.000 per controllo dello stato di salute. Tra
le visite specialistiche sono più numerose le visite odontoiatriche (26,9 per
cento), seguite da quelle ortopediche (11,4 per cento), oculistiche (10,8 per
cento) e cardiologiche (9,5 per cento). L’incremento maggiore rispetto al 1999-2000 si registra
per le visite urologiche (+35,4 per cento), cardiologiche (+34,3 per cento),
geriatriche (+33,0 per cento) e dietologiche (+ 32,8 per cento).
Il 57 per cento delle visite specialistiche è
pagato interamente dalle famiglie. Se non si considerano le visite
odontoiatriche si arriva a circa il 48 per cento. Marche e Umbria si
distinguono per le quote più alte di visite a pagamento; le più basse percentuali
si registrano invece in Sardegna e in Sicilia. È elevata la quota di persone di
status sociale basso (46,8 per cento) che si fanno interamente carico della
spesa. Nelle quattro settimane
precedenti la rilevazione gli esami effettuati sono stati 15.298.000,
escludendo i controlli effettuati durante eventuali ricoveri ospedalieri o in
day hospital. Sono 10.664.000 gli accertamenti di laboratorio (18,4 per 100
.persone) e 4.634.000 gli esami specialistici (8 per 100 persone), stabili
rispetto al 2000 e eseguiti più dalle donne che dagli uomini. Il 21 per cento
degli esami specialistici è a pagamento. Lazio, Puglia, Marche e Sicilia sono
le regioni nelle quali più frequentemente i controlli specialistici sono
interamente a carico degli utenti.
Le
persone di status sociale più elevato fanno più visite e accertamenti
specialistici. Le persone con livello di istruzione più basso fanno più visite
generiche (41,2 per cento contro il 18,1 per cento), accertamenti di
laboratorio (23,3 per cento contro il 16,9 per cento) e ricoveri (4,4 per cento
contro 2,3 per cento).
Si
ricorre a visite e ad accertamenti specialistici a pagamento soprattutto per la
fiducia nel medico o nella struttura di riferimento (71,5 per cento e 55,0 per
cento rispettivamente). Anche per il ricorso nelle strutture pubbliche la
fiducia è il motivo prevalente (53 per cento per visite e accertamenti
specialistici).
I diritti
dell’ammalato
I
diritti dell’ammalato: un tempo così poco riconosciuti da rendere necessaria la
creazione di un apposito «Tribunale del malato», così come si era resa
necessaria la creazione di un tribunale dei minori. Minori e ammalati due
categorie che, per diversi motivi, non possono difendersi, si trovano in
condizione di debolezza nei confronti della società, necessitano di regole
«diverse» rispetto al cittadino adulto e sano.
Il
Tribunale del malato nasce nel 1980 con il preciso scopo di tutelare i diritti
dei cittadini quando devono ricorrere alle strutture sanitarie e assistenziali
a causa di una qualsiasi infermità; si sviluppa negli anni successivi
inserendosi in un contesto reso ancora più complesso da una profonda
rivoluzione, anche culturale, del sistema sanitario: rivoluzione che è in atto
da più di venti anni e che, per alcuni aspetti, non è stata ancora a fondo metabolizzata,
né da operatori né da utenti.
La
legge 833/1978 che istituisce il Sistema sanitario nazionale recita all’art. 1:
«La
Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e
interesse della collettività mediante il servizio sanitario nazionale. La
tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità
e della libertà della persona umana. Il servizio sanitario nazionale è
costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle
attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero la salute
fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni
individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei
cittadini nei fronti del servizio.»
Come
si vede la tutela dei diritti, la dignità, la libertà della persona umana sono
il principio ispiratore della legge, principio ispiratore che viene ribadito
nella successiva legge 502/1992, che istituisce le aziende sanitarie locali.
È
ben chiaro dunque come il diritto l’ammalato sia una delle idee centrali della
riforma e che essa si debba esprimere traverso il «rispetto della dignità e
della libertà della persona umana». È interessante allora cercare di capire
come questo principio ispiratore si sia tradotto nella pratica comune
dell’organizzazione sanitaria e come abbia inciso anche sui comportamenti del
personale sanitario.
La tutela della salute
La
tutela della salute è ovviamente l’obiettivo cruciale degli interventi sanitari
sul cittadino. Tralasciamo l’aspetto della prevenzione etimologicamente più
vicino al concetto tutela della salute, ma che trova uno spazio ridotto dallo
strapotere della «medicina cura» e che quindi ripristina una salute persa. In
fondo è questo che interessa di più al cittadino: quando ci si ammala, avere una
sposta in grado di risolvere il problema bene e il più rapidamente possibile. Il
che fortunatamente coincide con gli obiettivi che si pone un’azienda sanitaria,
anche se, criticamente, dobbiamo dire che il primo obiettivo affrontato e
raggiunto è stato quello del “presto” piuttosto che del “bene”.
Ora
si parla diffusamente anche di efficacia e non più solo di efficienza come
all’inizio della suddetta rivoluzione, e questo si traduce in una maggior
garanzia per il paziente, che si vede inserito in un percorso
diagnostico-terapeutico ottimale, sia per quanto riguarda la possibile
soluzione del suo problema nei tempi più rapidi possibili, sia per quanto
riguarda il contenimento degli errori. Già: contenimento e non eliminazione.
L’utopia
dell’eliminazione dell’errore, in medicina come in tutti gli altri campi
dell’agire umano, è stata abbandonata da tempo per una più realizzabile e
concreta ipotesi di contenimento dell’errore, mediante linee-guida, procedure
controllate, attraverso un’organizzazione del lavoro e del personale che, se
gestita in modo efficace, dovrebbe essere in grado dì raggiungere tale
obiettivo. Obiettivo che per la professione medica continua ad avere un valore
etico più ancora che legale o assicurativo.
Quello
che emerge dalle politiche sanitarie moderne dunque, e che sostanzialmente
nasce da una forte spinta al contenimento dì costi sempre più rilevanti e
insostenibili, si traduce ed evolve ora in una miglior gestione complessiva
orientata a rispondere al diritto fondamentale di ogni cittadino di avere la
miglior assistenza possibile in caso di bisogno sanitario.
Dire
che sia stato facile metabolizzare tutto questo da parte della dirigenza medica
sarebbe una menzogna: dopo un rifiuto iniziale e immediato verso il meccanismo
di controllo che tale concezione prevede, la classe medica si sta lentamente e
faticosamente riadattando a un sistema che sostituisce il clinico puro con il clinico-manager, pagando l’inesperienza e
le difficoltà che emergono ogni volta che si affronta radicalmente un sistema
organizzativo. A volte, facendolo pagare anche agli assistiti.
L’uguaglianza
Questo
diritto fondamentale deve essere assicurato a tutti, secondo un principio di
uguaglianza che oggi non è certo negato. L’esempio più evidente è l’assistenza
che viene erogata sul territorio anche a cittadini stranieri non in regola, i
quali, in caso di bisogni sanitari urgenti o che possono creare elementi di
rischio alla popolazione autoctona, possono accedere ai servizi sanitari in modo
gratuito mediante il cosiddetto codice STP (straniero temporaneamente
presente). Il libero accesso alle strutture e l’assistenza assicurata anche
agli indigenti sono solo alcuni degli aspetti che pongono il Servizio sanitario
nazionale italiano ai primi posti delle graduatorie internazionali.
Il
consenso informato
La
privacy
Rispetto
e libertà
Rispetto che si manifesta nella ricerca
di situazioni logistiche sempre più contorte- voli durante il ricovero,
nell’attenzione alle necessità quotidiane dei pazienti, nel tentativo sempre
più evidente di rendere la degenza in ospedale confortevole e più breve. A tal
punto che quando è possibile la degenza si trasforma in day hospital, si
comincia a parlare di «ospedale a domicilio» e, nuovamente, di servizi sanitari
territoriali, da sempre considerati «parenti poveri» nella concezione ospedalocentrica della sanità italiana, e ora assurti a
nuova vitalità.
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