Di
fronte ai limiti della medicina occorre probabilmente rivedere e riconsiderare
la complessità del rapporto individuo e salute. La società, infatti, è
infinitamente complessa ed una sola teoria, un solo approccio, anche con
riferimento alle possibili condizioni di salute dell’individuo, non può
accogliere la varietà della domande e, soprattutto, delle risposte. La risposta
della sociologia all’osservazione della salute non può essere limitata ad un
funzionalità fissa anche se, spesso, il successo della scienza poggia proprio
sul programma riduzionistico che essa segue.
Gli
individui non sono idiocratici, non conservano le strutture e le funzioni nel
corso della loro vita, anzi, si trasformano continuamente soprattutto in
ragione delle loro relazioni ed interconnessioni. Descrivere lo stato della salute
sembra perciò essere la descrizione di un sistema, un sistema di reti fra di
loro intrecciate, dove ogni attore sociale è un sistema organizzato più o meno
spontaneamente che si muove secondo direzioni complesse. Il sociologo dovrebbe
cosi spostare l’attenzione dai singoli fatti, come danni biologici o psichici,
alle relazioni. In tale direzione, Bateson ha, ad esempio, ha utilizzato il
concetto di relazione come il fulcro di ogni definizione: la legge profonda che
struttura e conferisce significato all’intero mondo sociale.
È
indubbio che la medicina abbia realizzato dei progressi di grande portata.
Tuttavia,
la conoscenza dello stato di salute sembra passare in funzione di una sequenza non ordinata di
atti informazione, è un trasferimento di notizie e di comportamenti.
Probabilmente
è necessario situare i rapporti fra salute e malattia in un contesto aperto, in
grado di comprendere l’ambivalenza dei due stati per favorire una lettura più
comprensiva e meno funzionalista nell‘obiettivo di rinunciare ad una unica
soluzione accettando così una richiesta di senso che i concetti di salute e
malattia sembrano continuamente rimandare.
Alla
ricerca dell’essenza nascosta, il medico sembra quasi ignorare le
caratteristiche osservabili, fenomenologiche delle cose, e perciò tende a
ignorare le differenze che il senso comune riconosce, a inglobare o a
trascurare esempi diversi.
L’osservazione
della salute, nella prospettiva sociologica, sembra cosi costituirsi come un
superamento delle formalizzazioni di modelli di funzionamento e rivolge
l’attenzione all’attore sociale, ai suoi lati forti ed ai suoi lati deboli,
alle risorse relazionali, alle potenzialità come capacità di costruzione
sociale.
Si è
già osservato che il concetto di salute può essere osservato sotto diversi
punto di vista, tuttavia, sembra possibile individuare e sottolineare
l’importanza, per la sociologia, sia delle componenti oggettive, status,
reddito, condizioni personali, sia di quelle soggettive, costituite dalle
valutazioni che gli stessi attori sociali forniscono sul proprio stato di
salute e di soddisfazione nello spazio vitale, che sembrano permettere una
adeguata costruzione della realtà sociale della salute. Infatti, in tale
direzione, numerosi studi hanno dimostrato che la qualità della vita non
dipende semplicisticamente dalle condizioni di salute: persone con patologie
croniche individuano più spesso di quanto non si pensi le conseguenze positive
della malattia, quali il miglioramento delle relazioni sociali e di alcuni
aspetti della personalità, cambiamenti favorevoli nella gerarchia delle
priorità a medio e lungo termine, il reperimento di nuovi obiettivi e di nuovi
significati.
I
problemi della salute sembrano così configurarsi in un sistema a più dimensioni
integrando così le variabili sociali, biologiche, psicologiche, economiche e
culturali come in relazione fra di loro, sia verso i sistemi normativi ed
istituzionali ed è così possibile ritrovarvi tutti gli elementi che
costituiscono il sistema sociale.
In
tale prospettiva il concetto stesso di salute si rileva più complesso poiché
legato alla concezione stessa del valore della vita e, come osservava Ortega,
«la vita di una cosa è il suo essere» o, ancora sullo stesso tema «il primo
attributo di questa realtà fondamentale che chiamiamo la nostra vita è il
semplice fatto che esiste per sé, è cosciente di sé, è trasparente a sé. Solo
questo vuol dire che la vita, e tutto ciò che ne fa parte, è indubitabile e
proprio perché è la sola realtà indubitabile, è anche fondamentale».
“Volgere
lo sguardo alla salute implica una valutazione della vita, osservando, prima di
tutto l’uomo insieme agli altri uomini. Il rispetto per la vita non significa
semplicemente rispetto per l’essere in quanto tale, per la vita biologicamente
intesa, ma rispetto per tutti i valori e per tutti i fini che compongono e
completano la vita. In tale ottica occorre essere consapevoli che non è
possibile partire da un approccio unificante alla salute, ma da più punti di
vista dei modi per guardare la salute.
Questo
modo di osservare la salute parte dalla ri-scoperta del concetto di vita:
l’affievolirsi del rispetto della vita, infatti, sembra essere uno degli
aspetti rilevanti che caratterizzano il mondo della salute.
Mentre
si fanno sforzi ingenti e accaniti per prolungare la vita e per produrla
artificialmente, non si risponde adeguatamente ai bisogni di quelle fasce di
persone che non rispondono a canoni di efficienza e produttività.
Si
creano così delle situazioni di fragilità sociale. Nella sanità vi sono sia i
“quasi esclusi”, sia gli esclusi e, per la loro tutela, non basta la generica
affermazione di diritti sembra quindi configurarsi l’idea che la salute derivi,
in gran parte, dalla distribuzione e dalla disponibilità nella società di una
serie di opportunità, di risorse, e di capacità. In tale direzione non sembra
possibile tentare di definire il concetto di salute senza considerare due
elementi essenziali della società civile: la imparzialità e la giustizia.
Nel
dibattito sulla tutela della salute si dovrebbe privilegiare l’aspetto
dell’equità. In sanità, l’equità ha almeno due connotazioni: l’equità dei
livelli di salute e l’equità
dell’accesso ai servizi.
Se
si osserva la salute in termini epidemiologici, ad esempio, si hanno profonde
disuguaglianze nei livelli di salute. Questo può verificarsi ovunque ed è
dovuto sia alle differenze negli stili di vita delle varie fasce della nostra
popolazione, sia per l’effettiva accessibilità ai sistemi di prevenzione e di
cura. L’equità dell’accesso ai servizi sanitari deve tenere conto che non tutti
i servizi sanitari e socio sanitari sono necessari ed efficaci per modificare
la storia naturale della malattia. Se una parte della società non ha accesso ai
servizi efficaci, il livello di salute sarà evidentemente minore rispetto a
coloro che potranno correttamente accedere ai servizi efficaci. Si pensi, ad
esempio, all’importanza degli screening, dove è possibile rilevare una
differenza d’accesso a queste prestazioni. A questo si aggiunga il problema
dell’accesso ai servizi non efficaci
I
problemi connessi alla salute sono diversi e non misurabili: «non è possibile
misurare la salute proprio per ché essa rappresenta uno stato di intrinseca
adeguatezza e di accordo con se stessi».
Occorre
ri-collocare il problema della salute nell‘orizzonte sociologico: la salute
sembra configurarsi come uno stato di benessere sociale complessivo, fisico e
mentale completo e non l’assenza di uno stato patologico; è un prius bio-sociale e relazionale riconducibile
ad una condizione di benessere plurale: è un valore il cui significato deve
essere interpretato. Indizi sempre più numerosi indicano che le persone con una
vita ricca di capitale sociale se la cavano meglio di fronte ai traumi e
combattano la malattia con più efficacia. Il capitale sociale sembra un
complemento, se non proprio un sostituto del Prozac, delle pillole contro
l’insonnia, dei farmaci contro le droghe, della vitamina C e di altri
medicinali che acquistiamo alla farmacia dell’angolo» e, ancora “le reti
sociali danno sostegno tangibile, come denaro, cure di convalescenza e
trasporti che riducono la tensione fisica e psicologica e forniscono una rete
di protezione.
Le
reti sociali possono anche rafforzare regole di buona salute: è più probabile
che persone isolate fumino e bevano di più, mangino in eccesso ed abbiano altri
comportamenti dannosi per la salute comunità coese sul piano sociale risultano
inoltre più capaci di organizzarsi politicamente per assicurare servizi medici
di primo ordine». Per il Marmot la salute è un bene collegato alle reti
sociali, alle comunità, che offrono agli individui quel sostegno tangibile
costituito dall’assistenza, dalla promozione di comportamenti salutari, dalla
capacità organizzativa, anche verso il rapporto con le strutture sanitarie. Una
ulteriore osservazione è costituita dagli studi dell’epidemiologo Michael
Marmot che ha indicato con “status sindrome” il complesso di cause e meccanismi
sociali quotidiani individuali e di contesto che minaccia la salute.
Ancora
Putnam ha osservato che il capitale sociale potrebbe realmente fungere da
meccanismo psicologico che stimola il sistema immunitario a lottare contro la
malattia e lo stress.
Ricerche
attualmente in corso indicano che l’isolamento sociale ha effetti biochimici
considerevoli». Lisa Berkman indica l’isolamento sociale come una condizione
«cronica di stress cui l’organismo risponde invecchiando più velocemente». Non
sembra quindi possibile immaginare una società senza benessere sociale con il
rischio che la percezione si perda nel senso comune del dibattito politico o di
politica economica.
Lo
sviluppo del welfare, infatti, si basava sul presupposto che il benessere
individuale fosse strettamente dipendente da quello collettivo, oggi si
diffonde un idea dello star bene, della salute, per così dire concorrenziale
verso quello altrui,un bene di consumo, un elemento del successo individuale:
ma la salute si configura nella vita, nella vita sociale. Le mete tradizionali
del welfare state, come, ad esempio, la lotta contro le diverse povertà, la
redistribuzione del reddito ed altro, e le nuove sfide, come, ad esempio, la
medicalizzazione o la de-umanizzazione dei servizi sociali e sanitari, la
crescita delle cosiddette patologie della post-modernità, debbono essere
affrontate con nuovi stili di policy che aiutino le politiche sociali ad essere
orientate alla vita, alla famiglia, alla comprensione.
Una
persona sembra essere così “sana” se, coeteris
paribus, nelle circostanze “normali”, è in grado di realizzare le
aspettative che considera fondamentali per la vita e questo fatto implica che
anche la società sia “sana”, poiché non sembra possibile realizzare le
aspettative degli individui in una società “malata”.
Salute
e società sembrano essere quindi sostanzialmente la stessa realtà. In tale
ottica si afferma quella che è possibile definire la dimensione sociale della
salute, una costruzione che si configura nel valore della vita, nella
osservazione della non residualità quotidiana della vita per osservare la propria
identità, fra equilibri diversi, tutti importanti.
Salute e sanità
Si
passa poi a collegare altri due concetti fondamentali, quello dei diritti
finalmente garantiti dalle norme e dalle politiche e quello dei servizi in cui
tali diritti astratti devono (o purtroppo dovrebbero in molti casi) tradursi:
rapporto tra affermazioni dei principi generali astratti (i diritti) in
indicazioni specifiche e concretamente verificabili (i livelli assistenziali
correlati alle diverse condizioni di salute).Il
quadro è completato con un corredo aggiuntivo, per nulla marginale, di quali
sono le altre informazioni molto rilevanti per il cittadino sui temi sia della
accessibilità ai servizi, sia della sicurezza, dell’urgenza, della salute della
donna, dell’assistenza all’estero: aspetti del rapporto tra natura del bisogno
e qualità della risposta che sono componente determinante del livello di
soddisfazione dei cittadini.
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