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martedì 14 maggio 2013

Le origini dello studio della sociologia della salute




Quattro secoli prima di Ippocrate, i racconti epici contenuti nell’Iliade e nell’Odissea, testimoniano le significative conoscenze dell’epoca sulle patologie dell’antichità; le descrizioni delle ferite, ad esempio, sono caratterizzate da precisione anatomica. Omero descrive le fratture del femore, parla della prognosi, riporta tecniche di intervento chirurgico, prospetta anche interessanti ipotesi di fisiologia ma, soprattutto, utilizza la metafora per descrivere lo stato di salute come quello della gioia di Ulisse che vede un approdo come la guarigione alla malattia. Ulisse è uomo maturo, un uomo che molto ha dovuto soffrire e soprattutto molto deve viaggiare; così l’uomo contemporaneo sembra assomigliare all’Ulisse di Omero. Ulisse torna per non tornare, per non essere riconosciuto, per non riconoscere. Il ritorno di Ulisse è il viaggio, non è il suo approdo; così l’individuo è alla ricerca della salute come esperienza definitiva poiché la salute non sembra essere uno stato ideale ma una costruzione, un fatto.
Probabilmente, in questa prospettiva la sociologia ha iniziato ad interessarsi alla salute, avviando quel percorso scientifico che si sviluppa come dominio scientifico particolare della sociologia della salute.
I rapporti fra salute e sociologia hanno origine nella metafora organicistica e dunque nel parallelismo delle due scienze come scienze del corpo.
Emile Durkheim ha individuato i collegamenti fra salute e società. I problemi posti dal Nostro fanno riferimento alla coesione sociale, alla regola, all’educazione; la società che funziona si basa un corpo sociale sano mentre una società disgregata sembra configurarsi come una società malata. Più in generale sembra opportuno rifarsi proprio al concetto di fatto sociale, «è ogni modo di fare, fissato o meno, suscettibile di esercitare sull’individuo una costrizione esterna», per identificare quel complesso sistema di relazioni che configurano la salute dell’individua della collettività come “cose sociali”.
Vilfredo Pareto ha concentrato la sua opera all’individuazione dei nessi esistenti fra salute e società. Nel Trattato di Sociologia Generale, infatti, egli ha mostrato che l’analisi sociale doveva fare i conti con una sempre presente discrepanza tra il succedersi oggettivo degli eventi ed i fini oggettivi che dovrebbero guidarli, ma che ne risultano sopraffatti, in cui la ricerca del benessere sociale raggiungibile, concetto evidentemente collegato alla salute, i comporsi attraverso una posizione di equilibrio da cui è impossibile spostare un qualsiasi individuo verso un maggior benessere.
Tale approccio sembra, in qualche modo, rispecchiare il dualismo di fondo della sociologia stessa che si traduce in due paradigmi conoscitivi praticamente alternativi: da un lato il paradigma dell’azione sociale, basato sulla soggettività e dall’altro il paradigma del sistema sociale, localizzato sulle strutture sociali oggettivate.
La sociologia deve connettere questi paradigmi per pervenire così a modalità più profonde e meno riduttive di comprensione del mondo sociale. Infatti, se partiamo dall’idea di identificare l’approccio sociologico alla salute come un esempio applicativo di costruzione di oggetto della teoria sociologica generale, nei suoi tre aspetti di epistemologia, paradigma e pragmatica, il nostro problema è di vedere come un fatto lo stato di salute/malattia, ricondotto dalle scienze mediche a variabili di tipo biologico, e quindi apparentemente lontano dall’analisi sociologica, in quanto non rileva o rimanda in modo diretto e palese a fenomeni sociali possa diventare tema ed oggetto della sociologia come disciplina scientifica autonoma

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