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lunedì 21 maggio 2012

NOTE INTRODUTTIVE ALLA FORMAZIONE


di Giuseppina D’Auria

Il termine "formazione" ha sostituito nel panorama pedagogico odierno quello tradizionale di "educazione"[1]. Lo slittamento terminologico implica un mutamento concettuale: si è passati infatti dall’e-ducere, e quindi dall’azione esclusivamente intenzionale, dirigistica di un soggetto su di un altro, all’idea di uno sviluppo organico del soggetto, autonomo e regolato, visto come evento dinamico, appunto come "processo". Alla modifica lessicale corrisponde una ridefinizione della Pedagogia in senso scientifico, evidenziata dalla sostituzione di una nozione culturalmente non neutrale e sottoposta a implicazioni sia di carattere ideologico che metafisico (educazione intesa come conformazione sociale o come processo interiore), con una nozione di "processo formativo" in cui giocano un ruolo importante le potenzialità peculiari di ogni soggetto e la sua intenzionalità.
Per la riflessione pedagogica, oggi, si pone quindi in tutta la sua complessità il problema di predisporre un modello organico, in grado di rispondere alle molteplici sollecitazioni ed esigenze formative di una società complessa e poliedrica, con l’ausilio dei contributi offerti da altri saperi.
Il passaggio della pedagogia alle scienze dell’educazione[2], operato con l’assunzione del modello empiristico, ha mutato geneticamente la pedagogia trasformandola in un sapere plurale, non predefinito, articolato in più discipline, cioè pluridisciplinare e trasnsdisciplinare, con conseguenti variazioni sul piano metodologico ed epistemologico. Tale trasformazione ha prodotto una riarticolazione scientifica del discorso pedagogico, con un conseguente processo di rigorizzazione interna.
Tornando al discorso sul processo di formazione si può quindi parlare di un paradigma integrato, attento alle molteplici variabili che intervengono nei processi di crescita degli individui in senso cognitivo e affettivo-relazionale, che nasce dalla intersezione tra scienze umane, scienze biologiche e coscienza filosofica.
Infatti l’ambito disciplinare del sapere pedagogico, in una realtà sociale e culturale tanto complessa, si allarga a coprire tutte le necessità formative del soggetto che di volta in volta, nei diversi ruoli che ricopre in ambito professionale, sociale, scolastico, familiare, appare fruitore o portatore di conoscenze.
La formazione viene vista oggi sia come apprendimento, cioè come modificazione stabile del comportamento, che come socializzazione e inculturazione, quindi integrazione sociale e acquisizione di modelli culturali. Essa presenta dunque un aspetto individuale che chiama in causa ricerche di tipo biologico e psicologico, ed un aspetto sociale e culturale che è necessario studiare con indagini di natura sociologica ed antropologica. Da qui l’articolazione del sapere pedagogico in più discipline e l’incontro con saperi specializzati come la psicologia, l’antropologia, la sociologia e la biologia da cui attinge sia strumenti e metodi d’indagine, che contributi utili alla propria riflessione.
Nel rapporto con la psicologia, il sapere pedagogico ha acquisito conoscenze importanti nei settori dell’indagine psicologica relativa allo sviluppo, all’apprendimento e alla comunicazione interpersonale. Ha inoltre acquisito coscienza del fatto che è necessario approfondire lo studio dell’interazione tra contenuti curricolari e processi cognitivi del soggetto, cioè tra il contenuto scientifico e culturale di cui l’allievo deve appropriarsi e le modalità genetiche e specifiche con cui il soggetto costruisce le proprie conoscenze, anche in considerazione dell’esistenza nell’uomo di una molteplicità di stili cognitivi.
La riflessione sociologica poi, ha fornito alla pedagogia importanti contributi relativi alla capacità di leggere da una prospettiva diversa l’interdipendenza tra sistema sociale e sistema educativo e di individuare le interazioni, anche conflittuali, che si creano tra i soggetti sociali coinvolti lungo i vari segmenti su cui si snodano i processi di socializzazione e di formazione.
D’altra parte, la scoperta della rilevanza sociale dell’educazione, ha comportato una specifica attenzione della riflessione sociologica ai problemi educativi; tra i temi affrontati dalla sociologia dell’educazione, particolare rilevanza ricopre quello relativo al rapporto tra selezione scolastica e appartenenza di classe, quindi al rapporto tra sistemi formativi e classi sociali.
Negli anni più recenti la scienza pedagogica ha intrecciato inoltre un fecondo legame con la biologia che, avendo come proprio oggetto di indagine l’organismo vivente correlato all’ambiente, è la scienza più di ogni altra deputata ad approfondire il fenomeno della conoscenza intesa come "un caso particolare delle relazione tra organismo ed ambiente"(Piaget).
Le acquisizioni evoluzioniste e neoevoluzioniste secondo cui la realtà vivente va considerata in termini di "cambiamento" e di "differenza", hanno contribuito ad avvicinare lo studio della pedagogia a quello della biologia, infatti, a tal proposito alcuni studiosi del problema parlano di una stretta "alleanza" tra le due discipline[3].
Le più recenti acquisizioni in campo neurobiologico ed in particolare l’approfondimento dell’intreccio tra patrimonio genetico e meccanismi encefalici hanno consentito di comprendere il ruolo rivestito, per l’apprendimento e lo sviluppo stesso del cervello umano, dalle relazioni con l’ambiente, dalla quantità e qualità di informazioni che raggiungono le cellule neuronali, stimolandone connessioni e stimolazioni.
Alla luce di quanto esposto, appare chiaro come allo stato attuale delle conoscenze si aprano per la scienza pedagogica orizzonti tuttora inesplorati di studio e di approfondimento, per la creazione di strumenti di indagine idonei ad affrontare le nuove sfide della formazione umana, in un contesto sociale caratterizzato da grande complessità e interconnessione tra le parti, dove il singolo è sottoposto a stimoli molteplici e talvolta contrastanti, spesso caratterizzati da superficialità e scarsa decifrabilità.
La sfida più difficile è quella di riuscire a realizzare un processo di formazione alla complessità, inteso sia come adattamento ad essa e interiorizzazione della varietà e variabilità delle relazioni che si stabiliscono in ogni sistema sociale, sia come capacità di produrre innovazioni e gestire il cambiamento in maniera critica e creativa.



[1] Cambi F., Storia della pedagogia, Bari, Laterza, 1995.
[2] AA.VV. (a cura di Giuseppe Vico), Teorie pedagogiche e dimensioni professionali, Brescia, ed. La Scuola.
[3] Frauenfelder E., Pedagogia e biologia: una possibile alleanza, Napoli,1994.

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