Conformismo e devianza sono aspetti diversi del
medesimo problema. All'interno
di qualunque contesto sociale occorrono norme che disciplinino il comportamento
individuale, ma la presenza di tali norme implica, inevitabilmente, che i
comportamenti difformi dalla norma siano definiti devianti. L'atteggiamento
delle società nei confronti della devianza si è venuto modificando nel corso del
tempo anche grazie al contributo della ricerca
sociologica.
Per secoli si è pensato che l'unico modo di rispondere a fenomeni di
devianza, di qualunque entità, fosse di tipo repressivo e di esclusione dalla
comunità. Oggi il tentativo è di comprendere i comportamenti devianti anche
all'interno delle condizioni sociali e culturali in cui si manifesta, senza
limitarsi a isolare chi mostra una condotta deviante, ma tendendo a recuperarlo
alla comunità.
Ladri, prostitute, individui deformi, assassini,
ragazze-madri, portatori di handicap, malati mentali, truffatori, giovani
delinquenti hanno costituito per secoli una categoria di esseri "inferiori",
relegata nelle diverse "corti dei miracoli". Il termine devianza riporta alla
mente immagini di sofferenza ed emarginazione presenti, seppure in modi diversi,
all'interno di ogni società. Ma quali sono le origini di questo fenomeno? Perché
si riscontra in società per altri aspetti tanto differenti? Esiste una
funzionalità della devianza alla società stessa? Chi sono i devianti? Quali sono
gli effetti degli strumenti di controllo sociale impiegati nei loro
confronti?
Già nei livelli più elementari di interazione
sociale sono presenti regole, norme, leggi implicite o esplicite che regolano il
comportamento degli individui. La società umana non potrebbe infatti sussistere
se non esistessero dei canoni di comportamento che disciplinano l'azione dei
soggetti. La sopravvivenza di una società, dunque, richiede che siano messe in
atto strategie che consentano l'assimilazione delle norme proprie di quel
contesto sociale e garantiscano l'adeguamento a esse da parte dei suoi membri.
Va notato che il valore delle norme non è sempre lo
stesso, così come l'eventuale violazione delle norme non ha sempre la
stessa importanza. Attraversare la strada al di fuori delle strisce pedonali,
per esempio, costituisce senz'altro un'infrazione, ma normalmente tale
infrazione viene considerata meno grave del commettere, poniamo, un furto.
Alcune norme richiedono un comporatamento tassativo (fermarsi al semaforo
rosso), altre sono invece elastiche e consentono diversi comportamenti (per
esempio, l'abbigliamento da indossare in discoteca può variare notevolmente).
Normalmente si distingue tra due grandi raggruppamenti: mores (costumi) e folkways (usi).
Con il termine folkways si indicano gli usi più consuetudinari di una società,
quelle che, se disattese, provocheranno una forte reazione di disapprovazione
nei confronti del responsabile dell'infrazione. Esempi di mores, invece, sono le
leggi che riguardano la proibizione dell'omicidio o dello stupro, o quelle che
regolano la proprietà privata e la tutela dei minori. Si tratta in questo caso
di norme essenziali su cui si fonda la coesione stessa della società e senza le
quali si rischierebbe il dissolvimento della vita sociale.
Non tutte le norme presenti
all'interno di un raggruppamento umano hanno perciò la stessa natura: talvolta,
infatti, si può incorrere in regole meno importanti, la cui violazione non
implica ripercussioni particolarmente gravose per l'autore dell'infrazione. Per
esempio, il fatto di andare al lavoro con un abito da sera costituisce un tipo
di infrazione che probabilmente si tenderà a reprimere con lo scherno o il
richiamo da parte degli altri, ma non ha le stesse conseguenze dell'andare al
lavoro nudi. Nel primo caso si tratta infatti di violare un folkway, mentre nel secondo uno dei mores (si infrange, infatti,
la morale sessuale). I casi di folkways
sono
molteplici: si mangia con le posate, si indossano scarpe uguali (e non, poniamo,
una di un colore diverso da quello dell'altra), di mattina si saluta con la
frase "buon giorno" e non "buona notte" ecc. Normalmente i sistemi legislativi
perseguono chi infrange i mores, mentre l'infrazione dei folkways
può generare scherno, disprezzo,
ironia, ma anche riso o indifferenza.
In sintesi
Il problema | Come nel caso dell'interazione personale, anche nel caso dei rapporti sociali è necessaria la presenza di un sistema normativo che regoli i comportamenti dei soggetti. |
Tipi di norma | Le norme presenti in una società possono essere distinte in due grandi categorie. Il termine folkways (usi) indica l'insieme di norme più esplicitamente relative alle abitudini di una determinata cultura e ritenute meno importanti. Mores (costumi) sono le norme ritenute essenziali, la cui infrazione colpisce i valori fondamentali della comunità e rispetto a cui si prevedono gravi sanzioni. |
Il controllo sociale | Accanto ai processi di socializzazione, per tutelare il proprio sistema normativo la società ha elaborato diverse forme di controllo sociale: di tipo interno (diretto e indiretto) ed esterno (forze dell'ordine, polizia, vigili urbani ecc.). Secondo la catalogazione di Parsons, le tipologie di intervento adottate nei confronti dei devianti sono: l'isolamento, l'allontanamento e la riabilitazione. |
Devianza e criminalità | La devianza riguarda i comportamenti mediante i quali individui o gruppi violano le norme importanti di una società. |
Tipi di devianza | Secondo S. Dinitz l'azione deviante può darsi come: contrasto rispetto al prevalente modello fisico, fisiologico o intellettivo (è il caso degli individui deformi e dei minorati psichici); infrazione delle norme religiose e ideologiche (è il caso degli eretici e dei dissidenti); infrazione delle norme giuridiche (è il caso dei ladri e degli assassini); comportamento difforme dalla definizione culturale di salute mentale (è il caso degli individui psicopatici e dei nevrotici); rifiuto dei valori culturali dominanti (è il caso dei bohémien e degli hippy). |
Criminalità | La criminalità è dunque solo una delle tante manifestazioni della devianza. |
Teorie sulla devianza | Teorie biologiche: sono le più antiche e ricercano le cause della devianza in fattori biologici ereditari. Dalle prime impostazioni (come quella di Lombroso), si è passati a elaborazioni piuttosto complesse (come quella di Cowen), basate sull'analisi dei cromosomi (nel caso specifico, Cowen rileva la presenza tra i criminali di un cromosoma Y in più rispetto agli altri individui). Teorie psicologiche: si rifanno principalmente alle teorie freudiane. Esse ricercano la causa della devianza in conflitti non risolti, processi di identificazione, meccanismi reattivi ecc., verificatisi in particolari situazioni dell'infanzia e dell'adolescenza. Teorie dell'anomia: sulla base della rielaborazione del concetto durkheimiano di anomia, Merton ha sviluppato una teoria che considera la devianza come effetto del conflitto, interno alla società, tra fini socialmente approvati e mezzi socialmente approvati disponibili. L'individuo, pur condividendo i valori e i fini della società, non sempre ha i mezzi per perseguirli; si crea allora una spaccatura tra individuo e sistema culturale. Teorie delle subculture: sottolineano, all'interno della medesima società, la presenza di differenti sistemi valoriali e culturali. La devianza non sarebbe dunque assoluta, ma relativa ad altri parametri di riferimento, diversi da quelli del gruppo di cui ci si sente parte. Teorie dell'etichettamento: si fondano sull'analisi di Beker secondo cui il nucleo dei processi devianti è da rintracciare nelle norme che definiscono un determinato comportamento lecito o deviato. È l'etichettamento di un comportamento come deviante a renderlo tale. Lemert sostiene che, accanto alla devianza primaria (atto di trasgressione), vada considerata la devianza secondaria, ossia l'assunzione della definizione di sé come deviante da parte del soggetto. Teorie della funzionalità: secondo una prospettiva che risale a Durkheim (attualmente sostenuta da autori come A.K. Cohen), la devianza sarebbe funzionale al sistema sociale. Essa infatti rafforza la coscienza collettiva e, conseguentemente, l'unità della società. |
La delinquenza giovanile | Un caso di comportamento deviante particolarmente significativo è quello della delinquenza giovanile. Da molte ricerche effettuate in diverse aree geografiche emerge che i picchi più alti di criminalità sono relativi proprio all'età giovanile. Le ricerche risultano concordi nel rilevare che i ragazzi sottoposti a misure rieducative o penali sono caratterizzati da una deprivazione economica e culturale e appartengono ai gruppi sociali più sfavoriti. |
I malati mentali | Un'altra grande categoria di devianti è quella dei malati mentali. I disturbi psichici vengono solitamente distinti in nevrosi (disturbi meno gravi e che non compromettono in modo radicale l'esistenza normale) e psicosi (disturbi gravi). La diagnosi della malattia mentale, come rilevato dal celebre esperimento di Rosenhan, non è mai priva di ambiguità. |
La deistituzionalizzazione | La ricerca sociologica si è occupata di questo ambito in particolare in relazione alla critica nei confronti delle "istituzioni totali", sviluppatesi per tutti gli anni '60 del XX secolo. Ospedali psichiatrici, riformatori, strutture carcerarie risultavano infatti, secondo molti studiosi, centri che aumentavano la distanza tra soggetto e società e, lungi dall'agevolarlo, impedivano il processo di reinserimento. Gli individui vissuti a lungo in tali strutture divenivano col tempo persone istituzionalizzate, ossia incapaci di concepire un modo di vita difforme da quello dell'istituzione. |
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