di Giuseppina D’Auria
La comunicazione è azione sociale per
eccellenza, costituendo infatti un elemento fondamentale di socialità e di
socievolezza, di scambio e di rapporto sociale. Indipendentemente dalle sue
funzioni o dagli ambiti specifici, la comunicazione consente, immediatamente o
in maniera mediata/ipermediata, l'informazione e la relazione per gli attori
sociali che sembrano sempre di più ad essa legarsi quasi senza autonomia,
misconoscendo il fatto che, come direbbe Habermas, fra azione sociale ed azione
comunicativa rimane comunque una sostanziale differenza. Io mi permetto di
aggiungere che la comunicazione è fonte scambievole di formazione.
Formazione, occupabilità delle persone e politiche di sviluppo sono sempre più
collegate. Ma gli attori della domanda e dell'offerta formativa operano
realmente insieme? Inoltre, per l'apprendimento degli adulti vanno utilizzati
molteplici strumenti, più flessibili e personalizzati e non solamente i
tradizionali corsi. Ma nella formazione finanziata è possibile inserire
orientamento, analisi delle competenze, formazione strutturata e non formale,
dando la possibilità ad individui e imprese di integrare le metodologie in base
alle situazioni? Un'offerta formativa integrata si realizzerà in presenza di
una nuova cultura formativa, di un'ulteriore qualificazione dell'offerta, di
modifiche alle regole amministrative.
L’uomo è chiamato ogni giorno ad essere
perfetto equilibrista tra varie performances.
Non è semplice trovare il proprio posto in una società che ci chiede di essere
sempre al passo con i tempi, perfetti in ogni azione, competenti e mai stanchi!
Nella società del terzo millennio l'investimento sull'orientamento, attraverso
la costruzione di una sistema territoriale integrato, risulta essere un fattore
strategico del processo di sviluppo del sistema formativo e delle politiche
attive del lavoro. L'alternanza scuola-lavoro è una nuova modalità di fare
formazione nel secondo ciclo di istruzione, rivolta sia al sistema dei licei
sia al sistema della formazione professionale, definita per consentire ai
giovani di acquisire, oltre alle conoscenze scolastiche, anche competenze
spendibili nel mercato del lavoro. In base a quanto previsto dall'art. 4 della
legge 53/03, gli studenti che hanno compiuto il quindicesimo anno di età
possono scegliere di svolgere l'intera formazione dai 15 ai 18 anni attraverso
percorsi in alternanza di studio e di lavoro. Ad un livello successivo, lavorare
dopo la laurea non è semplice come si pensa poiché bisogna fare i conti con la
mobilità geografica, le disparità di genere, la stabilità lavorativa e la
coerenza della professione con gli studi svolti. I Corsi per l’Alta Formazione
professionalizzante sono proposti da Enti di Formazione accreditati e da
organismi autorizzati dalle Regioni; sono un’offerta formativa caratterizzata
da corsi dalla durata minima di 300 ore e dai contenuti ad alto valore
professionalizzante. Per
questi corsi il beneficiario può
richiedere un assegno formativo del valore massimo di €. 4.000,00. Il valore
dell’assegno non può superare il costo dell'iscrizione e copre sino al 70% del
costo totale del corso scelto, se il beneficiario è occupato e fino all’80% del
costo totale del corso scelto, se il beneficiario non è occupato. Mentre i Corsi
per l'Alta Formazione continua e permanente integrata con l'Università sono
proposti dagli Atenei delle varie Regioni italiane che si integrano con Enti di
Formazione accreditati. Rappresentano un'offerta formativa caratterizzata da
corsi della durata massima di 300 ore e dai contenuti ad alto valore
specialistico. Il valore dell' assegno
formativo è al massimo di € 2.000,00, non può superare il costo dell'iscrizione
e cope fino al 70% del costo totale del corso scelto dal beneficiario.
Per verificare se si è in possesso dei
requisiti di ammissione e delle caratteristiche richieste, le modalità e i
tempi di partecipazione è necessario consultare i bandi regionali.
Trattandosi di corsi a mercato che non
usufruiscono di finanziamenti, è fatto esplicito divieto di utilizzo, ai fini
della promozione degli interventi in questione, di loghi istituzionali quali
quelli relativi a Fondo Sociale Europeo, Ministero del Lavoro e delle Politiche
Sociali, Regioni.
Come regole di buone prassi, con riferimento
alla pubblicizzazione e promozione degli interventi corsuali presenti nei Cataloghi
regionali dell'Alta Formazione è altresì possibile prevedere nei materiali
utilizzati (depliant, manifesti, siti …) l’inserimento della dicitura
“Intervento presente nel Catalogo dell'Alta Formazione della Regione ….”; l’utilizzo
del logo dell’ente di formazione e la creazione dei links ai siti web che pubblicizzano gli interventi formativi, dove slogan
pubblicitari incoraggiano i naviganti promettendo di trovare opportunità di
formazione utili per il proprio sviluppo professionale e per rendersi più
competitivi nel mercato del lavoro. I corsi di Alta Formazione si suddividono
in due tipologie: Corsi di Alta Formazione Professionalizzante e Corsi di Alta
Formazione continua e permanente Integrata con l'Università e sono inseriti nei relativi Cataloghi
regionali. L'accesso ai corsi è
accompagnato dalla possibilità di richiedere e usufruire di un assegno
formativo.
Ma tutto questo affannarsi tra corsi di
formazione professionalizzanti, corsi di laurea, master, specializzazioni
superiori post laurea, aggiornamenti life
long learning cosa produce nella percezione che ognuno ha di sé al
confronto con la vita di ogni giorno? Sicuramente un grande flop, la sensazione di non coerenza tra
obiettivi, finalità e reali possibilità.
Quando le proprie aspettative vengono
disattese ecco che ci si trova in pericolo: si potrebbe incappare nella
"crisi delle identità" di cui si parla comunemente, che rimanda alla
confusione delle categorie utilizzate per definire se stessi e gli altri, alle
nuove forme di esclusione sociale, alle difficoltà di inserimento professionale
dei giovani. Per comprendere tali fenomeni occorre innanzitutto vedere come si
costruiscono le identità sociali e come esse si riproducono attraverso i
processi di socializzazione. Particolare attenzione è riservata alla
socializzazione professionale che oggi si protrae molto a lungo e tende a
riproporsi più volte nell'arco di vita. Un ambito - quest'ultimo - su cui
pesano le rilevanti trasformazioni che investono oggi il mondo del lavoro e che
rendono assai delicata la formazione dell'identità.
Allora da un lato acquista crescente
rilevanza, in clima di liberismo espansivo e di globalizzazione dei mercati, la
domanda di interventi formativi qualificati. Nel linguaggio settoriale,
troviamo infatti diffusamente abbinati i termini formazione e qualità. Dall’altro
ci sono le resistenze “umane” ai cambiamenti, l’incapacità alla flessibilità.
Se in molti paesi, soprattutto in quelli di
tradizione anglosassone, si riconosce alla politica sociale uno statuto disciplinare
specifico, in Italia questo campo di studi stenta ad acquisire un'adeguata
strutturazione e una chiara legittimità scientifica. Il fatto è paradossale, se
si pensa che nella sociologia italiana, sin dalla seconda metà degli anni
settanta, l'attenzione teorica ed empirica per la politica sociale e per
l'oggetto che la costituisce - l'insieme delle risposte di policy finalizzate a promuovere la sicurezza e l'eguaglianza dei
cittadini - è stata forte e capace di produrre contributi influenti anche a
livello internazionale. Ma, per usare un eufemismo, modernizzare stanca. Gli apologeti della modernità consumano
voracemente il mondo e pensano di migliorarlo. Solo il perdere tempo permette
di signoreggiare il tempo, poiché si passa da una resistenza esistenziale ad una omologazione
culturale sempre più incontrastata. Ho la convinzione che esistano nella
cultura italiana forme dell'esperienza preziose, che non solo non vanno
cancellate dalla modernizzazione, ma vanno tutelate gelosamente, perché è in
quelle esperienze che vi è garanzia di futuro. E' troppo chiedere di smettere
di guardare agli italiani come ad un popolo attardato, a cui raddrizzare le zampe, da riformare
all'infinito, per tentare inutilmente di renderli uguali ad altri? Gli italiani
non sono un errore di stampa o un vizio morale, non hanno solo da
apprendere ma anche qualcosa da insegnare. Il fondamentalismo non appartiene
solo alla religione islamica ma si dà ogni volta che una cultura, ritenendo se
stessa il parametro della perfezione, vede la differenza delle altre culture
come una patologia da estinguere al più presto. Una dismisura che ne produce
tante altre e che apre una reazione a catena quasi incontrollabile. Ecco perché
modernizzare stanca.
Per ciò che attiene nello specifico ai bisogni
sociali e alle politiche di welfare, sarebbero da affrontare e
approfondire i temi della valutazione delle azioni e dei programmi di
formazione e discutere della valutazione:
·
come
attività che assume di volta in volta un disegno ed una configurazione
specifici, sia in ragione del “gioco” che si viene a creare tra i diversi
attori coinvolti sia a seguito del suo progressivo realizzarsi;
·
come
attività composta da fasi e operazioni tra loro diverse (ma raccordate),
nell’ambito delle quali sono cruciali quelle di impostazione generale del
lavoro di valutazione, di progettazione della valutazione e di sostegno alla
valorizzazione degli esiti della valutazione stessa.
Metto l’accento su questi due aspetti della valutazione
riguardante azioni e programmi di formazione, perché gli schemi teorici di
riferimento che vengono utilizzati per esaminare in maniera incrociata sia il tipo di intervento formativo, oggetto della valutazione, sia il processo valutativo, che lo ha
interessato, non sempre sono congruenti con le leggi del mercato del lavoro e
con le figure professionali che si vogliono formare.
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