Tesi di Laurea in Sociologia Generale.
In nome del “dovere”. Selezione e Formazione
degli operatori dell’ordine.
I doveri, oggetto della deontologia, non promanano da norme giuridiche ma
da un intimo convincimento (libera scelta) che pone le condizioni perché, nel
proprio lavoro, l'uomo possa scegliere liberamente l'espressione migliore da
offrire, nel rispetto di se stesso, degli altri e della società cui appartiene.
Il punto di equilibrio si trova nella coscienza del soggetto e nel suo
attaccamento ai valori del gruppo. La libertà è sempre stata sentita come concetto
fondamentale nella vita individuale e collettiva; prova ne sono tutte quelle
norme che ne tutelano le varie espressioni. Grazie ad essa può avvenire lo
sviluppo spirituale dell'individuo che, in tal modo, arricchisce sempre di più
il proprio senso morale, ponendosi nelle condizioni migliori per giudicare ed
indirizzare serenamente la propria condotta. Anche da qui il concetto di
deontologia che viene, pertanto, delineandosi con caratteristiche
essenzialmente spirituali, esenti da costrizioni di sorta che potrebbero far
perdere ad essa la sua natura di determinazione spontanea nella scelta dei
comportamenti.
Il senso morale collettivo, come citato innanzi, è alla base delle leggi
che una società sceglie di darsi. Le leggi promulgate sono poi, a loro volta,
un freno ulteriore e, contenendo una concreta sanzione, anche più forte alle
azioni dei singoli, per far sì che esse non danneggino la collettività. Ma a
che pro munirsi anche di leggi, che di fatto limitano l'agire se vi è già il
senso morale che, di norma, regola ogni
nostra azione? Lo stesso filosofo
inglese Bentham soleva dire: ‘la maggior felicità del maggior numero di uomini
è il fondamento della morale e della legislazione’. La morale, dunque, si fonda su valori che hanno per ogni
individuo significato valenza, importanza, “prezzo” diversi, che ciascun
soggetto è disposto a conferire a quella particolare qualità morale. I valori,
però, non hanno per tutti lo stesso grado di valenza; oppure, per alcuni
soggetti determinati aspetti del valore non sono nemmeno da considerarsi tali.
Di qui la necessità oggettiva per la comunità di darsi delle regole, tali
da salvaguardare la convivenza e l’esistenza della società stessa. Se così non
fosse, poiché la morale può essere diversificata per ciascun soggetto, in
quanto acquisita e modificata dalle esperienze che questi ha vissuto nel corso
dell'intera esistenza, potremmo vivere in una società ove ciascuno agisce come meglio gli aggrada,
in una sorta di ‘anarchia’ intesa nella peggiore accezione del termine, sulla
scorta della propria malintesa libertà, mentre nel suo ‘Spirito delle leggi’
Montesquieu asseriva che :” la libertà è il diritto di fare ciò che le leggi
consentono”.
Il senso giuridico
(collettivo), dato dalla conoscenza e dalla libera accettazione delle leggi di
una società, viene ad essere il
"correttore", anche forzoso del senso morale (di ciascun individuo),
quando esso si discosta appunto dalla morale collettiva, alla base delle leggi
di quella comunità.
Del resto, fin dall'antichità, pur riconoscendo una valenza estrema alla
legge morale, le istanze egoistiche della natura umana di coloro che dovevano
seguirne i dettami hanno fatto sentire la necessità di interpretarla e di
codificarla, proprio per salvaguardarla dai possibili travisamenti e
adattamenti.
Per altro verso, per il principio di relatività, gli stessi valori ai
quali in un determinato momento storico si conferisce una forte valenza, in un
altro momento possono essere assolutamente poco sentiti dalla collettività e
addirittura non più condivisi dalla
maggioranza o dal singolo. Si pensi, ad esempio, alla valenza che nel periodo
dell'ultima guerra mondiale alcune popolazioni conferivano alla "purezza
della propria razza" e come questo "valore" sia scaduto di significato
nel periodo post bellico, assumendo addirittura valenze perfettamente contrarie
nell'epoca della contestazione giovanile del '68. Vi sono, però, dei valori
che, tendenzialmente, non subiscono oscillazioni così ampie, del tipo citato,
in quanto fanno stabilmente parte del patrimonio morale di tutti i popoli; essi
sono ad esempio: il rispetto per la vita umana, il rispetto per la propria e
l’altrui libertà, ecc. Altri valori, acquisiti con il processo educativo dai
nostri genitori, fanno già parte del nostro patrimonio morale, come ad esempio:
l'onestà, la rettitudine, l'integrità morale, l'attendibilità, l'affidabilità,
ecc. - Hoover, il direttore del F.B.I., nel dare il saluto di benvenuto ai
nuovi allievi, era solito ricordare loro che a Quantico (sede della Scuola), non
avrebbero imparato a divenire onesti, retti, attendibili ed affidabili, perché
quei valori dovevano essere già posseduti dagli aspiranti, inculcati loro dai
genitori fin da quando avevano un'età di 5 - 6 anni; essi, presso la Scuola, avrebbero dovuto
apprendere i rudimenti del mestiere di Agente e null'altro.
Entrando a far parte di una Istituzione pubblica, si acquisiscono anche i
valori che, da sempre, hanno costituito patrimonio comune degli appartenenti a
questa Istituzione, anche perché i valori di un gruppo sono da considerarsi,
nelle espressioni interne, come un elemento di forte coesione e di integrazione dei singoli, in quelle
esterne come una leva strategica e competitiva del gruppo nei confronti degli
altri. Detti valori, per la
Polizia di Stato, sono ad esempio: il senso dello Stato, lo
spirito di Corpo, la disponibilità verso gli altri, lo spirito di sacrificio,
il senso del dovere, la serietà, l’impegno, ecc. Tutto questo patrimonio di
valori, una volta acquisiti, servirà ad indicarci il metodo migliore di
approccio e di risoluzione dei vari aspetti problematici della professione e ad
aumentare il prestigio e la considerazione dell'Organizzazione.
La Polizia
di Stato è composta e gestita da una pluralità di persone, che la
rappresentano. Vengono costantemente finanziati, dalle ditte private, costosi
studi per migliorare l'immagine di un prodotto, oppure quella dell'azienda
stessa. Questo perché l'immagine è il giudizio che l'opinione pubblica si fa di
un'impresa, ricavandolo dagli atteggiamenti e dai comportamenti che la stessa
manifesta nei confronti dell'utenza. Pertanto il prodotto o l’azienda
acquisteranno maggiore o minore credito se la loro immagine sarà più o meno
valida agli occhi dei consumatori. Il caso della Polizia può essere considerato
come un’impresa che fornisce ‘sicurezza’; il rapporto con l’utenza sarà legato,
fondamentalmente ed in prima battuta ad un’immagine: quella che
l’Istituzione sarà stata capace di
trasmettere al cittadino che ad essa si rivolge perché, inutile negarlo, i
giudizi che l'utenza esprimerà sull'operato e l’efficienza dell’intera
organizzazione saranno legati al comportamento di un singolo operatore; tali
giudizi, anche se legati ad un incontro fugace, saranno facilmente
generalizzati su tutta l’Istituzione, che ne risentirà, in positivo od in
negativo.
Un altro valore fondamentale è la professionalità, di qui la costante
necessità di accrescere la preparazione culturale, con un aggiornamento
continuo negli specifici settori. Nell’ambito della professionalità, di grande
importanza è anche la cura della propria efficienza fisica. L'importanza della
“forma” è una caratteristica che diventa sostanziale nel momento in cui, dal
giudizio sul singolo scaturisce automaticamente quello sull'intera
organizzazione. Si pensi a coloro che svolgono un turno di servizio, ad
esempio, su una volante di una media città; si pensi quante persone hanno modo
di incontrare (un'informazione, un intervento, un semplice saluto, ecc.)
fornendo loro un esempio inappuntabile di professionalità, ispirando loro la
massima sicurezza e creando in loro una nuova fiducia nella Polizia di Stato;
si pensi, anche, in percentuale quante altre persone saranno informate dai
media dei comportamenti tenuti. Come si può facilmente dedurre, poiché la Polizia di Stato non ha
altri rappresentanti se non se stessa, la professionalità come canale di
comunicazione con i concittadini presenta due aspetti, i quali concorrono alla
positiva immagine dell’intera istituzione: sostanza e forma. Per “sostanza”
s’intende garbo, serietà, conoscenza e rispetto delle leggi, altruismo, spirito
di servizio, ecc. Per “forma” cura della persona e dell'uniforme, correttezza
ed educazione nei modi, ecc. Eventuali errori nell’una e nell’altra comportano
un danno all'immagine ed alla stima dell'Amministrazione con il conseguente
allargarsi della distanza fra il cittadino e la Polizia, correndo il
rischio di fare dei poliziotti una categoria emarginata”.
Le qualità e il senso morale degli operatori di polizia si manifestano
altresì nell'attività di prevenzione ed in quella di repressione. La Polizia di Stato,
normalmente, è fortemente inserita nel tessuto sociale. In pratica non esiste
un'attività in cui il poliziotto non
possa essere chiamato ad intervenire od a svolgere compiti. Sono innumerevoli
gli interventi od anche i semplici contatti che richiedono il relazionarsi
degli appartenenti alla Polizia con rappresentanti di ogni ceto sociale e delle
altre forze dell’ordine.
Sono molti “coloro che, per ignoranza o prevenzione, immaginano il
Poliziotto come una specie di operatore ecologico, i cui compiti sono quelli di
tenere pulite le città e le loro case dai delinquenti di ogni genere. Costoro
ignorano la complessità e la durezza della vita della Polizia e disconoscono anche la grande forza interiore
che un Poliziotto deve avere per potere adempiere i propri doveri. Forza
interiore che è poi la morale professionale, che deve spingere l’operatore di
polizia ad agire sempre nel rispetto della legge, in funzione di essa (3). La
morale professionale, in sintesi, deve essere sentita da ogni appartenente alla
P. di S. quale vero e proprio codice d'onore. E’ vero che all'atto
dell'assunzione in servizio, si presta
promessa e giuramento solenne, impegnandosi ad adempiere fedelmente ai propri
doveri, quegli stessi che sono espressi nella morale professionale e che
debbono essere sentiti da tutti gli appartenenti all'Amministrazione, il
problema sta nelle difficoltà che si incontrano quotidianamente nello
svolgimento della propria opera. Si pensi al contrabbando, alle forme super
organizzate della violenza criminale. Quanto è alto il costo umano allorché ci
si trova in simili situazioni, mantenere il senso della disciplina, la fedeltà,
la diligenza, la correttezza, il disinteresse, l’incorruttibilità,
l'obbedienza, la riservatezza, la lealtà.
Lo Stato, attraverso le leggi, conferisce alle forze dell'ordine una
serie di facoltà grazie alle quali esse possono adempiere ai propri doveri.
Dobbiamo ricordare, però, che l'esercizio violento dei poteri conferiti diviene
indispensabile e vi si può ricorrere solo nel momento in cui la capacità di
comunicazione, alla base del lavoro del poliziotto, non ha sortito lo scopo:
mantenere la calma in ogni situazione è segno di fermezza e consente un buon
dialogo con chiunque; la cortesia dimostra la volontà di instaurare un
rapporto, la scortesia genera irritazione, predispone al risentimento e blocca
la comunicazione. Da queste considerazioni nasce la necessità di comportarsi in
modo da non suscitare reazioni che potrebbero degenerare in manifestazioni di
intolleranza, fino a raggiungere gli estremi del reato.
Negli Istituti d’istruzione viene insegnato ai futuri tutori dell’ordine
e della sicurezza che, quando si effettuano interventi repressivi, ci si deve
limitare a pronunciare le formule di rito ed impiegare, secondo gli
insegnamenti ricevuti e le esigenze, le tecniche operative e quelle di difesa
personale e, solo nei casi in cui ciò è indispensabile, le armi. Occorre
evitare di umiliare, o di dare lezioni di morale a coloro ai quali viene
contestata una infrazione, parimenti è mortificante, anzitutto per il
poliziotto, eccedere nell'uso della forza, quando non necessaria per trarre in
arresto l'autore di un reato. L'alta considerazione che ciascun appartenente
all’Amministrazione deve avere delle funzioni svolte dovrà far sì che ogni
atteggiamento sia improntato al massimo rispetto della collettività, che ha il
compito di difendere, ed alla massima considerazione delle leggi, che ha il
compito di rispettare e far rispettare, comportandosi da esempio per gli altri,
evitando, per citare un caso, di tenere una condotta di guida pericolosa ed
esibizionista, mettendo a repentaglio la propria e l’altrui incolumità anche
quando ciò non è indispensabile per adempiere ad un proprio dovere anzi,
addirittura contrario ad esso (es. controllo del territorio a bordo di
“volante”).
Le facoltà che lo Stato conferisce agli operatori di Polizia non debbono
essere utilizzate da questi per assoggettare o maltrattare chi ne è sprovvisto,
ma per proteggerlo e difenderlo; infatti le leggi servono a proteggere i
diritti delle persone, per evitare che vengano sfruttati o discriminati (“sub
lege, libertas”). Se l'esercizio dei poteri trova fondamento nelle stesse leggi
che li conferiscono ai tutori dell'ordine, ne scaturisce autorità a chi le fa
applicare; se, invece, gli interventi sono fondati su un atto arbitrario, senza
il supporto della legge che ne prevede l'esecuzione, si degenera
nell'autoritarismo, che è un grave attentato ai diritti dell'uomo.
Naturalmente un buon operatore di Polizia non dovrà mai invocare la
propria posizione per richiedere quanto, come cittadino, non gli è dovuto, né
dovrà mai trincerarsi dietro le proprie funzioni per sottrarsi alle
responsabilità, anche fuori servizio. Sono da evitare, nei rapporti con il
pubblico: atteggiamenti nevrotici, toni di voce alterati o adirati,
atteggiamenti sprezzanti, ironici, irriguardosi, eccessiva confidenza,
emissione di giudizi o espressione di pareri legali, scarsa considerazione dei
problemi altrui, apatia negli interventi richiesti, ecc. In altre parole, la
correttezza di comportamento del poliziotto dovrà farlo rifuggire dal credersi
e comportarsi come se egli stesso fosse "il potere", nel senso
peggiore del termine, quello tracotante (basti ricordare che il “potere” è
buono o cattivo a seconda dell'uso che se ne fa: se è usato per proteggere e
difendere chi non ha il potere esso e un “potere buono”); il comportamento è
corretto quando tende ad instaurare un rapporto di fiducia, di rispetto e di
stima con i cittadini, al fine di ottenere la loro collaborazione. Mai, in ogni
caso, l'operatore di Polizia dovrà farsi coinvolgere con interessi personali.
Il buon poliziotto, in sintesi, dovrà sempre tenere a mente che i compiti
demandatigli sono innumerevoli e tutti importanti per la collettività, ciò
nonostante gli interventi che compie per assolverli possono influenzare
positivamente o negativamente la vita dei cittadini. Per concludere, “può
essere opportuno un suggerimento, adattabile a tutti coloro che sono costretti
ad agire in situazioni che richiedono interventi immediati e sicuri, ricavato
dal manuale di istruzione dei guastatori della marina americana: fermarsi,
respirare, pensare, agire”. Naturalmente noi lo sconsigliamo agli Italiani.
Non sappiamo quanto possa valere per un poliziotto il motto: “Un uomo è
tanto più rispettabile quante più sono le cose di cui si vergogna”. In questa
massima di G.B. SHAW si può evidenziare la necessità che ci deve spingere ad
essere i primi censori di noi stessi; anche perché è facile, per ciascuno,
giustificare i propri errori, ma solo nella misura in cui riusciamo ad
imbavagliare la nostra coscienza, creandoci una sorta di "coscienza di
comodo", che legittimi il nostro operato, anche se palesemente in
contrasto con quelli che sono i valori nei quali siamo soliti credere. Senza
voler ricorrere alle norme del D. Lgs. 737/81, concernente la disciplina, per
motivare l’esigenza che la vita privata sia vissuta all’insegna della massima
irreprensibilità, è sufficiente richiamare uno dei principali valori del poliziotto: la
coerenza, appunto, tra i valori, i modelli ideali e le azioni poste, di volta
in volta, in essere.
Da alcuni moralisti in servizio presso l’Amministrazione, a proposito
della irreprensibilità e correttezza dell’esercizio del suo lavoro, affermano
che si tratta di una scelta assimilabile più ad una missione che ad un comodo
lavoro in un ufficio pubblico o privato. Per chiarezza, non si vuole intendere la Polizia di Stato come “un’istituzione
totale” costruita e manovrata da pochi per il proprio interesse, del tipo, per
intenderci, di quelle che assorbono e fanno muovere il soggetto, snaturandolo
dalla sua natura di individuo, portandolo ad assomigliare ad un fantoccio che
non ha sentimenti, non vive per i propri ideali, non ha propri interessi,
non pensa autonomamente e agisce ciecamente e solo in base agli ordini
ricevuti, nel supremo interesse dell'Istituzione stessa, della quale non
conosce gli scopi reali. Sempre gli stessi moralisti affermano che la Polizia di Stato non può
essere paragonata ad un'istituzione totale, perché deve essere formata da
persone, esseri senzienti, attenti osservatori della realtà che li circonda,
integrati nel tessuto sociale, forti di valori ed ideali propri per essere
dignitosi rappresentanti di un'Istituzione che si sforza, con ogni sua fibra,
di essere a disposizione della collettività e di lavorare per il continuo
progresso umano, sociale ed economico della Nazione.
Nonostante i non pochi problemi che i giovani devono affrontare in fatto
di occupazione, i volontari sono disposti a mettere in gioco, oltre al proprio
coraggio anche la personale visione delle cose, e saper accettare alcune
rinunce per essere coerenti con l’immagine pubblica anche nella vita privata.
Peraltro, sempre secondo l’autore del dattiloscritto sull’etica “fa onore
l'aver scelto questo lavoro ed anche l'aver lottato ed essersi impegnati al
massimo per ottenerlo, perché questo significa che almeno una parte della
gioventù, ritenuta da alcuni scettici quasi priva di valori, di interessi, di
scopi anche altruistici, incapace di generosità o di sacrifici, considerata
individualista, ecc., è disposta a misurarsi per svolgere una difficile, a
volte esaltante, spesso pericolosa professione. In effetti, la molla che ci
spinge e ci regola nei rapporti con gli altri è il nostro ‘codice d’onore’,
ricavato dalla deontologia dei comportamenti. Questo codice d’onore, comune a
tutti, deve essere accettato dal momento stesso in cui si è scelto di svolgere
una determinata professione.
Per dimostrare la volontà di assumere questo difficile impegno e riuscire
a portarlo a termine occorre ricordare che le forze dell'ordine devono fungere
da esempio positivo da seguire, per la collettività in generale e per i giovani
in particolare; la correttezza nei comportamenti, sia in servizio che fuori di
esso assume, quindi, un'alta valenza. La struttura della Polizia di Stato è di
natura gerarchica, in quanto diverse sono le funzioni attribuite alle differenti
qualifiche per il corretto funzionamento dell’Istituzione. I rapporti fra i
diversi gradi gerarchici sono regolamentati e tutelati da norme disciplinari.
Ma, forse, più del timore di una sanzione disciplinare, i rapporti sono
regolati dal rispetto che ogni appartenente alla Polizia deve avere nei
confronti dei colleghi e dei superiori (ricordare che rispettare gli altri
significa porre le basi per essere rispettati).
Per la natura degli argomenti di cui si occupa e per il tipo di servizio
che espleta, “l’operatore di Polizia è in costante contatto con colleghi,
superiori ed inferiori, con i quali deve instaurare rapporti improntati sulla
più schietta e leale collaborazione. Non è semplice vivere a strettissimo
contatto, cooperare o dipendere da altri per esprimere se stessi nel proprio
lavoro; comunque, rapportarsi con il subalterno, il collega o il superiore
senza riserve mentali e senza prevenzioni per la sua posizione, esprimendo con
la massima chiarezza e sincerità il proprio pensiero, è uno dei canoni
essenziali per una schietta comprensione ed una migliore convivenza.
La forma di comunicazione che deve instaurarsi fra i componenti di uno
stesso gruppo, deve essere di dialogo: il superiore ha bisogno che il
collaboratore gli manifesti le proprie opinioni, mentre il collaboratore
necessita di un superiore che esplichi in maniera chiara ed esplicita le sue
determinazioni e le sue direttive. “Un
uomo senza amici è solo; un capo senza collaboratori è solo; e sentirà
maggiormente la solitudine quando dovrà decidere, perché sarà solo davanti alle
responsabilità del suo ufficio, se non sarà stato capace di crearsi una schiera
di validi collaboratori.
I sentimenti dell’invidia e della gelosia nei confronti dei superiori,
dei colleghi o degli inferiori non devono trovare, per quanto umanamente
possibile, posto nell’animo di un poliziotto”. La carriera è aperta a tutti e,
preparandosi e mantenendo un comportamento sempre corretto si può accedere, con
i concorsi, a tutte le qualifiche. Pensare in positivo evita lo stress, rende
più contenti e migliora il rendimento sul lavoro. I rapporti fra colleghi
dovranno essere basati sulla massima stima reciproca; “è difficile, infatti,
riuscire ad affidare il bene più prezioso che si possiede, la vita, nelle mani
di una persona che non si stima. La vita potrà dipendere da come il collega si
comporterà durante l’azione: se avrà dato la copertura giusta, se sarà
intervenuto prontamente durante una colluttazione, se avrà avvertito in tempo
dell’imminente pericolo, ecc. Si agirà con tranquillità e successo solo se avrà
fiducia e stima del proprio collega. I valori morali si apprendono e si
verificano già con l’istruzione di base che viene fornita al giovane poliziotto
nelle Scuole. La formazione delle giovani leve, nel servizio di tutti i giorni,
è un compito che da sempre è stato affidato agli “anziani” (si pensi alle
legioni romane, nelle quali il giovane legionario diciassettenne veniva
affidato alle cure di un “centurione” che, tramite i graduati della centuria ne
curava l’istruzione e l’addestramento). L’anziano diventa un punto di
riferimento e deve, senza remore e senza gelosie, trasmettere ai giovani la
propria esperienza e la propria capacità professionale, se è vero che ha sempre
creduto nei valori che animano gli appartenenti alla Polizia di Stato. Del
resto è grave e diseducativo il nonnismo e l’atteggiamento degli anziani che,
per rendersi indispensabili, non forniscono gli aiuti necessari ai giovani che
sono stati assegnati al loro stesso settore di lavoro.
Anche nell’ambito dei rapporti tra colleghi vale il principio della
privacy, vale a dire quello che ci invita a non invadere la sfera privata. In
effetti, ciascuno di noi ha una sfera personale, nella quale non gradisce
ingerenze o intrusioni. Per cui “è buona norma non interessarsi dei fatti
privati dei colleghi, a meno che non si venga messi a parte di essi
dall’interessato stesso, per un consiglio o per un aiuto.
Per altro verso, la natura prevalente del lavoro porta spesso il poliziotto ad avere rapporti anche
con altri tutori dell’ordine o con magistrati: evidentemente tali rapporti non
possono che essere improntati al massimo rispetto e cooperazione; infatti
lavorano per il bene della collettività e non vi è motivo logico che non possa
spingere ad altro che alla collaborazione ed alla massima considerazione del
lavoro che essi compiono. Vale sempre la regola del rispetto, da mostrare agli
altri se si vuole averne a propria volta. Nelle indagini, soprattutto se
coordinate dal P.M., si rende necessario collaborare come se si fosse un unico
organismo. Ad esempio, se durante l’assolvimento del compito affidato alla
polizia dal magistrato si viene a conoscenza di fatti che possono interessare
la branca di indagini affidate ad altre forze di polizia, non bisognerebbe
indugiare nel comunicarlo al coordinatore delle indagini stesse, per la buona
riuscita dell’operazione. In altri casi, una leale concorrenza con le altre
forze di Polizia non può che essere di stimolo per un migliore e più rapido
raggiungimento del fine comune, in quanto sarà una spinta ulteriore che muoverà
tutti ad agire al massimo delle proprie possibilità.
La concorrenza diventa, invece, un fattore altamente negativo nel
raggiungimento dello scopo comune, se è utilizzata solo per apparire più
efficienti o “i migliori della classe”, screditando il lavoro svolto degli
altri per far risaltare il proprio. Ciò ingenera spesso, nell’opinione
pubblica, critiche negative e profonda diffidenza nei confronti dei tutori
dell’ordine, con conseguente perdita di immagine per tutti. Non sono certo
poche le occasioni nelle quali la polizia si può trovare ad intervenire in
appoggio, in ausilio o, addirittura in soccorso di altri soggetti che rivestono
la qualifica di P.U.; il suo compito sarà sempre quello di far sì che l’opera
iniziata riesca ad essere portata a termine nel miglior modo possibile.
Vi è un’altra categoria di persone, che lavorano a stretto contatto con la Polizia di Stato: gli
impiegati dell’Amministrazione civile del Ministero dell’Interno. Questa categoria
di lavoratori, affiancata nel Reparto al personale che espleta funzioni di
Polizia con la legge di riforma (L.121/81), ha il compito essenziale di
svolgere quelle mansioni che, nel periodo ante riforma erano delegate, per
massima parte agli stessi operatori di Polizia.
Occorre tener sempre presente che essi svolgono un lavoro indispensabile
per il buon andamento dell’Amministrazione, che, altrimenti, continuerebbe a
gravare sugli operatori di Polizia, a netto discapito degli altri compiti
istituzionali dei quali sono investiti e, soprattutto a svantaggio dell’utenza.
La Polizia
svolge, innanzitutto, prevenzione e questa attività pone gli operatori in
contatto continuo con i cittadini, in molteplici situazioni, diverse tra loro:
scioperi, manifestazioni politiche, spettacoli, cortei, manifestazioni sportive
ed anche il semplice pattugliamento urbano. In tutte queste circostanze, essi
debbono svolgere i compiti che sono loro delegati dalle leggi, seguendo le
direttive dei responsabili degli specifici servizi. Per far ciò correttamente,
essi non possono farsi trascinare da emozioni del momento.
Nella corretta condotta del poliziotto, di grande rilievo sono i
comportamenti da tenere, in genere con i cittadini, improntati sempre alla
massima educazione: congiunta alla cortesia nel momento in cui l’utente si
rivolge per un aiuto di qualsiasi natura (informazione, soccorso, assistenza,
ecc.) o per semplice controllo; congiunta alla fermezza, in caso di intervento
originato dalla commissione di un reato.
Nel parlare dei contatti con i cittadini stranieri, occorre premettere
che, da sempre, l’uomo ha considerato essenziale la libertà di movimento; che
per mantenere viva questa libertà ha affrontato guerre ed altre innumerevoli
avversità; che è spinto a muoversi, oltre che dalla conoscenza, forse
soprattutto dall’interesse di migliorare il proprio tenore di vita; che fra i
popoli che maggiormente hanno sentito e seguito queste esigenze gli italiani
sono ai primi posti. Per la natura varia delle relazioni che possono
instaurarsi fra i popoli, l’operatore di polizia può venire frequentemente a
contatto con gli stranieri, pertanto è opportuno rammentare che, a parte le
innovazioni che vi sono state in materia di stranieri con il varo dell’Unione
Europea, non sono ammissibili trattamenti discriminatori originati da diversità
di razza, ceto sociale o religione e che, quindi, se un cittadino straniero si
trova in Italia a pieno titolo, va trattato alla stessa stregua di un cittadino
italiano, forse anche con qualche riguardo maggiore, essendo egli ospite del
nostro paese.
Ricordiamo la radicata tradizione di ottimi rapporti con gli stranieri
che vantiamo, anzitutto per eredità culturale (presso i romani ed i greci
l’ospitalità era considerata sacra), poi per i continui scambi economici,
(fondiamo una sostanziosa parte della nostra economia sul commercio estero) e
poi perché il nostro paese ha, fra le attività che producono maggior reddito,
quella del turismo. Sotto il profilo giuridico, in sintesi, la polizia cura che
i cittadini stranieri siano in regola con le norme di soggiorno, abbiano le
protezioni connesse alle loro eventuali particolari qualità (diplomatico,
rifugiato politico, ecc., secondo l’ordinamento interno e le convenzioni
internazionali), siano tutelati nei loro diritti e rispondano secondo
l’ordinamento interno e le convenzioni internazionali, delle loro eventuali
responsabilità.
Prescindendo dai doveri giuridici, l’operatore di polizia, nei confronti
degli stranieri, deve assolvere, in fondo, allo stesso dovere morale che ha nei
confronti dei suoi concittadini, quindi: avrà il dovere morale di adottare un
comportamento corretto consistente, da una parte nel rappresentare degnamente
un paese amante della libertà, della pace e delle buone relazioni sociali, dall’altra
nel garantire la vigilanza e la difesa degli interessi dello Stato che
rappresenta. Gli interventi di prevenzione e repressione dei reati sono
obbligatori per gli operatori di polizia, sia in servizio che fuori di esso.
Detti interventi debbono essere effettuati in maniera giusta (secondo la legge)
e con gradualità (senza eccessi).
Per ottenere buoni risultati il codice comportamentale fa appello alla
massima correttezza nei confronti di coloro con i quali l’operatore si appresta
a trattare: buona preparazione professionale; netta separazione fra aspetto
personale e aspetto sociale nel fatto per il quale si interviene; comunicazione
effettuata attraverso un linguaggio parlato e gestuale adeguato alle
circostanze di tempo e luogo; costante tutela dell’immagine dell’operatore di
polizia, consapevole tutore dei diritti della collettività.
Un buon operatore di polizia deve essere un soggetto responsabile,
professionalmente preparato ed in possesso di ottime doti di autocontrollo per
poter esercitare il proprio lavoro. Il poliziotto è un tecnico nella tutela
dell’ordine e della sicurezza pubblica, in quanto è preposto a vigilare
affinché ciascuno possa esercitare i propri diritti nel rispetto delle libertà
altrui. Come tale non deve assumere atteggiamenti di partecipazione agli
avvenimenti a cui presenzia per motivi di servizio, non può entrare nel merito
delle manifestazioni alle quali partecipa per garantirne il legale e pacifico
svolgimento.
L’attività di polizia giudiziaria “è quella che meglio può far risaltare
le qualità positive o negative dell’operatore di polizia, non solo per la
carriera. L’attività di P.G. porterà spesso di fronte a vere e proprie tragedie
umane che poco possono avere a che fare con espressioni di criminalità; sarà
quello il vero banco di prova del buon poliziotto che, sapendo discernere quale
comportamento tenere nelle emergenze, riuscirà ad accertare correttamente i
fatti. Ricordare che mai bisogna partire da una presunzione di colpevolezza, ma
arrivare a conclusioni solo dopo aver vagliato attentamente, correttamente e da
più aspetti, i fatti (immaginare un puzzle le cui tessere, sparse, debbono
essere ricomposte fino a costruire un immagine logica e credibile.
Le procedure di polizia
amministrativa, attinenti al rilascio di autorizzazioni e concessioni, sono
quelle che più facilmente possono portare l’operatore di polizia a dimenticare
che deve essere disinteressato ed obiettivo nell’eseguire gli accertamenti
preventivi; inoltre non deve fornire consulenze o seguire privatamente l’iter
per il rilascio delle stesse, né fornire protezioni se non quelle previste
dalla legge. In altre parole l’operatore di polizia, deve considerare che
alcune persone possono anche essere disposte ad affrontare piccoli o grandi
sacrifici pur di ottenere, in fretta o a scapito di altri, un’autorizzazione o
una licenza; pertanto il suo senso morale gli deve far compiere una giusta
valutazione dei fatti rispetto alla normativa e deve riuscire a dissociarsi
dagli interessi che muovono i richiedenti.
L’eccessiva pubblicità attorno ad un poliziotto spesso può essere
un’insidia nella quale, soprattutto le giovani leve, non devono cadere. Basti
ricordare che, all’epoca degli anni di piombo, le B.R. avevano uno schedario
dei tutori dell’ordine, ricavato dai vari articoli di stampa che riportavano
notizie su operazioni fatte dagli stessi ma, soprattutto, sui vari pezzi di
“costume” nei quali i soggetti parlavano di se e delle proprie abitudini. Un
altro inconveniente che può originare dall’eccessiva confidenza con i
rappresentanti della stampa è quello di venir meno, magari anche senza volerlo,
al segreto d’ufficio: basta farsi sfuggire un nome o un particolare e si
rischia di rovinare un operazione che ha comportato mesi e mesi di lavoro e di
indagini. A volte si ingenera un perverso meccanismo nel quale il poliziotto è
dipendente dal giornalista per “il pezzo sulla stampa” ed il giornalista, forte
di questo potere che ha acquisito nei confronti del poliziotto, riesce a farsi
dire anche cose che, normalmente, non gli verrebbero nemmeno accennate.
Un’altra regola è quella di non fornire mai le fotografie degli arrestati
o dei fermati e, in caso di minori, si dovrà fornire solo le iniziali dei
soggetti attivi o passivi del reato; infine, in caso di persone decedute,
accertarsi prima che le famiglie ed il magistrato siano stati avvertiti del
decesso, onde evitare che la notizia la apprendano dai giornali.
A titolo di vademecum si riportano, di seguito, quelli che risultano
essere i principi fondamentali della deontologia, così come desunti da diversi
documenti da noi esaminati:
1)- acquisire una preparazione professionale valida, con lo studio e con
l’esperienza.
2)- impiegare la propria preparazione per fini consentiti ed
istituzionali.
3)- lavorare con rettitudine ed integrità morale.
4)- rispetto della dignità del proprio lavoro e delle responsabilità
connesse.
5)- rispetto del proprio decoro in ogni manifestazione e nei
comportamenti.
6)- rispetto dei doveri e degli impegni di lealtà.
7)- impegno, accuratezza ed attenzione nell’esplicare la propria
attività.
8)- rispetto delle norme e dei principi morali e sociali della comunità.
9)- svolgere il proprio lavoro al di fuori di ogni interesse personale.
10)- comportarsi secondo quanto viene ordinato, prescritto o suggerito
dalle norme professionali.
11)- essere discreti e cauti parlando di sé o degli altri o
nell’esprimere giudizi.
12)- essere solidali con i colleghi.
13)- rispetto di tutte le norme, anche non scritte, che vincolano alla
sincerità, all’onore ed alla dignità.
14)- coerenza nelle azioni per meritare stima, rispettabilità e
considerazione.
15)- curare l’aspetto perché esso è un vero e proprio biglietto da
visita.
16)- operare in modo che, intorno a se stessi ed alla polizia, si formi
un’opinione favorevole ed una considerazione positiva.
In fondo i comportamenti dell’operatore di polizia vengono ad arricchirsi
e a modificarsi con l’esperienza, man mano che procede nella sua carriera; è
necessario però avere i presupposti per poter individuare e riconoscere e far
proprio un comportamento deontologico, se ci si trova ad osservarne uno.
La sicurezza sociale è avvertita dalla popolazione quale bisogno
prioritario maggiore rispetto al passato. Il senso di insicurezza, da sempre
determinato da variabili oggettive, quali il disagio e il degrado sociale e
soggettive, quali la paura di restare vittime, viene amplificato oggi da una
diffusa sensazione di inadeguatezza e di insufficienza della risposta delle
Istituzioni malgrado le statistiche indichino una diminuzione di certi reati.
Questo avviene in quanto il senso di sicurezza o insicurezza è costituito da un
sentimento, una sensazione. Tale sentimento dei cittadini è strettamente legato
al sentire o meno lo Stato vicino.
Il sistema formativo della Polizia di Stato ha ritenuto necessario
dotarsi di un sistema di valori esplicito, comune e fortemente condiviso, da
proporre e praticare a tutti i livelli dell'organizzazione. In questo processo
di cambiamento per una nuova cultura della Polizia, la formazione ha ampie
responsabilità di gestione.
La scuola, infatti, rappresenta il primo laboratorio di comportamenti
organizzativi che possono determinare il successo della Polizia di Stato.
E' partendo di qui che le nuove leve, attraverso gli esempi, l'agire
complessivo dei loro operatori, individuano l'insieme coerente dei valori
organizzativi formalizzandoli e imparando a condividerli. E' qui che essi fanno
propri i principi guida che ogni giorno scoprono essere di successo
nell'affrontare i vari problemi di adattamento e d’integrazione in tema.
Gestire il processo di cambiamento non è semplice. La Direzione Centrale
per gli Istituti di Istruzione ha attivato e sviluppato precise strategie,
quali, ad esempio:
• L'esatta individuazione, nella
situazione di partenza, dei valori praticati, espressi; dei valori di successo
e quelli di insuccesso;
• L'esplicitazione chiara degli
obiettivi di cambiamento con la scelta delle priorità;
• la premiazione dei comportamenti
coerenti, tenendo presente che i valori in un'organizzazione sono determinanti
non solo per il contenuto, ma anche per la loro intensità e per la ampiezza del
campo di applicazione;
• la massima visibilità all'impegno
dei capi sui valori proposti;
• infine l'intelligente
utilizzazione della comunicazione, intesa come capacità di trasmettere ai
propri collaboratori, parole, pensieri, emozioni, per una mobilitazione
generale verso gli obiettivi prefissati.
Per la realizzazione del percorso programmato, la formazione ha promosso
un ampio coinvolgimento dei settori operativi.
In quest'ottica si è tenuto a Milano, dal
3 al 5 dicembre 1997, un Seminario sulla formazione ai valori
nelle Scuole della Polizia di Stato che ha visto la partecipazione di alti
Dirigenti della Formazione e dell'operatività e si è concluso con la stesura di
un documento programmatico contenente la "Mappa dei Valori" del
Poliziotto.
Sono stati individuati cinque valori organizzativi chiave: il senso dello
Stato, il senso di appartenenza al Corpo di Polizia, la professionalità, il
rispetto e la promozione dell'immagine di Polizia, il servizio al cittadino.
Accanto ai valori chiave e in sinergia con essi, si collocano altri
valori, identifìcabili come "principi guida" dei comportamenti
quotidiani quali la valorizzazione delle risorse umane, il senso del dovere
della disciplina, la positività e progettualità, la tenacia nel perseguimento
di obiettivi/risultati, l'assunzione di
responsabilità, la consapevolezza del ruolo, l'apertura al mondo esterno, il
lavoro di squadra e le disponibilità al cambiamento.
Per tradurre in comportamenti i valori individuati si è reso necessario
investire mezzi e risorse nella formazione. Soprattutto si sta creando un
gruppo di formatori capaci di gestire il cambiamento.
Dal 2001 i Direttivi e Dirigenti della Polizia di Stato, impegnati
direttamente o indirettamente nella formazione, frequentano un Master sulla
formazione presso la Facoltà
di Pedagogia dell'Università Cà Foscari di Venezia.
Quest'impegno nella formazione dei formatori, ha permesso alle Scuole di
Polizia di crescere e trovare omogeneità sul piano metodologico.
Uno sforzo corale è stato intrapreso per migliorare e adattare i
programmi della formazione di base per allievi Agenti e Sottufficiali. Sono
stati disegnati nuovi percorsi formativi, aumentando considerevolmente i tempi
dedicati all'apprendimento, che consentiranno anche una trasmissione più
efficace e radicata dei valori deontologici. Per esempio si è passati per la
formazione degli Allievi Agenti dai sei mesi ai dieci mesi di corso.
Il punto saliente nel processo di rinnovamento dei nuovi programmi sta
nel desiderio di superare la dicotomia tra pratica e teoria.
La matrice, la struttura dei saperi fondamentali del poliziotto è stata
analizzata dal punto di vista delle competenze strutturali necessario per padroneggiare
i fondamenti della professione.
Accanto a questa competenza generale, l'operatore di Polizia deve essere
portatore di etica e deontologia professionale, base su cui si innesca il senso
di appartenenza.
Con tale obbiettivo comune Formazione e Operatività stanno lavorando
insieme. La collaborazione nella gestione del cambiamento culturale implica
l'integrazione di due fattori: la condivisione forte dei valori (aspetto etico ) e l'esistenza di reali attività in cui i
diversi apporti si integrano (aspetti tecnico/ comunicativo).
Una grande Istituzione quale la Polizia di Stato ha bisogno di personale, a
qualunque livello della scala gerarchica che sappia stimolare il cambiamento
culturale, allo scopo di far vivere all'organizzazione quel dinamismo che si
chiama miglioramento continuo e continuo adattamento a una realtà mutevole.
Tuttavia bisogna tener presente che lo spirito innovativo non è sufficiente a
produrre cambiamenti, occorre quella forza persuasiva che si chiama
comunicazione. Comunicare e coinvolgere è soprattutto una capacità che permette
di veicolare attraverso il comportamento di ciascun operatore di Polizia,
un'immagine morale, formale, professionale e sostanziale dell'intera
Istituzione. Per tali motivi, una nuova e più ampia attenzione si è dedicata
alla comunicazione sia nella formazione di base che nell'aggiornamento
professionale.
La formazione comunicativa ha lo scopo di migliorare professionalmente e
umanamente il poliziotto, facendogli acquisire nuove capacità che lo rendano
più efficace nei rapporti interpersonali, sia interni che esterni
all'Amministrazione. Si mette loro a disposizione una serie di consigli e
tecniche semplici, quanto meno nella comprensione, per potenziare le proprie
capacità comunicative.
Una corretta comunicazione nei rapporti interni con i superiori, tra
dirigenti e collaboratori, con i colleghi genera sintonia nel condividere
obbiettivi comuni. Nei rapporti esterni il processo di comunicazione è un
processo di collaborazione, di promozione di immagine.
Quando il giovane operatore di Polizia entra nel mondo operativo si trova
nella necessità di doversi rapportare con diversi soggetti esterni pubblici e
privati (magistrati, avvocati, giornalisti, indagati, testimoni, vittime). Si
insegna loro che il primo passo per comunicare efficacemente è quello di
conoscere il profilo dei propri interlocutori, allo scopo di entrare in
sintonia con loro.
E' importante esprimere maturità civica e professionale, attraverso
comportamenti ispirati a "integrità e rigore" e cura della persona,
dell' aspetto esteriore. C'è un detto in Italia che dice: “l'abito non fa il monaco ma il cardinale”
segno che la saggezza popolare ha intuito ciò che poi è stato oggetto di
numerosi studi.
La cura della divisa e dell'aspetto esteriore serve a favorire una buona
impressione nell' interlocutore e in generale a trasmettere fiducia verso
l'Istituzione. Un'attenzione costante a mantenere relazioni corrette è
presupposto fondamentale per garantire la diffusione di un'immagine di Polizia
positiva e autorevole. Sentirsi amati e rispettati fa nascere all'interno di
un'organizzazione l'orgoglio di appartenenza. Dunque una buona comunicazione
verbale e comportamentale potrà contribuire in maniera determinante al successo
della nuova cultura della Polizia di Stato.
Concludendo, la formazione in Italia si pone come traguardo l’uomo
poliziotto, con le sue passioni, le sue ansie, le sue aspirazioni, la sua
deontologia professionale. Un uomo che si sente realizzato e motivato perché è
portatore di una cultura di servizio per e verso la gente, un uomo che conosce
a fondo i propri doveri e i propri diritti e che vede nella preparazione
professionale lo strumento di sicurezza giuridica e fisica per il proprio
lavoro quotidiano. Le parole del Prefetto Parisi, sono in un certo senso
riassuntive di quanto è stato detto fino ad ora: “Sono parametri basilari di un
poliziotto il suo agire serio, corretto, garbato, rispettoso delle leggi,
animato da profondi valori di altruismo e di servizio verso la collettività,
ogni qual volta è chiamato a svolgere la propria attività nella legge e per la
legge”.
NOTE AL QUARTO
CAPITOLO
Per
l’elaborazione di questo capitolo abbiamo attinto informazioni, valori, “clima
psicologico”, tensione morale e civile da alcuni dattiloscritti, utilizzati per
la didattica educativa e formativa degli operatori di polizia. Gli Autori, come
dichiarano, si richiamano fondamentalmente ai seguenti volumi: Luzzi Arnaldo, Nuovo
Ordinamento dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza-La Polizia di Stato,
Roma, Laurus Robuffo, 1983, volume 1°, parte generale; Viola Natale, Deontologia professionale nell’attività di
Polizia, Roma, Laurus Robuffo, 1991; Viola Natale, Riflessioni, consigli e
suggerimenti sull’azione dirigenziale, Nettuno, Istituto per Sovrintendenti
e di perfezionamento per Ispettori, 1988;
La formazione ai valori nelle
Scuole della Polizia di Stato,
ISVOR-FIAT, 1998 (seminario del dicembre 1998 tenutosi a Milano e ricavato dal
materiale prodotto dai direttori delle Scuole di Polizia).
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