di Giuseppina D’Auria
In un ottica di long life learning, in cui ogni esperienza viene ritenuta un valore
aggiunto e in cui viene riconosciuto il diritto di ogni persona, di potersi
formare, di valorizzare le proprie esperienze (non solo lavorative) esperienze
e di apprendere per tutto l'arco della vita, come quella in cui si inseriscono
gli individui che entrano e si muovono nel mondo del lavoro, disporre di uno
strumento concreto che renda trasparenti le competenze acquisite diventa
importante.
Se prendiamo in considerazione i tre elementi
che caratterizzano il mondo del lavoro, ovvero l’individuo, le istituzioni e le
imprese, è possibile rendersi conto di come il libretto formativo risponda alle differenti necessità che questi
tre elementi evidenziano. La notizia è del dicembre u.s. ed è stata diffusa a
sufficienza ondine su siti web che si occupano di formazione e di annunci di lavoro.
Per l’individuo è innanzitutto uno strumento
di valorizzazione e comunicazione che risponde all'esigenza di rendere
riconoscibile l'apprendimento formale o informale acquisito e che in quanto
tale deve essere documentato ed eventualmente certificato.
Per le istituzioni locali e per il sistema
dell'istruzione e formazione professionale, il Libretto formativo, rappresenta
uno strumento di garanzia per i sistemi di certificazione e riconoscimento in
atto, garantisce la trasparenza e la leggibilità delle informazioni in una
dimensione europea, e facilita in un ottica di intervento la flessibilità e la
personalizzazione dei percorsi.
Per le imprese rappresenta uno strumento di
informazione, che semplifica il riconoscimento di professionalità e competenze
individuali all'interno di un processo di inserimento e di mobilità lavorativa;
consente anche di interrogare il percorso formativo e professionale del
soggetto, con particolare attenzione alle potenzialità, alle aspirazioni e ai
livelli di eccellenza ottenuti.
I responsabili del rilascio del Libretto sono
le Regioni, che possono a sua volta gestire autonomamente o delegare altri
soggetti il rilascio del libretto. I soggetti autorizzati dovranno avere le
competenze professionali necessarie per instaurare una corretta relazione con
gli individui, rispettare il carattere volontario dello strumento e delle
scelte che la persona opera rispetto a ciò che intende mettere in trasparenza,
mantenere costantemente centrale la prospettiva di valorizzazione
dell’individuo, anche al fine di orientarlo nei progetti professionali e nelle
scelte di vita, o indirizzarlo in percorsi per la successiva validazione delle
competenze non ancora certificate.
Unico responsabile dell'aggiornamento del Libretto
è invece l'individuo, che ne è titolare. La riforma del mercato del lavoro ha
modificato alcune costanti di chi si apprestava ad entrare nel mondo del
lavoro. Innanzitutto era obbligatoria l’iscrizione alle liste di collocamento,
passando per “gli uffici di collocamento” (o ex S.C.IC.A) oggi sostituiti dai
più efficienti Centri per l'Impiego, di competenza provinciale. Il ruolo che
hanno queste nuove unità è quello di offrire una serie di servizi destinati a
lavoratori e imprese. Anche le liste di collocamento sono state abolite e
sostituite con l’elenco anagrafico, a base nazionale, che contiene i dati del
lavoratore. Sono invece rimaste le liste di collocamento dei disabili e dei
lavoratori in mobilità.
La nuova riforma del lavoro ha mandato in
pensione anche il vecchio libretto di lavoro. Istituito con la Legge n. 112/35,
il libretto di lavoro veniva rilasciato su richiesta a chi fosse in regola con
l'istruzione obbligatoria e avesse compito almeno 15 anni di età.
Per ottenerlo era sufficiente recarsi presso
l’apposito sportello con un documento di identità e riempire un’apposita
domanda su moduli forniti dall'ufficio comunale. Per i minori di anni 18, la
richiesta veniva presentata da un genitore. Il libretto di lavoro non era altro
che un documento personale che attestava i periodi di lavoro svolti dal
lavoratore subordinato, veniva richiesto e trattenuto dal datore di lavoro fino
alla conclusione del rapporto di lavoro, sul libretto era il datore stesso ad
indicare la durata del rapporto.
Una prima modifica a questo vecchio sistema è
stata introdotta nel febbraio 2001.
A seguito dell’entrata in vigore del D.P.R.
n. 442/01, il datore di lavoro non è stato più obbligato a richiedere tale
documento prima di assumere il lavoratore.
Più tardi, il Decreto Legislativo del 10
settembre 2003 n. 276, fornisce una definizione del «Libretto formativo del
cittadino». Ai sensi dell'Accordo Stato-Regioni del 18 febbraio 2000, il
«Libretto formativo del cittadino» viene definito come: "libretto
personale del lavoratore, in cui vengono registrate le competenze acquisite
durante la formazione in apprendistato, la formazione in contratto di
inserimento, la formazione specialistica e la formazione continua svolta
durante l'arco della vita lavorativa ed effettuata da soggetti accreditati
dalle Regioni, nonché le competenze acquisite in modo non formale e informale
secondo gli indirizzi della Unione europea in materia di apprendimento
permanente, purché riconosciute e certificate". Il modello è in via di
definizione dal ministero del Lavoro. Il Libretto formativo è predisposto sia
in formato cartaceo sia elettronico. E’ pensato come strumento gestibile dai
diversi soggetti ed è finalizzato a conferire valore di scambio al patrimonio
di competenze acquisite dall’individuo, e non vuol essere assolutamente uno
strumento burocratico ma si ispira ad una logica di massima semplificazione.
Da un punto di vista della forma è articolato
in due sezioni. La prima definisce le informazioni relative all’individuo, ed è
suddivisa in quattro sotto-sezioni, la seconda è dedicata alla “descrizione”
della persona e delle competenze acquisite durante percorsi di apprendimento,
al fine di evidenziare quanto acquisito nei diversi contesti di vita e di
lavoro.
Nella prima delle due sezioni, il libretto
formativo “racconta” l’individuo attraverso un riquadro dedicato ai dati
personali (anagrafica, numeri di telefono, ecc.); un’area è relativa alle
esperienze lavorative/professionali effettuate (in questa sessione è richiesto
di precisare la tipologia contrattuale, la data di inizio del rapporto di
lavoro e quella di cessazione, la mansione svolta secondo la qualifica SIL, il
settore economico indicando il codice ISTAT, le principali attività svolte e il
nome e l’indirizzo del datore di lavoro): uno altro riquadro in cui vengono
indicati i titoli di studio e formazione (dove occorre indicare il titolo di
studio, l’anno di conseguimento, il nome dell’Istituto, la votazione
conseguita, l’anno dell’eventuale abbandono o l’anno di frequenza in corso, il
numero di esami sostenuti, e in caso di stage o tirocinio l’ente o l’azienda
ospitante), ed infine l’ultimo riquadro è dedicato alle altre esperienze
formative.
Il Libretto Formativo del Cittadino non sarà
uno strumento “isolato” o surrogato del Curriculum Vitae, ma si integrerà con
un altro strumento che la riforma del lavoro ha predisposto. Sarà, infatti,
allegato alla scheda anagrafico/professionale del lavoratore che ha natura
amministrativa e costituisce il supporto informativo nell’erogazione di servizi
da parte dei Centri per l’Impiego nell’ambito della Borsa Continua Nazionale
del Lavoro e costituirà dunque un elemento ulteriore per l'individuo per
rendere evidenti le proprie competenze e progettare percorsi mirati e
personalizzati mentre per le imprese servirà per individuare le persone con le
competenze più adatte alle loro esigenze.
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