di Giuseppina D’Auria
gdauria2000@yahoo.it
La Pubblica
Amministrazione è
oggi chiamata a rispondere a criteri di efficacia, efficienza ed economicità nella gestione del bene
pubblico, ad erogare servizi con trasparenza e rapidità, a diventare elemento
decisivo nella crescita economica e sociale del territorio.
Una serie di interventi
normativi pongono l'attenzione sull'importanza della
formazione del personale interno come strumento per sollecitare, coadiuvare e favorire tali processi innovativi.
formazione del personale interno come strumento per sollecitare, coadiuvare e favorire tali processi innovativi.
Alcuni Enti di Formazione, ad
esempio IFOA[1], sostengono
il settore pubblico nel processo di modernizzazione attraverso un'ampia scelta
di prodotti formativi (corsi e seminari) e consulenziali
(servizi e infrastrutture), basati sulle esigenze e gli obiettivi che le
pubbliche
amministrazioni devono raggiungere. La formazione professionale sta assumendo sempre più un'importanza strategica nel mondo produttivo. Essa viene incontro, da una parte, ai fabbisogni formativi espressi dalle aziende; dall'altra alle esigenze dei giovani di acquisire competenze e dei lavoratori di mantenersi aggiornati ai continui cambiamenti del mercato.
amministrazioni devono raggiungere. La formazione professionale sta assumendo sempre più un'importanza strategica nel mondo produttivo. Essa viene incontro, da una parte, ai fabbisogni formativi espressi dalle aziende; dall'altra alle esigenze dei giovani di acquisire competenze e dei lavoratori di mantenersi aggiornati ai continui cambiamenti del mercato.
Il Fondo Sociale Europeo[2] cofinanzia corsi di formazione professionale
e azioni di orientamento organizzati da centri di formazione professionale
pubblici, da enti privati convenzionati e da imprese. I corsi vengono
organizzati a tutti i livelli: post-scuola dell'obbligo, post-diploma, post universitari
(compresi master). In base alla normativa nazionale sul decentramento la gestione
operativa in materia di formazione e politiche attive per l'occupazione è
passata di competenza alle regioni.
Il Fondo Sociale Europeo incentiva anche la formazione
continua intesa come adeguamento dei lavoratori, in particolare
quelli minacciati dalla disoccupazione, in cassa integrazione o in mobilità,
alle trasformazioni industriali e all'evoluzione dei sistemi produttivi.
Vengono dunque cofinanziate azioni di
formazione e riqualificazione professionale, attività di orientamento e di
consiglio, lo sviluppo di sistemi di formazione innovativi e aggiornamento o
riqualificazione dei formatori, tenendo particolare conto dei bisogni delle
piccole e medie imprese.
Oltre alle attività cofinanziate dal Fse esiste anche un sistema
nazionale di formazione continua regolato dalla legge 236/93. La
legge prevede che il Ministero del Lavoro, le Regioni e le Province Autonome
possano finanziare attività destinate a:
·
Operatori e formatori dipendenti degli Enti di
formazione (ex legge 40/87);
·
Lavoratori dipendenti da aziende beneficiarie
dell'interventi straordinario di integrazione salariale;
·
Lavoratori dipendenti da aziende che
contribuiscono in misura non inferiore al 20% del costo delle attività;
·
Lavoratori iscritti nelle liste di mobilità;
·
Soggetti privi di occupazione e iscritti alle
liste di disoccupazione che hanno partecipato ad attività socialmente utili.
Un'importante novità introdotta nel nostro sistema
(circolari 37/98, 139/98 e 51/99) riguarda la possibilità, in aggiunta ai
progetti presentati dalle imprese, di finanziare percorsi di formazione
individuale per singoli dipendenti. I corsi di formazione professionale sono un'opportunità che l'UE offre
gratuitamente in collaborazione con il Ministero del Lavoro e gli enti locali.
Da qualche anno l’Unione Europea tramite il Fondo Sociale Europeo (FSE) finanzia numerosi corsi di formazione professionali gratuiti. L’offerta, spesso attuata in collaborazione con il Ministero del Lavoro, le regioni o le province, si attua su più livelli andando ad accontentare una fascia sempre più ampia di giovani e di disoccupati; essa infatti va a rivolgersi a partire dai soli possessori di licenza di terza media fino ai laureati.
Da qualche anno l’Unione Europea tramite il Fondo Sociale Europeo (FSE) finanzia numerosi corsi di formazione professionali gratuiti. L’offerta, spesso attuata in collaborazione con il Ministero del Lavoro, le regioni o le province, si attua su più livelli andando ad accontentare una fascia sempre più ampia di giovani e di disoccupati; essa infatti va a rivolgersi a partire dai soli possessori di licenza di terza media fino ai laureati.
I requisiti per poter accedere al corso sono di solito
indicati nei bandi; una volta spedita la domanda di ammissione si attenderà la selezione
(di solito un test attitudinale scritto e un colloquio orale). La durata del
corso si misura in ore e bisogna in media non superare il 25% delle ore di
assenza per non essere esclusi. Dopo una formazione teorica in aula è di solito
previsto un periodo di stage in azienda per mettere in pratica quanto si è
imparato in precedenza. Al termine del corso sarà rilasciato un attestato di
frequenza oppure, nel caso di esami, un certificato di qualifica professionale.
Il Fondo Sociale Europeo fa parte dei Fondi strutturali ed
è uno degli strumenti di supporto finanziario messo a disposizione degli Stati
membri dall’Unione europea per realizzare programmi di formazione
professionale: è un’opportunità per accrescere e migliorare l’occupazione e per
adeguare le competenze dei lavoratori e delle lavoratrici alle trasformazioni
industriali. Ma non solo, perché il FSE prevede una componente essenziale della
politica sociale dell’Unione: si occupa infatti di formazione, nel senso più
ampio del termine con interventi rivolti a chi, donne e uomini, sono alla
ricerca di lavoro, a coloro che da lungo tempo sono disoccupati, ai lavoratori
in mobilità, ai cassaintegrati, agli immigrati e per tutti coloro che rischiano
l’esclusione sociale.
Il FSE è stato il primo fra i fondi strutturali a prendere
in considerazione la questione della parità di opportunità , ma altri Fondi
strutturali operano a livello comunitario con il FSE e contribuiscono a
realizzare le politiche di coesione, dialogo sociale e di sviluppo
delle risorse umane.
Tutte le azioni sostenute dai fondi possono quindi
contribuire, direttamente o indirettamente, alla promozione della parità. Il Fondo
sociale europeo[3] è uno dei quattro Fondi Strutturali
a cui nel periodo di programmazione 1994-1999 sono stati destinati
complessivamente 156 miliardi di ECU.
All’Italia spettano circa 18mila milioni di ECU. IL FSE è teso a sviluppare le risorse umane e a migliorare
il mercato del lavoro. All’Italia sono stati destinati 5.328 milioni di ECU. IL
FESR[4] è teso a ridurre le disparità infrastrutturali fra le regioni della Comunità.
All’Italia sono stati destinati 10.571 milioni di ECU. IL FEAOG[5] è teso a
favorire lo sviluppo e la diversificazione delle zone rurali dell’Unione.
All’Italia sono stati destinati 2.637 milioni di ECU. Lo SFOP[6] è teso
a promuovere la ristrutturazione di questo settore e a favorire l’occupazione.
All’Italia sono stati destinati 230 milioni di ECU.
L'Iniziativa Occupazione
fa parte del FSE e rivolge l’attenzione all’inserimento lavorativo di alcune
categorie considerate deboli: le donne (Iniziativa
Occupazione NOW[7]), i
giovani (Iniziativa Occupazione
YOUTHSTART[8]), gli svantaggiati
(Iniziativa Occupazione HORIZON[9]), gli esclusi (Iniziativa Occupazione INTEGRA[10]), mentre l’Iniziativa comunitaria ADAPT affronta
l’aspetto della qualificazione e riqualificazione delle risorse umane
dell’impresa.
Sono 18 milioni i cittadini europei alla ricerca di una
professione; si tratta di giovani ragazze e ragazzi con titolo di studio o
precocemente usciti dai percorsi scolastici istituzionali, ma anche di persone
con alle spalle esperienze lavorative più o meno lunghe e diversamente
qualificate, di uomini e di donne da lungo tempo disoccupate e di individui che
rischiano di perdere la certezza di un posto di lavoro. E nel processo di
ridefinizione del sistema di welfare l’Europa dichiara che il nuovo
stato sociale non potrà essere chiamato tale se non sarà in grado di offrire
lavoro. Se il binomio risorse umane e mercato del lavoro è il filo conduttore
del Fondo sociale europeo, l’elemento di novità portato dalla riforma dei Fondi
del 1993, è dato dall’inserimento delle politiche di pari opportunità in ogni
suo obiettivo e asse.
Il Regolamento
di applicazione del FSE riconosce il principio di trasversalità, vi si
legge infatti che gli Stati membri e la Commissione assicurano
che le azioni realizzate a titolo dei vari obiettivi rispettino il principio
della parità di trattamento per uomini e donne..." ma, mentre i verbi che
caratterizzano il FSE sono promuovere - formare -
qualificare - facilitare - favorire - inserire - riconvertire – rafforzare la
storia recente deve fare i conti con una cultura di disuguaglianze che fatica
ad essere superata.
Si può e si deve quindi analizzare il FSE come
strumento di promozione di una democrazia matura, che presuppone la differenza
di genere tra uomo e donna, partendo dalla penalizzazione che i soggetti
femminili hanno avuto e valorizza la diversità fra maschi e femmine per
crescere insieme e per realizzare un reale progresso comunitario. Donne e
uomini che vogliono lavorare meglio e lavorare tutti. Una particolare
attenzione è rivolta a due categorie: i disoccupati di lunga durata e i giovani
in cerca di prima occupazione.
Nel primo gruppo si ritrovano persone prive di
un’occupazione da almeno 12 mesi e che comunque rischiano di essere disoccupate
per un lungo periodo. Si tratta, ad esempio, di donne e uomini che hanno perso
il lavoro, sono privi di un titolo di studio o sono in possesso di un titolo
debole. Ci sono diplomi o qualifiche oggettivamente poco spendibili sia
in rapporto all’attuale mercato del lavoro, sia nei confronti delle
trasformazioni in atto. Come dimostrano le statistiche a livello europeo e
nazionale, questi percorsi formativi coinvolgono soprattutto l’universo
femminile e accrescono la marginalità ai fini professionali. Vi sono anche i cassaintegrati o gli iscritti alle liste
di mobilità.
L’attenzione particolare che viene rivolta alle donne per
questa prima fascia di destinatari è dettata da dati oggettivi. Ricerche
condotte dall’ISFOL[11]
dimostrano infatti che nel biennio ‘94-’95 fra le persone che hanno seguito i
corsi finanziati dal FSE[12] il
44% circa era donna. E si è trattato in larga maggioranza, 62,7% di disoccupate
di lunga durata.
Quando si parla invece dell’universo giovani, si pensa a
ragazze e ragazzi prossimi ad uscire dalla scuola dell’obbligo o che l’hanno
abbandonata, agli apprendisti assunti con contratti di formazione lavoro, agli
studenti di istituti tecnici, di scuole professionali, di istituti superiori e
universitari, di qualificati, di diplomati o di neolaureati e anche di giovani
che vogliono seguire una specializzazione post laurea. Il curriculum
scolastico, come è stato ricordato, non annulla le discriminazioni fra donne e uomini,
ma è sicuramente una opportunità da non sottovalutare.
Tra i destinatari degli interventi del FSE non sono
neppure dimenticate le persone che, pur mantenendo un posto di lavoro,
rischiano però di esserne escluse. Si parla infatti esplicitamente di occupati
che svolgono una professione, ma sono prossimi a perderla o vogliono
migliorarla. Anche questo è un segmento della popolazione interessante ai fini
della parità di trattamento tra uomini e donne. I dati storici dimostrano che
tra le occupate c’è una minore propensione all’aggiornamento e alla
riqualificazione. Questo dato interessa poco le giovani, ma coinvolge le donne
mature, con titoli di studio deboli che per ragioni culturali, sociali e
familiari sono meno propense ad investire in campo professionale.
Il binomio esclusione sociale ed esclusione dal mercato
del lavoro in alcuni casi diventa un tutt’uno, perché accanto agli adulti
disoccupati il FSE si interessa anche di immigrati, di nomadi, di migranti, di
portatori di handicap, di tossicodipendenti, di detenuti o di ex carcerati.
Ma non è un Fondo destinato solo a soggetti
"deboli" o potenziali tali, perché sono inseriti anche coloro che
avvertono la necessità o l’urgenza di adeguarsi alle trasformazioni industriali
e all’evoluzione del sistema di produzione, come gli occupati che scelgono di
qualificare meglio la loro professione, così da rafforzare la condizione
lavorativa o da aprirsi nuovi orizzonti occupazionali. I soggetti ai quali si
rivolge il FSE non rientrano solo nella categoria dei lavoratori dipendenti, ma
anche degli autonomi e dei professionisti.
E’ emersa in modo prepotente una tipologia di donne che
occupa uno spazio particolare fra l’utenza del FSE: sono le imprenditrici o le
aspiranti tali che danno corpo a quel fenomeno tipicamente italiano legato alla
creazione di microimprese e/o imprese artigiane.
Ma il FSE sarebbe ancora insufficiente se non tentasse
anche di rafforzare il potenziale umano in materia di ricerca scientifica e
tecnologica e se dimenticasse di formare i formatori, i funzionari per
l’attuazione delle politiche di sviluppo e di adeguamento strutturale.
Come è stato ricordato dentro queste categorie uguale
attenzione è rivolta agli uomini e alle donne, anche se non mancano riferimenti
specifici alle politiche di pari
opportunità a favore dell’universo femminile. Ci sono infatti settori in
cui l’occupazione femminile è sottorappresentata, ed è infatti a queste
aspiranti che il FSE si rivolge, così come alle donne che hanno conseguito un
diploma difficilmente spendibile nell’attuale mercato del lavoro, o a coloro
che dopo una lunga assenza, dovuta per esempio alla maternità o alla cura di
anziani, desiderano tornare ad avere una professione retribuita.
Per il loro reingresso nel mondo del lavoro il FSE
individua percorsi di reinserimento che hanno un duplice obiettivo: un’analisi
personale e una socio-economica. Serve valutare le risorse, le preferenze e i
condizionamenti personali, così come bisogna verificare le possibilità e i
limiti del mercato del lavoro. Questa categoria di donne necessita di un
approccio metodologico e di un’attenzione particolare. Serve, per esempio,
un’organizzazione flessibile in campo formativo come pure la definizione di
percorsi complessi di accompagnamento.
[1] Notizie informative sul
Sito web dell’ente di formazione IFOA, in www.ifoa.it.
[2] Fondo Sociale Europeo, in www.welfare.it.
[3] Fondo Sociale Europeo, in www.palazzochigi.it/cmparita/guide/fse/GLOSSARY.htm#etichettaECU
[8] Iniziativa Occupazione YOUTHSTART, in www.palazzochigi.it/cmparita/guide/fse/GLOSSARY.htm#etichettaYOUTHSTART
[9] Iniziativa Occupazione HORIZON, in www.palazzochigi.it/cmparita/guide/fse/GLOSSARY.htm#etichettaHORIZON
[10] Iniziativa Occupazione INTEGRA, in www.palazzochigi.it/cmparita/guide/fse/GLOSSARY.htm#etichettaINTEGRA
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