L'esperienza che l'individuo ha
della società si configura concretamente come l'insieme dei rapporti
intrattenuti con le persone che lo circondano. Si
tratta di un insieme di azioni e reazioni
(da qui il termine interazione),mediante le quali
gli esseri umani entrano tra loro in relazione, comunicano, si giudicano, collaborano
ecc.
Di queste interazioni, alcune si presentano come eventi eccezionali,
altre, e sono la maggioranza, costituiscono azioni di routine, che si ripetono
cioè nella vita di tutti i giorni. L'analisi di queste ultime costituisce
l'ambito privilegiato delle microsociologie, secondo cui è possibile cogliere le
radici più profonde dei fenomeni sociali solo nell'analisi del rapporto diretto
(face to face) tra i soggetti.
Viviamo in un mondo sociale che presenta codici,
regole, ma anche una determinata struttura spazio-temporale. Esistono, per
esempio, luoghi dove occorre tenere un comportamento non necessario altrove,
luoghi ai quali si può accedere o no. Allo stesso modo esistono giorni
considerati "normali" e altri sacri, momenti in cui mangiare, altri per
riposarsi e lavorare, altri ancora in cui far festa e così via. La vita
individuale si trova inserita all'interno di un determinato ordine sociale sin
dalla prima infanzia, in modo talmente coinvolgente e inconsapevole che tale
ordine è percepito come se facesse parte della stessa natura delle cose.
Ma da dove nasce questo sistema strutturale? In altre parole: esiste un
"punto zero" dell'agire umano da cui partire per indagare la complessità dei
fenomeni sociali?
Il sociologo tedesco Alfred Schütz introdusse per
primo l'espressione "vita quotidiana" per indicare l'insieme di azioni,
rapporti, conoscenze e credenze familiari all'interno dei quali si svolge la
quotidianità dell'esistenza. Si tratta di un insieme di microrelazioni,
normalmente date per scontate perché ritenute ininfluenti. Azioni come il
chiacchierare con la propria madre, l'acquistare pane e latte, il recarsi in
ufficio o il salutare la portinaia, sono spesso ritenute "normali" e pertanto
non degne di nota, diversamente dalle azioni straordinarie (come sarebbero
l'incontro con un divo dello spettacolo o l'elezione a una carica pubblica), che
si considerano invece importanti.
L'assunto delle microsociologie (indipendentemente
dalla diversità di metodi e di impostazioni teoriche) è che, contrariamente al
pensare comune, proprio questi rapporti familiari costituiscano l'elemento
fondamentale dell'esperienza sociale. Se, infatti, il comportamento dei soggetti
è comprensibile solo sullo sfondo delle specifiche istituzioni e dell'ordine
istituzionale nel suo insieme, a cui tale comportamento fa riferimento, esso va
altresì inquadrato entro la reciprocità del rapporto. Infatti, sia le
istituzioni, sia l'ordine istituzionale sono a loro volta percepiti come reali
in tanto in quanto essi sono rappresentati da individui e situazioni esperite
nella vita quotidiana.
In sintesi
Le interazioni sociali latenti nella vita quotidiana | Attraverso l'analisi dei rapporti che gli individui hanno nella quotidianità è possibile rintracciare gli elementi fondamentali della vita sociale. È nella quotidianità che la ripetizione dei gesti crea strutture stabili di comportamento. Queste ultime sono spesso tacitamente sottese all'interazione umana, ma comunque sempre presenti. Gli studi promossi dall'etnometodologia di Garfinkel mostrano le difficoltà che vengono a crearsi qualora le regole di relazione siano ignorate. |
Tipizzazioni e parti | Nell'incontro diretto con l'altro, gli individui fanno uso di tipizzazioni mutuate dal proprio contesto sociale, per prevedere le reazioni altrui. La dimensione anonima delle tipizzazioni è inversamente proporzionale alla durata dello scambio diretto (tanto maggiori sono il tempo e l'intensità del rapporto face to face, tanto minore sarà l'importanza della tipizzazione). Secondo Goffman, nel momento in cui si relazionano con gli altri i soggetti umani tendono a recitare una parte al fine di sollecitare una particolare impressione nell'interlocutore. La relazione umana viene analizzata pertanto secondo un modello drammaturgico tendente a distinguere: parti, stacchi, scene ecc. |
Universi culturali e decodificazione | L'interrelazione umana è caratterizzata dalla presenza di un complesso sistema simbolico. Gli individui, infatti, come rilevato da G.H. Mead, non si limitano a reagire agli stimoli, ma ne interpretano il significato; i gesti umani sono pertanto "gesti significativi". Ora, il significato a cui essi rimandano viene appreso sin dalla prima infanzia mediante i processi di socializzazione; tramite questi, la società trasmette al singolo i significati propri della collettività di appartenenza e viene così a creare le condizioni per la comunicazione tra individui diversi. |
I simboli e le loro funzioni | I simboli sono realtà (verbali, materiali, gestuali ecc.) che rimandano a un significato altro da sé. La loro presenza nelle società umane non solo consente la comunicazione tra i soggetti, ma ne rafforza il senso di partecipazione a una medesima collettività. Così esistono simboli che rinforzano il senso di solidarietà (la bandiera, lo stemma ecc.); altri ribadiscono la scala gerarchica e conseguentemente gli status degli individui (possesso di particolari marche di macchine, frequentazione di club esclusivi ecc.); altri formano la "memoria collettiva" di un determinato raggruppamento sociale (eroi, luoghi particolari, avvenimenti ecc.); altri ancora rafforzano i legami di appartenenza mediante il riferimento a un credo comune (è il caso del simbolismo religioso). |
La comunicazione e i suoi elementi | Perché si verifichi un processo di comunicazione è necessario che siano presenti: emittente, ricevente, messaggio, codice, canale. Accanto a questi elementi vanno considerati: il contesto (l'ambito fisico o sociale al cui interno si svolge la comunicazione), il disturbo (rumori fisici o metaforici che disturbano la corretta ricezione del messaggio), il feedback (la reazione dell'interlocutore e l'influenza che essa esercita sull'emittente). |
La comunicazione non verbale | La comunicazione può essere di tipo non verbale o di tipo verbale. La prima presenta dei fattori elementari comuni in tutti gli esseri umani (per esempio, la presenza del riso o del pianto per indicare gioia o dolore), ma utilizza gesti ed espressioni secondo codici differenti: lo stesso gesto (per esempio, dondolare lateralmente il capo) può avere significati differenti (indica assenso o dissenso a seconda delle culture). |
Il linguaggio verbale | Il linguaggio verbale è la forma comunicativa privilegiata nelle interazioni umane; consente il riferimento a significati distanti nello spazio e nel tempo e a significati astratti. Data la sua capacità di veicolare all'individuo i significati comuni di un determinato contesto sociale, esso viene ritenuto da diversi sociologi l'istituzione per eccellenza. Come ogni altra istituzione, il linguaggio possiede infatti il carattere dell'estrinsecità (una volta che qualcosa viene espresso verbalmente diviene come esterno al soggetto), l'obiettività (la parola ha il potere di reificare pensieri e sensazioni), il potere coercitivo (regole ben definite a cui è necessario adeguarsi;senso di vergogna e derisione in chi non lo padroneggia), la storicità (variazione dei termini e dei significati sulla base della storia della società). |
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