Il conflitto nasce dalla tendenza di due o più soggetti in relazione tra loro a soddisfare i
propri bisogni partendo da una posizione di totale soggettività. La posizione soggettiva
vuol dire che la persona e perfettamente in contatto con se stessa, è in contatto senza
paura con gli altri ed è in contatto con l'ambiente. Si hanno quindi tre livelli di
percezione conflittuale: percezione di sé, percezione di sé in rapporto con gli altri e
percezione di sé in rapporto con gli altri nell'ambiente.
La teoria dei bisogni di Maslow dice che la deprivazione di uno specifico bisogno
impedisce alle persone di poter evolvere verso il processo di autorealizzazione. Il
mantenersi in contatto con i propri bisogni è quindi un elemento fondamentale di
crescita personale e quindi di miglioramento
della relazione fra sé e gli altri.
Inoltre comprendere quali bisogni sono stati lesi o minacciati in una persona che vive
una situazione di conflitto rispetto a un'altra è fondamentale per poter giungere a una
soluzione costruttiva, che realizzi certi obiettivi comuni a tutti.
E’ bene quindi, se c'è un conflitto nel gruppo, che emerga. La gestione di un conflitto
presuppone il coinvolgimento delle persone in conflitto. Ad esempio, prendiamo il
conflitto tra due dirigenti perché uno ha più personale dell'altro. In questo conflitto è
bene che intervenga il loro superiore, coinvolgendo le parti interessate, per prendere
insieme la decisione più giusta.
La decisione presa sarà dunque una decisione condivisa anche dai due dirigenti in
conflitto. L’accordo cui si giunge deve dare ad entrambi la sensazione di aver fatto un
buon accordo o un buon affare (soluzione “vinci-vinci”). L’accordo quindi è buono se
lascia entrambe le parti soddisfatte. Tutto questo è alla base dell’efficienza,
dell’efficacia e della economicità dell’organizzazione. Può accadere che siano tante le
persone a lamentarsi e in tal caso il dirigente rischia di uscire confuso perché il conflitto
da gestire è più complesso. In questi casi è opportuno riunire le persone e sentirle in
gruppo.
Per fare in modo che la riunione sia produttiva è necessario aprire il gruppo
menzionando il problema e dettare le regole. Chi parla si autoregola rispetto al tempo
che si dà, (tenendo presente che anche gli altri hanno il diritto di parlare), mentre chi
ascolta non interrompe e aspetta il suo turno per parlare.
Il ruolo del dirigente è quello di facilitatore empatico. In tal modo una situazione di
conflitto si può trasformare in una situazione di confronto attraverso la "facilitazione"
quale mezzo di comunicazione efficace.
Modi di risolvere un conflitto
Sono quattro i modi più ricorrenti di risolvere un conflitto. Innanzitutto, la
metacomunicazione, che consiste nel mettersi fuori dalla situazione e rendersi conto di
come si sta comunicando. Si tratta quindi, di spostare l’attenzione, dall’argomento del
conflitto al modo in cui le persone stanno interagendo. Vi è poi la ristrutturazione che
ristruttura la relazione sulla base del risultato della metacomunicazione. Il disarmo
unilaterale consiste nel cedere, andarsene, dopo di che l’altro cede improvvisamente
anche lui. Alcune persone hanno bisogno del conflitto per sopravvivere; se l’altro
improvvisamente riconosce loro la superiorità e se ne va, le lasciano sole e quindi
finiscono col cedere anche loro. L’ultimo modo consiste nel rivolgersi a un terzo. E’ una
terza persona che interviene a risolvere il conflitto.
La soluzione di un conflitto generalmente è una delle funzioni del Leader.
Vi sono tre tipi di Leader all’interno di un gruppo. Un Leader gerarchico con leadership
gerarchica, il quale viene consegnato al gruppo dall’istituzione; un Leader affettivo che,
presiede le dinamiche del gruppo e cioè la parte emotiva del gruppo. Ha la funzione di
coagulare il gruppo. Infine, un Leader tecnico competente in campo tecnico.
La mediazione nei luoghi di lavoro
All’interno delle équipe di lavoro le tensioni latenti o i contrasti aperti, spesso, non
soltanto incidono negativamente sulla produttività dell’ente, ma giungono a
condizionare pesantemente la serenità delle persone coinvolte, anche di coloro che non
sono gli attori principali della vicenda conflittuale.
La sfera lavorativa costituisce una quota importante della vita quotidiana, e l’atmosfera
che vi regna può essere un elemento capace di influenzare aspetti diversi dell’esistenza
di ciascuno: dallo stato d’animo con il quale ogni giorno “ci si presenta al lavoro”, al
rapporto con se stessi e con gli altri, inclusi familiari e coniugi.
Una comunicazione strategica è caratterizzata dal suo essere sempre orientata in
direzione di un obiettivo da raggiungere. Il “persuasore” si propone di guidare l’altro ad
assumere una particolare posizione che lo porterà a modificare la propria percezione
rispetto a una data realtà. Per farlo, egli si preoccupa di strutturare la forma della propria
comunicazione in modo tale da facilitare questo processo, piuttosto che andare alla
ricerca di una condivisione di contenuti.
I Conflitti interpersonali sul lavoro
Nelle strutture organizzate come l’ambiente di lavoro esistono dei sistemi di regole più o
meno formali che permettono alle persone che condividono ogni giorno quel luogo di
lavoro di agire secondo un obiettivo comune.
Quando qualcuno infrange una o più di queste regole aumenta la probabilità che nascano
dei conflitti all’interno dell’ambiente lavorativo, ovvero il disequilibrio delle relazioni
fra colleghi o fra colleghi e superiori e così via.
Sono molti i fattori che determinano il sorgere dei conflitti. Dalle caratteristiche dei
gruppi alle regole di interazione, passando per le differenze interpersonali, il modo in
cui trattiamo gli altri e la percezione della situazione.
Per quanto riguarda le caratteristiche dei gruppi, la situazione tipica è il formarsi dei
cosiddetti “gruppetti” che tendono inevitabilmente a dividere le persone e spesso a far
nascere dicerie e voci di corridoio con conseguenze facilmente immaginabili. Le regole
di interazione sono molto importanti perché la loro infrazione determina quasi sempre
lo scontro fra parti diverse e in particolar modo verso chi ha infranto quelle regole.
Lo stessa rilevanza viene assunta dalle differenze interpersonali. Le persone sono
diverse e non necessariamente ognuno ha il dovere di andare d’accordo con tutti.
L’importante è riuscire a gestire le differenze. I conflitti si generano quando le persone
non sono in grado di gestire diversità di pensiero, di genere, d’età o quando qualcuno ha
il bisogno di prevalere sugli altri, qualsiasi siano le conseguenze di un tale
atteggiamento. I pregiudizi o i forti stereotipi sulle persone portano al formarsi di idee
preconcette che compromettono le relazioni fra i collaboratori e la nostra interpretazione
degli eventi influisce sui nostri comportamenti e sul modo in cui ci rapportiamo agli
altri.
In un prospettiva di risoluzione dei conflitti è necessario ricordare che è bene prima di
tutto operare una attenta analisi del conflitto, in secondo luogo conviene analizzare i
costi e i benefici della eventuale risoluzione e in ultimo chiedersi se è più facile chiedere
una modifica del comportamento altrui o adattare il nostro alla situazione.
Una metodologia molto utile è la simulazione. Cioè si produce o si riproduce una
situazione che potrebbe accadere. Non meno importante è il Role-play all'interno di una
simulazione che rappresenta un conflitto sociale.
Tra le indicazioni principali per il Role-play è bene ricordare, innanzitutto, che non c'è
ruolo “giusto” o “sbagliato” e non ci sono ruoli/atteggiamenti “ridicoli”. Lo strumento
ha un valore in sé (non è però il fine dell'esercizio). Ogni ruolo è importante ed è
importante per gli spettatori/osservatori annotarsi ed osservare la strategia del
protagonista così come “calarsi” nella parte cercando di vivere il ruolo in prima persona
ed evitando di interpretare stereotipi (es. il dirigente becero, il funzionario tuttofare, il
dipendente giornalaio).
Si suddividono i partecipanti in sottogruppi da 5, scegliendo all’interno del sottogruppo
una situazione conflittuale per poterla rappresentare. Per sceglierla correttamente,
occorre che vi sia un protagonista centrale e che tutti i componenti del gruppo abbiano
una parte. E’ necessario preparare e provare la scena, e rispettare i tempi.
In seguito si avvia una discussione, che analizzi il tipo di conflitto, la modalità di
risposta data, e la modalità di risposta che si potrebbe dare. Infine, si passa alla
valutazione finale, partendo da qualsiasi spunto ognuno esprime, il proprio stato
d’animo, le proprie riflessioni, i suggerimenti e le valutazioni.
propri bisogni partendo da una posizione di totale soggettività. La posizione soggettiva
vuol dire che la persona e perfettamente in contatto con se stessa, è in contatto senza
paura con gli altri ed è in contatto con l'ambiente. Si hanno quindi tre livelli di
percezione conflittuale: percezione di sé, percezione di sé in rapporto con gli altri e
percezione di sé in rapporto con gli altri nell'ambiente.
La teoria dei bisogni di Maslow dice che la deprivazione di uno specifico bisogno
impedisce alle persone di poter evolvere verso il processo di autorealizzazione. Il
mantenersi in contatto con i propri bisogni è quindi un elemento fondamentale di
crescita personale e quindi di miglioramento
della relazione fra sé e gli altri.
Inoltre comprendere quali bisogni sono stati lesi o minacciati in una persona che vive
una situazione di conflitto rispetto a un'altra è fondamentale per poter giungere a una
soluzione costruttiva, che realizzi certi obiettivi comuni a tutti.
E’ bene quindi, se c'è un conflitto nel gruppo, che emerga. La gestione di un conflitto
presuppone il coinvolgimento delle persone in conflitto. Ad esempio, prendiamo il
conflitto tra due dirigenti perché uno ha più personale dell'altro. In questo conflitto è
bene che intervenga il loro superiore, coinvolgendo le parti interessate, per prendere
insieme la decisione più giusta.
La decisione presa sarà dunque una decisione condivisa anche dai due dirigenti in
conflitto. L’accordo cui si giunge deve dare ad entrambi la sensazione di aver fatto un
buon accordo o un buon affare (soluzione “vinci-vinci”). L’accordo quindi è buono se
lascia entrambe le parti soddisfatte. Tutto questo è alla base dell’efficienza,
dell’efficacia e della economicità dell’organizzazione. Può accadere che siano tante le
persone a lamentarsi e in tal caso il dirigente rischia di uscire confuso perché il conflitto
da gestire è più complesso. In questi casi è opportuno riunire le persone e sentirle in
gruppo.
Per fare in modo che la riunione sia produttiva è necessario aprire il gruppo
menzionando il problema e dettare le regole. Chi parla si autoregola rispetto al tempo
che si dà, (tenendo presente che anche gli altri hanno il diritto di parlare), mentre chi
ascolta non interrompe e aspetta il suo turno per parlare.
Il ruolo del dirigente è quello di facilitatore empatico. In tal modo una situazione di
conflitto si può trasformare in una situazione di confronto attraverso la "facilitazione"
quale mezzo di comunicazione efficace.
Modi di risolvere un conflitto
Sono quattro i modi più ricorrenti di risolvere un conflitto. Innanzitutto, la
metacomunicazione, che consiste nel mettersi fuori dalla situazione e rendersi conto di
come si sta comunicando. Si tratta quindi, di spostare l’attenzione, dall’argomento del
conflitto al modo in cui le persone stanno interagendo. Vi è poi la ristrutturazione che
ristruttura la relazione sulla base del risultato della metacomunicazione. Il disarmo
unilaterale consiste nel cedere, andarsene, dopo di che l’altro cede improvvisamente
anche lui. Alcune persone hanno bisogno del conflitto per sopravvivere; se l’altro
improvvisamente riconosce loro la superiorità e se ne va, le lasciano sole e quindi
finiscono col cedere anche loro. L’ultimo modo consiste nel rivolgersi a un terzo. E’ una
terza persona che interviene a risolvere il conflitto.
La soluzione di un conflitto generalmente è una delle funzioni del Leader.
Vi sono tre tipi di Leader all’interno di un gruppo. Un Leader gerarchico con leadership
gerarchica, il quale viene consegnato al gruppo dall’istituzione; un Leader affettivo che,
presiede le dinamiche del gruppo e cioè la parte emotiva del gruppo. Ha la funzione di
coagulare il gruppo. Infine, un Leader tecnico competente in campo tecnico.
La mediazione nei luoghi di lavoro
All’interno delle équipe di lavoro le tensioni latenti o i contrasti aperti, spesso, non
soltanto incidono negativamente sulla produttività dell’ente, ma giungono a
condizionare pesantemente la serenità delle persone coinvolte, anche di coloro che non
sono gli attori principali della vicenda conflittuale.
La sfera lavorativa costituisce una quota importante della vita quotidiana, e l’atmosfera
che vi regna può essere un elemento capace di influenzare aspetti diversi dell’esistenza
di ciascuno: dallo stato d’animo con il quale ogni giorno “ci si presenta al lavoro”, al
rapporto con se stessi e con gli altri, inclusi familiari e coniugi.
Una comunicazione strategica è caratterizzata dal suo essere sempre orientata in
direzione di un obiettivo da raggiungere. Il “persuasore” si propone di guidare l’altro ad
assumere una particolare posizione che lo porterà a modificare la propria percezione
rispetto a una data realtà. Per farlo, egli si preoccupa di strutturare la forma della propria
comunicazione in modo tale da facilitare questo processo, piuttosto che andare alla
ricerca di una condivisione di contenuti.
I Conflitti interpersonali sul lavoro
Nelle strutture organizzate come l’ambiente di lavoro esistono dei sistemi di regole più o
meno formali che permettono alle persone che condividono ogni giorno quel luogo di
lavoro di agire secondo un obiettivo comune.
Quando qualcuno infrange una o più di queste regole aumenta la probabilità che nascano
dei conflitti all’interno dell’ambiente lavorativo, ovvero il disequilibrio delle relazioni
fra colleghi o fra colleghi e superiori e così via.
Sono molti i fattori che determinano il sorgere dei conflitti. Dalle caratteristiche dei
gruppi alle regole di interazione, passando per le differenze interpersonali, il modo in
cui trattiamo gli altri e la percezione della situazione.
Per quanto riguarda le caratteristiche dei gruppi, la situazione tipica è il formarsi dei
cosiddetti “gruppetti” che tendono inevitabilmente a dividere le persone e spesso a far
nascere dicerie e voci di corridoio con conseguenze facilmente immaginabili. Le regole
di interazione sono molto importanti perché la loro infrazione determina quasi sempre
lo scontro fra parti diverse e in particolar modo verso chi ha infranto quelle regole.
Lo stessa rilevanza viene assunta dalle differenze interpersonali. Le persone sono
diverse e non necessariamente ognuno ha il dovere di andare d’accordo con tutti.
L’importante è riuscire a gestire le differenze. I conflitti si generano quando le persone
non sono in grado di gestire diversità di pensiero, di genere, d’età o quando qualcuno ha
il bisogno di prevalere sugli altri, qualsiasi siano le conseguenze di un tale
atteggiamento. I pregiudizi o i forti stereotipi sulle persone portano al formarsi di idee
preconcette che compromettono le relazioni fra i collaboratori e la nostra interpretazione
degli eventi influisce sui nostri comportamenti e sul modo in cui ci rapportiamo agli
altri.
In un prospettiva di risoluzione dei conflitti è necessario ricordare che è bene prima di
tutto operare una attenta analisi del conflitto, in secondo luogo conviene analizzare i
costi e i benefici della eventuale risoluzione e in ultimo chiedersi se è più facile chiedere
una modifica del comportamento altrui o adattare il nostro alla situazione.
Una metodologia molto utile è la simulazione. Cioè si produce o si riproduce una
situazione che potrebbe accadere. Non meno importante è il Role-play all'interno di una
simulazione che rappresenta un conflitto sociale.
Tra le indicazioni principali per il Role-play è bene ricordare, innanzitutto, che non c'è
ruolo “giusto” o “sbagliato” e non ci sono ruoli/atteggiamenti “ridicoli”. Lo strumento
ha un valore in sé (non è però il fine dell'esercizio). Ogni ruolo è importante ed è
importante per gli spettatori/osservatori annotarsi ed osservare la strategia del
protagonista così come “calarsi” nella parte cercando di vivere il ruolo in prima persona
ed evitando di interpretare stereotipi (es. il dirigente becero, il funzionario tuttofare, il
dipendente giornalaio).
Si suddividono i partecipanti in sottogruppi da 5, scegliendo all’interno del sottogruppo
una situazione conflittuale per poterla rappresentare. Per sceglierla correttamente,
occorre che vi sia un protagonista centrale e che tutti i componenti del gruppo abbiano
una parte. E’ necessario preparare e provare la scena, e rispettare i tempi.
In seguito si avvia una discussione, che analizzi il tipo di conflitto, la modalità di
risposta data, e la modalità di risposta che si potrebbe dare. Infine, si passa alla
valutazione finale, partendo da qualsiasi spunto ognuno esprime, il proprio stato
d’animo, le proprie riflessioni, i suggerimenti e le valutazioni.
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